
La lista delle quarantene di classe si allunga di giorno in giorno sulla pagina del Cantone. Solo oggi le sezioni colpite sono cinque, che vanno ad aggiungersi alle quarantene già in atto (21), per un totale di 26 sezioni. Quelle concluse sono invece 18, per un totale di 44 sezioni toccate nel mese di novembre. Una cifra superiore rispetto ai mesi precedenti: in ottobre erano 26, a settembre 21. I numeri dunque stanno aumentando.
La pressione sulle famiglie
Per le scuole elementari e d’infanzia basta un solo bambino positivo per costringere l’intera classe alla quarantena. Alle scuole medie e superiori si va da due a più casi di positività riscontrata. Una situazione che ha conseguenze anche sulle famiglie, che devono riorganizzarsi per la presenza dei figli a casa. Lo sa bene Beatrice Engeler, membro della Commissione consultiva per le pari opportunità, che proprio in questo momento ha una figlia a casa a causa di una quarantena di classe. “L’informazione ci è giunta la sera prima e abbiamo dovuto organizzare tutto in fretta e furia. Se da dalla scuola, dal Cantone e dalla Confederazione arrivano informazioni logistiche e sanitarie, l’organizzazione va gestita all’interno della famiglia”. Una situazione che in casa Engeler ha comportato una rivoluzione del calendario e la suddivisione dei ruoli tra genitori per chi trascorre il tempo a casa con i figli. Ma non tutte le famiglie possono optare per questa soluzione, con i genitori costretti a lavorare e con l’interrogativo a chi lasciare i figli. La legge infatti prevede che un genitore possa stare a casa tre giorni per accudire un figlio malato, ma in questo caso si tratta di quarantena. Che fare dunque?
Le indennità di perdita di guadagno
“Attualmente è ancora in vigore l’indennità di perdita di guadagno Covid (IPG) e questo vale anche per i genitori che si trovano nella situazione di dover accudire un figlio in quarantena”, ricorda Engeler. “Il datore di lavoro può quindi fare richiesta di IPG per un massimo di 7 giorni e permettere al genitore di stare a casa. Ma naturalmente deve essere d’accordo. Non tutti i datori di lavoro possono dare questa opportunità e non tutti i genitori possono far capo al telelavoro. La situazione è quindi molto soggettiva”.
La famiglia deve inventarsi una soluzione
La situazione si fa dunque difficile per quei genitori che non possono lavorar da casa. “La famiglia deve inventarsi una soluzione, almeno per il momento”, precisa Engeler. Un’ipotesi che si potrebbe approfondire è che i comuni offrano un servizio di accudimento, come avvenuto durante il primo confinamento, con il personale sanitario o i dipendenti della grande distribuzione che non potevano stare a casa perché il loro ruolo era fondamentale. Un’altra possibilità sarebbe quella di organizzare un servizio di accudimento per quei bambini che sono risultati negativi a un test. In casi estremi, il consiglio di Engeler è quello di prendere contatto con le direzioni scolastiche. “La maggior parte delle scuole sono collaborative e si può vedere con la direzione se ci sono altre possibilità”.
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