Ticino
Cambiamenti ai tempi del Covid, il parere della psicologa
Cambiamenti ai tempi del Covid, il parere della psicologa
Cambiamenti ai tempi del Covid, il parere della psicologa
Redazione
4 anni fa
Elena Scaffidi spiega come la difficoltà più grande oggi sia legata al fatto di non intravedere una via d'uscita certa. "È ancora tutto in forse"

La situazione attuale è incerta, per avere risposte soprattutto sui ricongiungimenti famigliari e non, bisognerà avere (ancora) pazienza. Il Covid-19 ci ha insegnato a gestire le distanze, sia quelle sociali che ci impone lo Stato per gestire l’emergenza sanitaria si quelle propriamente fisiche e per così dire, “nazionali”. Non ci si può abbracciare e non ci si può neanche spostare oltre frontiera per rivedere un proprio caro, o il proprio fidanzato. E non esiste data, un punto di riferimento e per questo c’è chi dimostra ansia e dispiacere. Elena Scaffidi, psicologa e psicoterapeuta, intervenuta durante il TgSpeciale di Teleticino ha fatto luce su alcuni aspetti fondamentali.

"È ancora tutto in forse"“La difficoltà va al di là del distanziamento, dal fatto che ci mancano i nostri rapporti, è proprio legato al fatto di non intravedere ancora una via d’uscita certa”. “È ancora un po’ tutto in forse: ci sono molto quesiti e la cosa che più disturba noi esseri umani è non avere certezza. Noi, ora, possiamo per esempio scegliere di accudire i nostri legami e facendo questo sentiamo di avere in mano le nostre relazioni nei vari gruppi a cui apparteniamo: dal lavoro, alla famiglia all’amore”.

Accudirli. E questo vale sia per chi deve affrontare l’allontanamento per via della frontiera e per chi lavora ancora da casa e non allaccia più relazioni da mesi. Ma come si fa ad accudire questo tipo di rapporto lavorativo?“Ci sono situazioni personali che hanno consentito di poter continuare ad incontrarsi professionalmente attraverso i mezzi di comunicazione ma più difficile è per coloro che svolgono delle professioni che non hanno per niente ripreso il corso normale delle cose. Quando possibile sarebbe il caso di cercare in maniera autonoma di mantenere dei contatti telefonici con il collega, con chiunque in qualche modo facesse parte al contesto nel quale eravamo abituati a interagire per antere un rapporto. Abbiamo riscoperto dei mezzi nuovi che non immaginavamo che sarebbero diventati così massivamente protagonisti della nostra vita”.

Prima dovevamo stare in casa e ora dobbiamo uscire, convivendo con questo nemico invisibile e c’è chi parla della paura di uscire dalla propria casa, la cosiddetta sindrome della capanna. “La sindrome della capanna c’è ed è molto presente a tutti i livelli. Non ha a che vedere con lo sviluppo della persona e con il tipo di professione. Tutto sommato non ha neanche tanto a che vedere con la paura di ammalarsi. In realtà, è proprio una situazione di abitudine a riscostruire dei confini attorno al nostro mondo quotidiano che inizialmente abbiamo faticato a ritrovare e che ora ci rassicurano. Questa difficoltà la sto riscontrando nelle persone che conosco, nei pazienti ma anche nei colleghi. All’idea di riprendere le attività in studio sono confrontati con una certa difficoltà perché c’è un rimescolare nuovamente un cambiamento che negli esseri umani è sempre faticoso”.

L’esserci dovuti fermare per forza ha qualche effetto benefico?“Ma sicuramente sì. Quando ci fermiamo, quando i nostri tempi si dilatano entriamo in contatto con la parte più profonda di noi e questo è molto bello, è una risorsa grandissima che in altri momenti della vita, presi dalla frenesia, non sempre siamo in grado di fare. È una grande opportunità che secondo me dovremmo tenere come insegnamento per chiedere a noi stessi che cosa possiamo tenere di buono da questa esperienza”.

E quindi usciremo cambiati?“Dipenderà dalle persone e dalla capacità di riflettere. Ci sono aspetti esteriori che non dipendono in maniera così importante da noi ma l’essersi resi conto dell’importanza del significato della parola libertà, per esempio, non può non averci cambiati come esseri umani”.

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