
A Stabio nella serata di ieri si è consumato un dramma. Poco dopo le 18:30 un uomo ha impugnato una pistola per cercare di uccidere la compagna. In seguito si è suicidato. La donna è ancora ricoverata in gravi condizioni, ma la sua vita non è più in pericolo. Quanto accaduto ieri è solo l’ultimo capitolo di una serie di femminicidi che negli ultimi anni hanno sconvolto il Ticino. Drammi che portano ad interrogarsi su molti temi, tutti con l’obiettivo di evitare il ripetersi di questi episodi. Per cercare di dare una risposta a queste domande all’interno di Ticinonews è intervenuto il criminologo Franco Posa.
Cosa porta a un crimine del genere?
“Per chi lo commette non c’è un’altra via d’uscita se non quella di terminare la vita propria e quella della compagna, che era di appartenenza al soggetto, in questo caso criminale. Spesso è una relazione patologica. Cosa succede? Il Soggetto che perde questo rapporto possessivo molto stretto, perde tutta la sua progettualità, non ha via d’uscita e non trova una soluzione secondo lui adeguata e corretta per le parti. Questo fa nascere la dinamica di un crimine, a volte dell’omicidio. La costruzione di questo atto è dettata dalla mancanza, per l’autore del gesto, di una soluzione alternativa. Questo è il punto cruciale.”
A volte, quando si scava dentro ai fatti, si scopre che dei segnali c’erano stati. Perché non vengono colti prima?
“I segnali ci sono. Ci sono nel contesto familiare, sociale, professionale. Va bene raccoglierli, ma poi cosa ce ne facciamo? Noi dobbiamo -a mio parere- rendere noto qual è il sistema prontamente attivo e disponibile per poter discutere, chiarire, aiutare e andare incontro a chi è alla ricerca di una possibile soluzione di una frattura devastante. Una frattura che distrugge tutti i propri progetti esistenziali. Perché non parliamo di questi fatti anche quando non c’è un omicidio? Perché non facciamo scorrere un numero di telefono, una mail, o qualcosa che possa essere disponibile per chi ha la necessità di aiuto? Bisogna far sapere chi può aiutare e come può farlo. Questo è importante. Questo è quello che possiamo fare noi. La sensibilizzazione sul territorio è fondamentale ed è l’unico strumento, almeno iniziale, per raccogliere il grido d’aiuto, il disagio che altrimenti resta chiuso nel contesto familiare, professionale, sociale.
A livello politico è in corso da anni una battaglia per abolire il reato di omicidio passionale, ma non ci sono attenuanti, si tratta di un omicidio a tutti gli effetti.
“È un omicidio, e ogni omicidio è un caso a sé. Le attenuanti sono di competenza della giurisprudenza. Dal punto di vista neuroscientifico-forense c’è una piccolissima fetta di soggetti coinvolti in questi reati che non hanno la capacità del libero arbitrio. Non parlo della capacità di intendere e volere, mi riferisco proprio al libero arbitrio. Dobbiamo chiederci cosa possiamo fare di più, come possiamo essere presenti in modo più performante. In questi casi l’essere subito presenti e far capire a questi soggetti che c’è una struttura solida che sa cosa fare è un messaggio forte, un messaggio che funziona. È il primo passo per portare aiuto e magari evitare un crimine di questo genere.”
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