
Il caso della ditta di spedizioni Dpd è tutt’altro che archiviato. A sottolinearlo con fermezza è il sindacato Unia che denuncia la mancata reintegrazione da parte dell’azienda di quattro lavoratori impegnati nel sindacato. “Dpd deve smetterla di violare i diritti sindacali del personale e di punire chi li esercita”, sottolinea il segretario Giangiorgio Gargantini. Unia infatti ha lanciato una petizione online contro “l’atto ostile da parte dell’azienda specializzata nella spedizione di pacchi che ha utilizzato un meschino stratagemma sbarazzandosi dei suoi lavoratori”.
“Un’operazione antisindacale”
La DPD – spiega Gargantini – formalmente non impiega alcun autista e per le consegne si affida a un’ottantina di aziende subappaltatrici. Nelle scorse settimane però ha interrotto il rapporto contrattuale con una di queste attiva in Ticino e affidato il suo giro di distribuzione ad una neocostituita società (con sede legale a Zurigo), la quale ha riassunto tutti gli autisti impiegati nella prima azienda, tranne quattro che “nell’ultimo anno si sono distinti per il loro impegno sindacale in seno al collettivo operaio attivo presso il centro logistico di Giubiasco”, spiega Gargantini. “Si tratta di un’operazione chiaramente antisindacale, oltre che problematica dal punto di vista legale”, tuona. Di qui, quindi, la decisione di promuovere una raccolta di firme per invitare DPD a comportarsi finalmente come un datore di lavoro serio e responsabile. La petizione è solo una delle iniziative intraprese da Unia, che si sta muovendo anche sul piano internazionale d’intesa con i sindacati europei e francesi in particolare, essendo DPD Svizzera una società controllata della francese La Poste (appartenente allo Stato).
“Violazione dei diritti”
A condannare l’operato dell’azienda in questione c’è anche il ForumAlternativo che in una nota giunta in redazione ha sottolineato come si tratti di “una grave e inaccettabile violazione dei diritti sindacali garantiti dalla Costituzione federale”. Inoltre, il movimento accusa Dpd di creare dumping salariale e di sostenere “una chiara concorrenza sleale nei confronti delle aziende del settore”.
“Il Cantone non può voltarsi”
Anche il Partito Comunista in serata ha preso posizione sul tema esprimendo piena solidarietà ai delegati sindacali che hanno perso il lavoro. “Lo Stato non può voltarsi dall’altra parte con la solita scusa della libertà commerciale: soprattutto chi assume un ruolo sindacale, in tutela quindi dei propri colleghi di lavoro, in uno stato di diritto dovrebbe essere ancora di più protetto dalle ripicche padronali”, scrivono nella nota. Il partito si dice preoccupato perché “si sta facendo strada una serie di aziende non solo prive della tanto decantata responsabilità solidale, ma anche incapaci di avere una visione imprenditoriale lungimirante, capace cioè di valorizzare il personale e anche il tessuto economico nazionale e cantonale”.
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