Giudiziaria
Casa anziani di Sementina, “Agivamo secondo direttive”
©Gabriele Putzu
©Gabriele Putzu
Laura Milani
6 mesi fa
È ripreso stamattina alle 09.15 con l’audizione di una persona informata sui fatti il processo che vede alla sbarra i vertici della casa anziani di Sementina per ripetuta contravvenzione alla Legge federale sulla lotta contro le malattie trasmissibili dell’essere umano.

“Appena un residente presentava dei sintomi influenzali, anche se non rientravano nei 'case definition', facevamo in modo che non partecipasse ad attività di gruppo, ma non lo isolavamo nella sua camera, era libero di muoversi nel piano. Le direttive non prevedevano l’isolamento”. A dichiararlo oggi in aula davanti alla giudice Orsetta Bernasconi Matti è stata l’allora capo-reparto della struttura dove tra marzo e aprile 2020, nel giro di tre settimane, quasi la metà dei residenti si ammalò di Covid e 22 persone morirono. L'ex capo-reparto è stata sentita oggi in aula come persona informata sui fatti per richiesta della difesa. Di formazione infermiera, all’epoca lavorava sotto la supervisione della capostruttura imputata. La donna ha poi specificato che “secondo le direttive del medico cantonale del momento le persone andavano testate e isolate solo quando presentavano problemi respiratori o febbre sopra i 38 gradi, noi così procedevamo. Gli altri venivano monitorati, si avvisava il medico curante che decideva se procedere con il test. Per quanto riguarda i casi sospetti informavamo la direttrice sanitaria che predisponeva l’isolamento in attesa del risultato del tampone”.

I pasti e le attività nella struttura

Sotto la lente della giudice anche i pasti consumati in comune e le attività di gruppo. La donna ha spiegato che dal 25 marzo in poi tutti i pasti nella sala pranzo comune erano stati interrotti. Da quella data c’erano residenti che li consumavano nella loro stanza, altri nelle cucinette comuni dei piani. Per quanto riguarda invece le attività, l’infermiera ha ribadito la tesi sostenuta ieri dagli imputati: quelle che normalmente si svolgevano con i residenti di tutti i piani o che prevedevano la presenza di esterni erano state sospese da inizio marzo come stabilito da direttiva delle autorità. Altre attività terapeutiche, definite “passive-cognitive”, venivano svolte ai piani con unicamente i residenti del reparto: ad esempio giochi di parola, letture, anche la tombola. A svolgerle l’unica animatrice, ritenuta non un’esterna ma dipendente della struttura. Lo scopo era quello di dare un sostegno ai residenti, vista la situazione e il mancato contatto coi familiari. Una decisione, ha ancora spiegato la donna, ponderata e condivisa fra tutti i vertici. “La maggior parte dei residenti, ha ricordato, presentava disturbi cognitivi e psichiatrici e non era evidente far capire loro che dovevano stare nelle loro camere”. Non c’erano restrizioni per quanto riguarda le uscite in giardino. I residenti autonomi si potevano spostare liberamente, altri venivano accompagnati nel giardino sensoriale.

La gestione della pandemia

“Ha mai ricevuto lamentele da parte del personale sulla gestione della pandemia in quel periodo duro?”, un’altra domanda della giudice. “No”, la risposta della donna che ha aggiunto: “Da parte della capostruttura c’è sempre stato sostegno. Abbiamo cercato di fare del nostro meglio, soprattutto all’inizio, ad esempio per quanto riguarda i tracciamenti. Poi la direzione ha elaborato uno strumento specifico”. “C’è stato un sovraccarico di lavoro, ha ammesso la donna, anche perché diversi dipendenti erano risultati positivi al covid. Ma abbiamo sempre agito cercando di tutelare la salute dei residenti e di alleviare la sofferenza causata dall’isolamento forzato”. Al termine dell’audizione, la direttrice sanitaria imputata, tra le lacrime, ha ringraziato tutto il personale.