
Il voto di martedì in Gran Consiglio ha avuto come primo effetto di ricucire lo strappo fra UNIA e OCST sul tema delle aperture dei negozi. Sindacati che oggi hanno confermato il lancio del referendum contro la modifica di legge che permetterà un’apertura domenicale in più, un'ora in più nelle feste infrasettimanali e allungherà la lista di negozi situati nelle località turistiche che potranno beneficiare delle deroghe alla legge. Per i sindacati, un nuovo passo verso la deregolamentazione del settore, ma soprattutto uno schiaffo al personale, che durante la pandemia fece la sua parte.
“Una decisione che danneggia i lavoratori”
“È la classica tattica del salame per cui si vuole poco alla volta, pezzo per pezzo, andare verso una liberalizzazione generalizzata”, ci ha spiegato Chiara Landi - responsabile del settore terziario di Unia -, sottolineando come questa situazione danneggi i lavoratori e le lavoratrici del settore “ma anche i piccoli commerci, che verranno sopraffatti da quelli grandi”.
“Mancano elementi di valutazione”
A fare eco a Chiara Landi di UNIA, Paolo Locatelli che ha biasimato il lavoro d’analisi fatto dal Parlamento su un’iniziativa che a detta del sindacalista OCST è in odore di campagna elettorale. Per Locatelli sarebbe importante, ad esempio, sapere quanti negozi saranno toccati dall’aumento della superfice, ma “al momento non si trova nessun elemento di valutazione che fa capire meglio il problema”.
A caccia di firme
Insomma, elementi ritenuti sufficienti per lanciarsi alla ricerca di 7’000 firme da raccogliere entro il 20 dicembre. “Non sarà un problema trovarle” ha chiosato in conferenza stampa Locatelli. OCST si era spesa a favore della nuova legge sull’apertura dei negozi, poi entrata in vigore a gennaio 2020. Legge a cui era stato legato il contratto collettivo per il settore della vendita.
"Verso una ruvida discussione"
“È chiaro che oggi trovarci confrontati, noi OCST, con qualcuno che dopo 1 anno e mezzo dall’introduzione vuole già modificare le carte in tavola”, dice Locatelli, “da una parte ci fa arrabbiare, dall’altra non si considera che questo potrebbe rendere più ruvida la discussione che dovremmo fare l’anno prossimo per rinnovare il CCL che giunge a scadenza il 31 dicembre 2023”.
“Troppi contratti precari”
Dal canto suo il sindacato UNIA traccia un bilancio negativo dei primi due anni di nuova legge. Per Chiara Landi quello che è aumentato all’interno del settore “sono i contratti precari, quelli su chiamata e i contratti che non garantiscono al personale una sussistenza economica che gli permetta di arrivare alla fine del mese”. Ma non solo, per Landi questa nuova legge ha avuto un forte impatto negativo sulle loro condizioni di vita “perché oggi è molto più difficile, con questa frammentazione degli orari di lavoro, poter godere del proprio tempo libero, della propria vita privata e famigliare”.
Previsti approfondimenti giuridici
La modifica contro cui è stato lanciato il referendum, per le due sigle sindacali non farebbe che peggiorare la situazione. Oltre alla raccolta firme, UNIA sta svolgendo degli approfondimenti giuridici per capire se quanto approvato dal parlamento entri in conflitto con il diritto superiore o meno. I sindacati, insomma, non intendono lasciare nulla d’intentato.