Web 3.0: capirlo e orientarsi
Il metaverso non è cypherpunk (ad oggi)
un anno fa
a cura di Lugano Living Lab - Città di Lugano e Istituto di Media e Giornalismo - USI

 

Il concetto di metaverso è spesso associato al mondo del Web 3.0. Ad oggi, se un utente cerca Web 3.0 su Google, ad esempio, è facile che compaiano risultati inerenti al metaverso. Invece, il metaverso è una cosa ben diversa.

 

Metaverso e web 3.0

Una concezione di strumento decentralizzato, costruito quindi su tecnologie distribuite, come la blockchain, l’importanza dello pseudo-anonimato e la sicurezza dei propri dati online. Queste le basi del web 3.0 secondo i cypherpunk. Forme di libertà online che avrebbero a che fare con il metaverso se anch’esso fosse una creazione open source, ovvero non appartenente ad un’entità centrale e a cui tutti possono contribuire allo sviluppo.

I temi della decentralizzazione e centralizzazione rientrano quindi nelle riflessioni legate al metaverso. Vi è un avvicinamento di questi due mondi, rappresentato per lo più dall'integrazione e l’uso di criptovalute come sistema per svolgere acquisti e scambi di valore all’interno di tali mondi immersivi. In questo contesto, va ricordata l’esperienza di Second Life (torniamo al 2003), uno dei primi esempi di mondo virtuale in cui gli utenti potevano interagire con altri giocatori e con oggetti virtuali in un mondo immersivo. All'interno di Second Life, era possibile acquistare oggetti e servizi attraverso una valuta virtuale chiamata Linden Dollar (L$), la quale era strettamente controllata dai creatori di Second Life. Un sistema che era pertanto centralizzato, con una limitata adozione al di fuori dell'ambiente virtuale.

Associare ad oggi il metaverso al mondo del Web 3.0 necessita di un approccio critico. Il metaverso oggi sta suscitando l’interesse di diverse aziende private fra le quali Meta, Microsoft, e Google. Un primo esempio di riflessione è dato da un possibile scenario dove le grandi aziende del mondo tech diventino le entità alla base del metaverso: uno scenario che potrebbe mettere in discussione il principio portante del mondo cypherpunk, la decentralizzazione.

Un tema di riflessione riguardo al possibile legame tra il metaverso con il web 3.0, dovrebbe pertanto essere legato a chi lo stia sviluppando e con quali principi. In altre parole proprio a causa del controllo che le aziende esercitano su ogni aspetto di queste piattaforme, è difficile pensare ad oggi al metaverso come un’effettiva tecnologia web 3.0. Tuttavia, è molto probabile che esso faccia affidamento a strumenti tipici del web. Ad esempio: si può fare un acquisto nel mondo reale e possedere la versione digitale nel metaverso. Tuttavia, per quanto riguarda i principi come decentralizzazione e pseudo-anonimato, al momento non sembrano trovare spazio nel metaverso.

Sicurezza nel metaverso

Sicurezza dei dati online, flusso delle informazioni controllate dalle grandi tech del settore informatico, e l’attenzione riguardo le attività che i più giovani svolgono sul web. Argomenti che oggi sono affrontati nei confronti degli attuali social media, che tuttavia non sembrano trovare lo stesso riscontro quando si parla di metaverso. Se è vero che il potenziale del metaverso sembra importante nonchè offrire molte possibilità imprenditoriali, ciononostante, pur comprendendo possibilità e positività, è necessario porre attenzione alle problematiche e sfide sottostanti. Soprattutto se di mezzo vi sono i minori, come audience di tali soluzioni.

Ne abbiamo parlato con Eleonora Benecchi, docente e ricercatrice presso la Facoltà di comunicazione, cultura e società dell’Università della Svizzera italiana:

 

Per i cypherpunk, temi principali del web 3.0 sono l’anonimato e la sicurezza dei propri dati online. C’è spazio per tali principi nel metaverso?

«Deve esserci spazio. Questi principi sono paletti significativi. Non possiamo pensare di costruire un metaverso pervasivo che ci controlla, senza pensare di introiettare dei principi di tutela, democrazia, e protezione dei dati. Sono aspetti che dovrebbero essere le fondamenta del metaverso: se non mettessimo come fondamenta i principi che ci tutelano nel lungo periodo, ciò potrebbe suscitare diverse preoccupazioni».

Come bilanciare tali principi a fronte dell'attuale sviluppo ad opera principalmente di imprese private?

«Sicuramente il tema del(dei) creatore del metaverso, ovvero il tema di chi ci stia dietro, e soprattutto che tipo di regole sociali ci saranno su questa piattaforma, è fondamentale. Bisogna cercare di capire come devono comportarsi le imprese sia di software che di hardware, e fissare dei principi di realizzazione che queste imprese dovrebbero portare a termine nel giro di un paio d’anni. Questo, ha e avrà un'importanza chiave per il futuro, soprattutto per uno sviluppo armonico, strategico e organizzato».

Tra questi principi vi è il tema identità online nel metaverso, quali le sfide ad oggi?

«Il metaverso è una tecnologia che si basa profondamente sull’identità, sull’uso dell’avatar. Il metaverso riguarda la fusione della nostra personalità fisica con quella online. In qualche modo, il metaverso unisce queste due versioni. Non si crea tuttavia solo una personalità online nel metaverso, ma si intersecano tutte le identità che abbiamo creato nel mondo offline e online come sui social media. È come se nel metaverso andassero a confluire i tratti caratteristici “preferiti” di un individuo per creare uno o più profili di noi stessi, dalle mille facce quindi, rappresentato ogni volta da un singolo avatar. Difatti, non si utilizzerà sempre la stessa identità per accedere ai vari servizi del metaverso. Considerando che ci sarà uno standard, io posso, ad esempio, entrare in Fortnite (un videogioco sparatutto in cooperativa) con un nickname diverso. In tal modo, il dato della mia identità potrà essere coperto agli occhi degli altri utenti».

Cosa dovremmo aspettarci per garantire la tutela dei dati personali nel metaverso?

«È importante che ci sia un ente regolare. Forse non deve necessariamente corrispondere a uno stato, ma essere una costruzione collettiva, in cui interagiscono diversi soggetti pubblici e privati. Agendo in questo modo, potremmo imparare dal passato (o attuale presente), evitando la situazione che ad oggi abbiamo con i social media, dove la regolamentazione della gestione dei dati personali è stata introdotta con ritardo nei processi di adozione di tali strumenti da parte della popolazione mondiale. Inoltre, è fondamentale investire sull’educazione, in particolare dei giovanissimi di oggi, futuri utenti “maturi” del metaverso, nella gestione e comprensione di tali tecnologie, nonché a sapersi relazionare con loro e attraverso esse, altrimenti potrebbero nascere diverse problematiche. Nel metaverso ancora una volta è bene imparare dalle esperienze passate come umanità in ambito digitale per non ripercorrere errori e lungaggini. Col metaverso non possiamo pertanto prenderci lo stesso rischio. Si tratta di una tecnologia molto più potente e più rischiosa da utilizzare, perché è più immersiva. Questa realtà deve essere costruita sulla base di principi etici. Certamente è da chiedersi cosa significhi l’etica del metaverso e dove sia. Ad oggi non vediamo una discussione a livello di comunità in questa direzione. È fondamentale anche chiedersi che luoghi virtuali si stanno progettando per l’infanzia: il futuro della ricerca e di una sana discussione pubblica è occuparsi anche e soprattutto di queste questioni etiche, non solo quindi di come si svilupperà la tecnologia».

 Articolo di: Mjriam Prudente e Maria Luisa Giannetta