
Dopo Fabio Regazzi, Bruno Storni e Werner Nussbaumer, Alex Farinelli, Simone Conti, Evelyne Battaglia-Richi, Greta Gysin, Massimiliano Ay e Amalia Mirante, il decimo candidato a passare dalle interviste pre-elettorali di Ticinonews è Marco Chiesa, candidato al Consiglio degli Stati per l’UDC. Classe 1974, economista, presidente UDC, dal 2015 al 2019 è stato Consigliere nazionale e dal 2019 è Consigliere agli Stati.
Come mai ha deciso di candidarsi soltanto per il Consiglio degli Stati? Lei rischia molto…
“Non mi sembrava coerente come scelta. Candidarsi per il posto e ruolo all'interno degli Stati è rappresentare una parte di Canton Ticino. È quello che mi è successo nel 2019. Ho sempre pensato che devi avere fiducia in te stesso se domandi anche quella dell'elettore. Come sarebbe stata vista una doppia candidatura? Una sorta di paracadute? Penso che ci siano delle cose importanti nella vita e quello di andare con determinazione verso un obbiettivo sia fondamentale”.
Vive con l'incubo di non farcela o prevale una certa serenità che sta esprimendo a parole?
“Non vivo con l'incubo e cerco di non farmi aggredire dall'ansia. Ho avuto la fortuna di partire da Villa Luganese, quando ancora non c'era ancora il consiglio comunale, ma l'assemblea. Poi ho fatto tutti gli scalini fino alla presidenza di un partito nazionale. Diciamo che ho le spalle larghe, ho dovuto averle”.
In Gran consiglio si è discusso della sua fiduciaria che per 14 mesi non ha avuto in organico un fiduciario iscritto all'albo. L'autorità di vigilanza parla di buona fede, ma le chiedo cosa si sente di dire agli elettori di fronte a questa storia?
“L'ultimo giorno dell'ultima sessione il Tages-Anzeiger ha dedicato tutta una pagina su questa piccola attività che fa solo contabilità. Credo che sia importante per un politico rimanere attaccato al territorio e abbiamo deciso di produrre qualcosa, per questo abbiamo creato questa entità. Mi ricorderò di quei giorni quando sono rientrato a casa e mio figlio viene da me e mi chiede: "Ma cos'hai combinato?" Gli ho chiesto se pensasse che avessi combinato qualcosa e siamo scoppiati a ridere. Quindi avevo almeno la fiducia di mio figlio e per me ha un valore importante”.
Lei non ha niente da rimproverarsi?
“In questo senso no. Mi sono recato dall'autorità di vigilanza perché avevamo cambiato strategia, volevamo fare qualche cosa di più e poter assoggettarci alla legge sui fiduciari. In precedenza, quando è uscita la fiduciaria autorizzata, è entrato come socio gerente e a firma individuale un avvocato. Se lei legge la LFid, sa che gli avvocati non sono assoggettati. Ci sono mille interpretazioni, io non voglio andare in tribunale per capire chi ha ragione. Sapevamo già di percorrere un'altra strada e abbiamo iscritto un'altra persona con cui collaboriamo. Verosimilmente in prospettiva ci sarà una collaborazione ancora più stretta. Ma arrivare fino al Tages-Anzeiger che ti dedica una pagina con delle cose incredibili…Sono molto contento che almeno politicamente questa cosa possiamo metterci una pietra sopra. Amministrativamente per me non è mai stato un tema”.
Se guardiamo al numero di guerre in corso nel mondo, arriviamo a circa 59 conflitti. Con quanto sta accadendo in Medio Oriente, c'è qualcuno che dice che siamo alle soglie della terza guerra mondiale. Altri dicono che ci siamo già dentro. Qual è la sua visione e quali sono le sue preoccupazioni di fronte a questo quadro?
“In questo quadro manca ancora un conflitto potenzialmente pericoloso, sto parlando della Cina con Taiwan. Nel corso di questi mesi si stanno creano dei blocchi: l'UE con gli USA, dall'altra parte i paesi del Brics (Cina, Russia, Sud Africa, India, Brasile). La Cina e l'India messi assieme sono 2,8 miliardi di persone. Potenzialmente ci sono dei conflitti che possono essere devastanti, molti paesi hanno anche delle armi atomiche. Penso che la Svizzera possa unicamente giocare un ruolo laddove c'è qualcuno pronto all’ascolto. Noi prendendo parte ad un conflitto perdiamo la possibilità di essere parte di una soluzione. Con questo mi riferisco soprattutto al conflitto più vicino a noi, quello tra Russia e Ucraina. Sono stato 10 mesi fa in Israele, ho sentito la precarietà, sono stato vicino alla striscia di Gaza, sulle alture del Gohlan, e la situazione poteva deflagrare in qualsiasi momento. Che Hamas abbia attaccato in una maniera così violenta e anche un po' vigliacca, nessuno se lo aspettava. Ma non più tardi del 2022 c'era una proposta da parte dell'UDC di dichiarare Hamas come un’organizzazione terroristica. Non vorrei mai che ci fossero dei fondi svizzeri che vanno a sostenere determinati tipi di realtà, che possiamo oggi qualificare come terrorista. Purtroppo, non l'abbiamo fatto un anno fa perché solamente l'UDC aveva votato questa mozione”.
La porterei sulle preoccupazioni maggiori degli svizzeri. Un sondaggio condotto dal quotidiano romando Le Temps ha messo al primo posto i premi di cassa malati, al secondo l'immigrazione e al terzo il cambiamento climatico. Qual è la sua classifica?
“Potenzialmente esplosiva è l'immigrazione, che ha anche dei riverberi sull'assicurazione malattia. 80mila persone che tutti gli anni arrivano nel nostro paese hanno necessità di energia, di strade, di servizi sanitari, di appartamenti. Sul tema delle casse malati trovo che sia fondamentale per poter agire. Nel 2019 avevo chiesto al Consiglio federale il motivo per il quale si andasse a penalizzare il Canton Ticino. La risposta da parte del Consiglio federale era chiara: ‘Non siete penalizzati, avete una struttura demografica e avete anche un eccesso di offerta nel vostro Cantone’. Per quello che riguarda la demografia, non possiamo agire. Abbiamo una quota parte di persone anziane più alta di altri Cantoni e questo lo dobbiamo tenere in considerazione. Penso sia importante avere un'offerta di qualità. Ma il 20% dell'offerta sanitaria che viene erogata alla popolazione è o di troppo, inutile o addirittura contro producente. Lì bisogna assolutamente andare a toccare la sanità”.
La deputata Natalie Rickli ha proposto l'abolizione dell'obbligatorietà dell'assicurazione malattia di base. È d'accordo?
“No, non mi piace la sua proposta e gliel'ho anche detto di persona. Questo perché la cassa malati prevede un sistema solidale fra i sani e gli ammalati. Noi oggi stiamo pagando dei premi che oggettivamente vanno a favore delle prestazioni di coloro che hanno necessità. Io questo sistema lo manterrei. Si può discutere sul catalogo delle prestazioni piuttosto che l'ampiezza dell'offerta. Lo ribadisco: secondo l'ufficio di Berset, il 20% delle prestazioni che sono inutili o contro producenti sono miliardi di franchi”.