Dopo il voto
Servono norme più severe per le iniziative popolari? La politica si divide
Redazione
2 ore fa
Dopo le bocciature alle urne di ieri, la politica si interroga sulla possibilità di evitare di chiamare alle urne gli svizzeri per testi che rischiano un secco no.

"Batosta", "stangata", "bocciatura senza appello". Così sono stati definiti i risultati delle due iniziative popolari bocciate ieri dagli svizzeri, che con l’84,2% dei voti hanno detto “No” all’iniziativa per il servizio civico e con il 78,3% delle preferenze hanno respinto quella per il futuro. Due bocciature sonore, anzi: sonorissime. Ma, sorpresa, c’è chi nella storia del nostro paese è riuscito a fare di peggio: la medaglia d’oro va all’iniziativa popolare per l’approvvigionamento di grano del Paese. Una sorta di “prima il nostro grano” che nel 1929 fu bocciata con il 97.3% dei voti. L'argento risale al 2015, quando il 92% di chi si era recato alle urne aveva respinto l’iniziativa “Energia invece dell’IVA”. Per il bronzo, invece, bisogna tornare nel 1923 quando l’89% degli svizzeri aveva detto "No" all’iniziativa per l’arresto di cittadini svizzeri che compromettono la sicurezza interna del paese.

Bisogna inasprire le regole del gioco?

I risultati di ieri promettono di avere degli strascichi, anche perché votare non è gratis. Da tempo, infatti, alcuni si chiedono se non sia il caso di inasprire un po’ le regole del gioco. Per Fabio Regazzi, consigliere agli Stati del Centro, "si potrebbe far depositare agli iniziativisti una somma che, se alle urne non venisse raggiunta una determinata percentuale di consenso per l'iniziativa proposta, resterebbe allo Stato a parziale indennizzo dei costi provocati".

"Molte proposte sono nate da gruppi con risorse limitate"

"In generale, le iniziative svolgono un ruolo decisivo per quanto riguarda il rinnovamento. Lo fanno anche quando non raggiungono la maggioranza, perché aprono a discussioni e spingono le istituzioni a confrontarsi con questioni che spesso rimangono ai margini", ribatte Yannick Demaria, della Giso, la Gioventù Socialista. "Molte trasformazioni importanti avvenute nel nostro Paese", aggiunge, "sono nate da gruppi inizialmente piccoli con risorse limitate, che poi sono riusciti a portare nel dibattito pubblico delle idee che hanno trovato uno spazio più ampio. Se la soglia fosse una cauzione, molte di queste voci probabilmente non avrebbero avuto le risorse per avviare il processo".

"Ci si può pensare"

Secondo il consigliere nazionale Plr Alex Farinelli, "a prescindere dalle iniziative specifiche, si può fare un ragionamento generale sul numero di firme necessarie, modificato l'ultima volta quando è stato concesso il voto alle donne". Da allora "la popolazione svizzera è aumentata, quindi rivedere le soglie avrebbe una sua logica per mantenere una proporzione tra votanti e iniziativisti".

"Una buona soluzione"

Sulla stessa lunghezza d'onda di Regazzi, infine, c'è il consigliere nazionale Udc Piero Marchesi. "Alzare troppo il numero di firme da raccogliere penalizza l'essenza della democrazia diretta. La buona soluzione dovrebbe essere quella di legare la riuscita dell'iniziativa al pagamento di una cauzione". Questo, conclude, "dovrebbe essere un buon deterrente per evitare, come visto lo scorso fine settimane, di lanciare iniziative con poche possibilità di successo".