
Recita l’articolo 39 della legge sul Gran Consiglio: “Allorché eventi di grande portata istituzionale nel Cantone richiedano uno speciale chiarimento, il Gran Consiglio, sentito il Consiglio di Stato, può, a maggioranza assoluta, istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta”. Una strada che la sottocommissione speciale incaricata di approfondire i risvolti politici del caso Hospita ha deciso di intraprendere all’unanimità. E ritenuta pertinente dalla maggioranza dei gruppi parlamentari a cui dunque spetta l’ultima parola, indipendentemente da cosa dirà il Governo. Ma di cosa parliamo esattamente, e perché il tema divide i giornalisti?
CPI in Ticino
Vale la pena ricordare che in Ticino una CPI è stata istituita in tre occasioni:
- Nel 2002 per lo scandalo dei permessi facili
- Nel 2011 per le disfunzioni della sezione della logistica
- Nel 2017 per il mandato alla ditta di sicurezza Argo1
Di cosa si tratta
Si tratta in generale dell’organo di vigilanza parlamentare più potente in virtù delle sue facoltà d’indagine. Tra queste citiamo in particolare:
- L’articolo 40, capoverso 2: Alla CPI non può essere opposto il segreto d’ufficio
- L’articolo 41, capoverso 2: Chiunque, senza causa legale, rifiuta di fare una dichiarazione o di produrre dei documenti è punito in conformità dell’articolo 292 del Codice penale svizzero
Prerogative fondamentali per la sottocommissione da cui la Lega si è chiamata fuori: invitati per essere ascoltati, gli esponenti leghisti, nell’ordine Norman Gobbi, Enea Petrini, Alessandro Mazzoleni e Daniele Piccaluga, per motivi diversi hanno tutti declinato. Ciò che, agli occhi della sottocommissione, non ha permesso di chiarire i punti essenziali dell’intricata vicenda. Primo fra tutti: la promozione del cosiddetto rapporto segreto sulla società Hospita di Eolo Alberti, commissionato dai vertici della Lega prima del suo arresto all’avvocato Enea Petrini. Quest'ultimo, membro di CdA di BancaStato e già legale di Alberti. Senza dimenticare la presunta combine per spartirsi nomine in Procura e posti in CdA.
Zone d'ombra
Zone d’ombra che, Gestione permettendo, confluiranno a questo punto nella richiesta ufficiale di una CPI. Un decreto istitutivo in cui figureranno obiettivi del mandato, mezzi a disposizione, finanziamento massimo e membri designati, per legge un minimo di cinque deputati. La sottocommissione ha già anche espresso la volontà di avvalersi dell’aiuto di professionisti, ad esempio ex inquirenti. Non avendo facoltà di sanzioni, il fine ultimo è quello di formulare considerazioni ed eventuali raccomandazioni. Di qui gli interrogativi sollevati in questi giorni: a cosa può portare nel concreto una CPI? I deputati sono le persone più atte a fare chiarezza? Il bene delle istituzioni sarà anteposto agli interessi tra i partiti? Non avendo noi le risposte citiamo il passaggio finale del rapporto della sottocommissione: “In questo modo – vale a dire una CPI coadiuvata da esperti – sarebbe possibile combinare rigore giuridico e responsabilità politica, dotando il Parlamento degli strumenti necessari per fare piena chiarezza sui fatti, tutelare la credibilità delle istituzioni e a garanzia dei cittadini nella distinzione tra funzioni pubbliche e interessi di parte”.
