
Giorgio Ghringhelli è tornato a far discutere. Merito, o colpa, di una petizione che negli scorsi è approdata sui banchi del Gran Consiglio. Questa volta nel mirino del Guastafeste ci sono i simboli religiosi o politici, definiti “vistosi”, indossati dagli insegnanti durante le lezioni e all’interno degli istituti. Secondo i promotori, copricapi o indumenti metterebbero a rischio la garanzia di neutralità e laicità dell’ambiente scolastico. L’obiettivo dunque è chiaro: vietarli tramite una modifica della Legge sulla scuola. A sottoscrivere la sua petizione figurano nomi come quelli dei “senatori” Marco Chiesa e Fabio Regazzi, dei consiglieri nazionali democentristi Piero Marchesi e Paolo Pamini, del presidente dell’UDF Edo Pellegrini e dell’imprenditore Alberto Siccardi.
Pamini: "Il velo non può essere tollerato in una scuola laica"
Ghiringhelli non ne fa mistero: l’obiettivo è il velo, definito "un simbolo politico-religioso della sottomissione della donna e perciò in contrasto con il principio secondo cui la scuola promuove la parità tra uomo e donna". “Quello è l’elemento più recente", commenta Pamini ai microfoni di Ticinonews. "Il velo islamico, che è un elemento di sottomissione della donna, non può essere tollerato in una scuola laica”. Gli oppositori parlano però di un “pretesto”... “Sono opinioni, ma dall’altra parte posso rimarcare che molti progressisti oggigiorno hanno un grossissimo dilemma, poiché la maggior parte degli attacchi contro le donne avvengono, in tutta la Svizzera, da popolazioni che hanno una determinata fede religiosa. E questo è un grosso problema”.
Boscolo: "Un pretesto usato spesso dalla destra"
Di tutt'altro parere la granconsigliera Lisa Boscolo. “Siamo contrari perché l’istituzione scolastica è laica, ma i docenti hanno tutto il diritto di esprimere il proprio credo, anche politico, in qualsiasi forma”, rileva la deputata socialista. “Tante femministe arabe utilizzano il velo anche come segno di femminismo. La questione è quindi molto complicata e andrebbe approfondita maggiormente". Secondo Boscolo, "si tratta solo di un pretesto che usa spesso la destra: in Occidente abbiamo molte forme di oppressione della donna, anche nella nostra religione". In conclusione "non possiamo dire a qualcuno che non può indossare una determinata maglietta. Dovremmo invece insegnargli perché certi valori non sono democratici”.
Il confronto tra Pamini e Boscolo:
