Ticino
“L’imputato non è un criminale incallito”
Il procuratore pubblico Arturo Garzoni a sinistra al suo arrivo con l'avvocato della difesa Luigi Mattei a destra. © CdT/Gabriele Putzu
Il procuratore pubblico Arturo Garzoni a sinistra al suo arrivo con l'avvocato della difesa Luigi Mattei a destra. © CdT/Gabriele Putzu
Dopo l’accusa, oggi ha preso la parola la difesa, che ha chiesto una serie di attenuanti. Il ragazzo: “Chiedo scusa”

“Non ci troviamo di fronte ad un criminale incallito che stava preparando lucidamente una mattanza. Ma di fronte ad un ragazzo fragile che chiedeva aiuto e che voleva essere fermato”. Con queste parole oggi l’avvocato Luigi Mattei ha impostato la sua arringa difensiva nel processo per la sventata strage alla Commercio di Bellinzona.

“Non mi sarei mai immaginato un giorno di ritrovarmi in un’aula di un Tribunale per parlare di una sventata strage, eppure è successo. È successo nel nostro piccolo Ticino. È successo ad un giovane ragazzo figlio del nostro Cantone”.

Nel suo intervento l’avvocato Luigi Mattei non ha contestato il reato mosso dalla pubblica accusa di atti preparatori di assassinio plurimo, ma ha chiesto alla Corte di considerare tutta una serie di attenuanti.

In primo luogo, non tutti i fatti citati nell’atto di accusa sono costitutivi del reato di atti preparatori. Per esempio le armi che il ragazzo - all’epoca dei fatti 19enne - possedeva regolarmente.

In secondo luogo, la tempistica di questo folle piano di morte. Secondo la difesa non è stato coltivato per anni. Semmai il periodo va ridotto a poche settimane.

Terzo punto, la difesa ha chiesto che i propositi di morte - dal video messaggio agli scritti - vengano considerati per quello che sono, uno sfogo. Secondo la difesa, il passaggio all’atto era tutt’altro che scontato.

Quarto punto, la difesa ha chiesto di considerare le richieste di aiuto che il giovane ha lanciato nelle settimane precedenti all’arresto. Ad amici, compagni professori. Voleva essere fermato. Voleva essere aiutato.

“Ci troviamo di fronte a un ragazzo in crisi, sommerso dall’odio verso sé stesso, incompreso e inascoltato. Ma non un mostro. Oggi l’imputato è consapevole della gravità di quanto vaneggiava. Ma se ci fosse stato un passaggio all’atto”, ha detto Mattei, “sarebbe stato un suicidio”.

Per tutti questi motivi, la difesa - che ripetiamo non ha contestato il reato di atti preparatori - ha chiesto una sensibile riduzione della pena, rispetto a quella massima di 7 anni e mezzo chiesta ieri dalla pubblica accusa. Anche sulla misura la difesa non si è opposta alla richiesta formulata ieri dal procuratore pubblico capo Arturo Garzoni. Una misura stazionaria in una struttura contenitiva per consentire al ragazzo un trattamento psichiatrico.

Come da prassi, alla fine il giudice Mauro Ermani ha lasciato l’ultima parola all’imputato. “Chiedo scusa a chi ho messo in pericolo, a chi ho fatto paura, mi dispiace”.

La sentenza della Corte delle Assise criminali è attesa per domani pomeriggio.

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