Giornalista e conduttore del Lugano Global Forum, Alan Friedman è stato ospite della trasmissione Radar, durante la quale ha raccontato alcuni incontri chiave della sua carriera, da Donald Trump a Vladimir Putin.
L’incontro con Trump
Friedman ha ricordato un’intervista realizzata con Trump nel 2016, a bordo del suo aereo in Texas, per il Sunday Times, per la stampa italiana e per il libro 'Questa non è l’America'. “Prima di iniziare volle che controllassi le toilette per vedere quanto oro ci fosse nei rubinetti. “Pure gold, Alan”, mi disse. E in effetti erano rubinetti d’oro”. Poi un altro dettaglio: “Mi sono seduto sulla sua famosa cravatta rossa. Lui era davanti a me e mi ha detto: ‘Dammela’. Sul retro c’era scritto made in China”. Secondo Friedman, le idee di Trump non sono mai cambiate: “Diceva le stesse cose di oggi: mandare via i migranti, gli europei sono scrocconi, bisogna tornare amici della Russia. In privato è più gentile, in pubblico molto meno”.
Il rapporto Svizzera-USA
Sul rapporto tra Svizzera e Stati Uniti, Friedman difende l’approccio pragmatico di Berna: “Trump ama essere lusingato, ama l’oro e reagisce emotivamente ai regali e alle belle parole. Se con lingotti e Rolex si è riusciti a convincerlo a ridurre i dazi, io dico: bravi. È imbarazzante? Sì. È efficace? Sì. La Svizzera deve salvarsi”. E conclude: “Gli svizzeri hanno fatto benissimo, nell’interesse nazionale, a gestire Trump come un bambino, con efficacia”.
L’incontro con Putin
Friedman ha poi ricordato anche l’incontro con Vladimir Putin, avvenuto nel 2015 al Cremlino grazie a Silvio Berlusconi. “È stato molto gentile, mi ha fatto aspettare solo tre ore”, racconta. Inizialmente, ricorda, era molto rigido. “Ma quando ho portato i saluti di Berlusconi si è sciolto, ha cominciato a sorridere e a raccontarmi quanto erano buoni i tagliolini al tartufo bianco mangiati a casa sua”. L’impressione finale: “Quando hai Putin di fronte a te, non fa paura: fa pensare. Vuole proiettare un atteggiamento di umiltà”.
