
Assoluzione con formula piena per i quattro girnalisti del Caffé, a processo giovedì scorso in Pretura penale, per l'occasione eccezionalmente spostatasi presso un’aula del Tribunale Penale Federale (TPF) a Bellinzona. Come ricorderete il direttore Lillo Alaimo, l’allora vicedirettore Libero d’Agostino e due redattori del domenicale (Patrizia Guenzi e Stefano Pianca) erano stati querelati dalla Clinica Sant'Anna in seguito agli articoli sul 'caso Rey' e si erano opposti al decreto d’accusa emanato dal pp Antonio Perugini. La clinica contestava al Caffè di aver sollevato sospetti su un presunto favoreggiamento nei confronti del medico, su una precaria organizzazione e su pratiche di fatturazione opaca. Al centro del dibattito vi era soprattutto il numero di articoli pubblicato, eccessivo secondo la Clinica, adeguato e con nuovi elementi invece secondo il domenicale. Tutti i giornalisti erano accusati di ripetuta diffamazione e al direttore era stata inoltre contrasta una violazione della Legge federale sulla concorrenza sleale.
Il giudice Siro Quadri ha tuttavia smontato completamente l’impianto accusatorio e assolto i quattro giornalisti, rappresentati dall’avvocato Luca Allidi. “È stato un caso non facile da risolvere - ha ammesso Quadri motivando la sentenza - In ambito giornalistico le norme che puniscono i delitti contro l’onore devono essere interpretate secondo la Costituzione. Il comportamento del giornalista deve cioè essere analizzato in base ai diritti costituzionali, compresa la libertà di stampa”.
“Un giornale può pubblicare una notizia se il tema è di rilevanza pubblica, se viene concesso il diritto di replica, se le affermazioni delle fonti sono state verificate e se vi è urgenza di pubblicare - ha ricordato - Una sentenza della CEDU precisa che il ruolo della stampa è quello del cane da guardia della democrazia. Ed è meglio che il cane qualche volta abbai per niente piuttosto che non abbai del tutto”. Quadri ha ritenuto che vi fossero sufficienti motivi per rendere pubblico l’operato di medico e clinica (“Lo scambio di paziente in una struttura svizzera è un fatto grave, quasi grottesco, come una barzelletta che non fa ridere”, ha ammonito il giudice) e che il domenicale disponesse di sufficienti informazioni sui fatti di causa. “Tali fatti sono stati analizzati e sono state fatte le giuste domande, senza sentenziare verdetti ma ponendo al lettore delle domande puntuali”, ha spiegato. Il Caffè era cioè legittimato a indagare sul caso (“Quando la verità è emersa lo ha detto”) e i redattori non hanno agito esagerando i fatti ricorrendo a mix di titolazioni e immagini eccessivi. Si sono invece “ispirati a fatti esistenti traendo le loro conclusioni e ponendo domande puntuali”.
Il direttore Alaimo è pure stato assolto dall’accusa di violazione della Legge federale sulla concorrenza sleale in quanto non ha riportato dichiarazioni particolarmente sbagliate, fallaci e infamanti. “La Legge in passato è stata applicata in ambito giornalistico, ma in un caso che riguardava una rivista di consumatori”, ha rammentato Quadri. “Questa nozione deve essere interpretata in modo particolarmente restrittivo, come già sottolineato dal Tribunale federale. Se applichiamo questa legge alla stampa, rischiamo di non uscirne più...”
Stando a voci di corridoio la Clinica non sarebbe intenzionata a inoltrare ricorso ma in una nota inviata in redazione nel pomeriggio la struttura ha annunciato di volere attendere la motivazione scritta prima di decidere.
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