
Dopo Fabio Regazzi, Bruno Storni e Werner Nussbaumer, il quarto candidato al Consiglio degli Stati a passare dalle interviste pre-elettorali di Ticinonews è Alex Farinelli del PLR.
In questa tornata elettorale la sensazione è che lei venga percepito un po' come il candidato del centro sinistra per alcune posizioni come sul tema ambientale e i diritti civili, si riconosce in questa lettura?
"Mi riconosco in una persona che è capace di farsi un'opinione su ogni tema e di prendere una posizione che sia chiara sui temi della società. Sono una persona aperta allo sviluppo e sui temi ambientali mi sono reso conto nel tempo che effettivamente è necessario fare qualcosa: quando c'è stata qualche votazione popolare su queste tematiche non ho avuto paura ad andare di fronte all'elettorato, pur sapendo che non tutti condividono le mie posizioni, e questo perché penso che siano delle battaglie importanti per il nostro futuro".
Se dovesse arrivare agli Stati chi vorrebbe accanto? Regazzi o Chiesa?
"Diciamo che è importante avere una persona con cui si riesce a lavorare. Con Chiesa non ho potuto lavorare molto perché eravamo in due camere diverse, ma penso che si potrebbe lavorare. Con Regazzi su molti temi abbiamo collaborato con successo, portando a casa risultati. Con lui so già come si lavora, ma sono pronto a lavorare con tutti nell'interesse del Cantone. Comunque la scelta non mi compete, spetta ai cittadini".
Nella prima pagina del Corriere del Ticino di ieri in primo piano c'era un tema di attualità: Papa Francesco ha presentato l'esortazione apostolica, che è un appello per agire per fermare il surriscaldamento del pianeta. Da 1 a 10, in base alla sua esperienza politica, secondo lei il nostro Paese che grado di sensibilità ha nei confronti di questo argomento?
"Ha una sensibilità abbastanza alta, direi un 7. Ma un conto è dire “vogliamo fare qualcosa per questo tema”, un altro è quando si va nei dettagli. Su alcuni temi sicuramente siamo avanti: nel nostro Paese abbiamo adottato anche degli obiettivi chiari per i prossimi decenni, su altri ci sarà ancora da lavorare. Penso che la politica non debba essere "tutto e subito", ma una politica dove la popolazione è coinvolta ed è compartecipe di una transizione. Mi sembra che in Svizzera questa compartecipazione sia presente. C'è questa consapevolezza, anche se al primo colpo la Legge sul clima che prevedeva qualche balzello in più,, non è stata accolta".
Osservando le emissioni di CO2 per Pese la Svizzera mostra 35 Megatonnellate metriche di CO2 all'anno: se la Svizzera domani dovesse scomparire cambierebbe ben poco sullo scacchiere mondiale?
"In questo caso è necessario fare due ragionamenti: il primo è che fare una transizione energetica nel nostro Paese comporta dei vantaggi locali. Dipendere meno dal petrolio, quindi non spedire ogni anno 8 miliardi di franchi all'estero ed investirli nel nostro Paese, sicuramente è un vantaggio. Rispettivamente, inquinare con degli idrocarburi, bruciandoli in Svizzera, crea un problema locale: d'inverno abbiamo tipicamente le polveri fini, mentre d'estate l'ozono. Poi c'è un altro principio: in ogni tematica ognuno si deve assumere la sua responsabilità. Spesso si dice che la Svizzera ha un millesimo della popolazione mondiale e quindi anche se non fa niente poco importa. Qui vicino a noi c'è il comune di Vico Morcote che ha un millesimo della popolazione del Canton Ticino. Se domani il comune decidesse di non pagare più le imposte cantonali perché tanto sono solo un millesimo e bastano quelle degli altri, suppongo che gli altri cittadini del Cantone direbbero: no! In una sfida globale tutti devono portare il loro contributo e lo stesso vale per le questioni ambientali".
Per quanto riguarda i papabili per il dopo Berset, compreso l'ultimo che si è annunciato quest'oggi (Roger Nordmann), secondo lei chi è il favorito?
"Difficile dirlo adesso, bisognerà vedere quali altre candidature potrebbero ancora arrivare. Poi sarà lo stesso PS che dovrà indicare quali sono le candidature ufficiali. Ognuno di questi personaggi ha dei vantaggi dalla sua, ma anche dei punti deboli. Per esempio Matthias Aebischer, che è sicuramente apprezzato in Parlamento, è bernese, ma abbiamo già un bernese in Governo. Daniel Jositsch sappiamo che ha fatto uno sgarbo al suo partito con l'elezione precedente. Jon Pult è giovane, quindi sarà interessante vedere chi il PS vorrà proporre all'Assemblea federale. Poi si opererà una scelta".
C'è un tema che è stato in particolare cavalcato dall'UDC, quello della neutralità. Secondo lei il nostro Stato è ancora neutrale?
"Assolutamente sì, lo è come lo è stato negli ultimi decenni. Essere neutrale non vuol dire non poter prendere una posizione. Ricordo che quando il Kuwait venne invaso dall'Iraq, la Svizzera si schierò in maniera chiara anche con le sanzioni economiche contro questo Stato. Penso che la Svizzera abbia mantenuto una sua neutralità e soprattutto abbia mantenuto una sua credibilità sulla scena internazionale con le azioni che ha intrapreso in questi anni. Quindi sì, penso che siamo ancora ampiamente un Paese neutrale e rispettato".
Per il presidente del PLR le attuali disposizioni di legge per l'esportazione di armi bisognava allentarle. Condivide?
"Condivido che bisogna aprire un dibattito sul tema piuttosto per il fatto che la nostra industria bellica ha bisogno di poter esportare in altri paesi, soprattutto quelli europei, e questi iniziano a interrogarsi se vale la pena rifornirsi in Svizzera perché ci sono delle clausole che possono crear loro dei problemi. C'è un tema di sicurezza interna. Se vogliamo avere un esercito, dobbiamo avere un'industria bellica e questa non può basarsi solo sui nostri bisogni. Secondo me andare a cambiare le regole sarebbe sbagliato, si deve aprire un dibattito generale dove ci si interroga sul futuro strategico della nostra industria bellica".
Cassa malati: lei ha detto che il nostro sistema è simile ad un ristorante "All you can eat". Può spiegare?
"È la realtà dei fatti: se io scelgo oggi un sistema con la franchigia bassa, pago il premio e poi posso decidere di prendere appuntamenti senza che questi siano strettamente necessari. Credo che in un sistema di cassa malati obbligatoria di base, deve essere il sistema che ci porta ad andare dal medico di famiglia e poi sarà lui ad indirizzare. Se qualcuno invece desidera maggiore libertà, allora paga di più. Il sistema di base deve garantire la qualità delle cure, non una scelta infinita. Questo ha un grande costo".
Si riuscirà a dare una risposta ai cittadini che devono pagare sempre di più i premi?
"I cittadini pagano di più perché purtroppo i costi sanitari sono sempre più alti. I premi sono il cartellino del prezzo del sistema che in Svizzera somma 30 miliardi. Poi ce ne sono altri 30 che sono già pagati oggi dal settore pubblico con le imposte in maniera proporzionale al reddito. Sono convinto che questo sistema sta arrivando ad un punto di rottura. La popolazione vuole un cambiamento e la politica nella prossima legislatura opererà delle scelte perché così come il sistema è oggi non è sostenibile".