
Folte sopracciglia corrucciate, barba sfatta, pullover scuro, una voce modificata e nemmeno troppo velatamente minacciosa. È questa la forma scelta per lanciare la nuova campagna contro la pornografia fra gli adolescenti promossa dal servizio intercantonale Prevenzione Svizzera della criminalità. Un intento certamente nobile, giustificato dai mille minori denunciati nel 2022 per pornografia, ma che sta facendo discutere per il suo tono e il suo messaggio basato sulla colpevolizzazione del consumo di materiale pornografico, sul sentimento di vergogna, nonché sulla scelta del lessico utilizzato per fare prevenzione.
Il video
Sono tre i messaggi principali che vengono illustrati dal protagonista del video, scelto, a dire di Prevenzione Svizzera della criminalità, per rappresentare una figura autoritaria. Primo: ci sono dei porno la cui visione è consentita ai soli adulti, mentre è proibita ai minori di 16 anni. Secondo: esiste una pornografia vietata anche agli adulti. Terzo e ultimo: chi ha meno di 16 e fa “sexting” con il proprio partner, dal punto di vista legale è lui stesso a fornire materiale pornografico illegale. In questo caso, la persona stessa è perseguibile penalmente.
Colpo di scena finale
Il video prosegue indicando le vergognose conseguenze cui si può incorrere infrangendo la legge, con la polizia che preleva il giovane a scuola o nella sua camera, di fronte ad amici o familiari, per concludersi poi con un colpo di scena: il personaggio animato si toglie la maschera e si rivela essere una donna, per la precisione “la mamma” dello spettatore che sta guardando il video, la quale “vuole solo il meglio per lui”.
Critiche e replica
Nessuno banalizza la problematica, ma di fronte a un video la cui visione suscita istantaneamente un certo imbarazzo si sono levati gli scudi di chi lavora nella prevenzione o nella comunicazione e la campagna svizzera è stata intercettata anche dal canale youtube Breaking Italy e dal podcast del comico Luca Bizzarri. Di fronte a legittime critiche sollevate sui toni e sulle scelte della campagna, Prevenzione Svizzera della criminalità ha risposto così:
- “Troviamo alquanto sorprendente che un personaggio animato sembri rappresentare, per alcune persone, una grave minaccia rispetto al fatto che i minori di 16 anni siano generalmente confrontati con tutte le forme di pornografia”.
- “La “figura autoritaria del buttafuori” e la sua sorprendente trasformazione alla fine del video sono ovviamente da intendere in modo umoristico e come una strizzatina d’occhio. Abbiamo “testato” questo video facendolo vedere a una ventina di giovani e nessuno di loro si è sentito minacciato. Anzi, la maggior parte l’ha trovato molto divertente. Abbiamo però preso atto che non tutti condividono questo tipo di umorismo e lo rispettiamo. Accontentare tutti è un’arte che nemmeno la PSC è in grado di padroneggiare”.
- “Non capiamo l’argomento secondo cui criminalizzeremmo questo comportamento, in quanto è già punito dal codice penale”.
- “Non abbiamo un mandato in materia di educazione sessuale e questo non è neppure il nostro approccio. Eppure un certo numero di educatrici e educatori sessuali ci hanno criticato per questo nei loro feedback. Probabilmente non abbiamo fatto un’informazione sufficiente sull’uso dei nostri materiali e sul contesto, altrimenti non riusciamo a spiegarci questa critica”.
- “Ci è stato pure detto che non abbiamo centrato il gruppo destinatario. Abbiamo scelto la fascia d’età compresa tra i 10 e i 16 anni perché i temi trattati riguardano questo specifico gruppo. Siamo consapevoli dell’eterogeneità di questa fascia di popolazione e quindi anche del fatto che alcuni si sentono interpellati e altri no. Questa difficoltà riguarda però quasi tutte le campagne di prevenzione e ci sorprende che alcune persone critiche non lo capiscano”.
“Un finale ambiguo”
Il video non ha convinto neppure Kathya Bonatti, docente di Educazione affettiva e sessuale per l’infanzia e l’adolescenza. “Trovo che sia ambiguo innanzitutto il finale, con la madre che dice ‘voglio il meglio per te’”, spiega Bonatti, intervenuta a Ticinonews. “Viene mischiata questa figura, che dovrebbe essere un punto di riferimento e protezione che aiuti i ragazzi qualora si trovassero a sbagliare, a una figura che si trasforma e controlla come un ‘grande fratello’, e può quindi essere vista come una minaccia”. Per le figure che rappresentano l’autorità “sarebbe stato meglio utilizzare agenti di polizia, proprio per distinguere: se fai qualcosa di male, i referenti sono altri, non la famiglia che ti controlla giorno e notte”.
“Aiutare i ragazzi ad essere empatici”
Secondo Bonatti sarebbe anche importante distinguere tra pornografia “normale”, vietata al di sotto dei 16 anni, e quella violenta, proibita sia ad adulti sia a minori, “dove ci sono violenza, bambini, animali. Dove manca il consenso”. Ciò che si dovrebbe spiegare “è che non si tratta unicamente di punire poiché è vietato, ma di far comprendere anche il perché: non c’è il consenso”, prosegue Bonatti. “Bisognerebbe aiutare i ragazzi ad essere empatici, far capire loro che si diventa complici guardando pornografia illegale. Si farebbe una grande educazione, perché la differenza tra la libertà sessuale e il limite invalicabile è dettato dal consenso”.
L’importanza dell’educazione sessuale
Per Bonatti l’educazione sessuale è fondamentale, ma dovrebbe essere fatta da esperti, coinvolgere anche i genitori ed essere modellata sulle esigenze reali dei ragazzi. “Anche la pornografia legale ha conseguenze, perché in essa non viene spiegata la differenza tra realtà e pornografia, e c’è il rischio che poi i ragazzi pensino che quella sia la sessualità, perché è diventato lo strumento di educazione sessuale principale”, termina Bonatti.