
A quasi un mese dalle predazioni, il Governo ha autorizzato oggi l’abbattimento del lupo in Val Rovana. Una decisione che si basa sulle regole attualmente in vigore: il lupo in questione ha ucciso almeno 10 pecore (i capi predati lo scorso 26 aprile erano 19) e gli animali non potevano essere protetti in modo adeguato. Per molti allevatori questa decisione è arrivata tuttavia in ritardo e l’immobilità delle autorità ha creato malcontento. Basti ricordare l’azione in Piazza Governo, dove sono state depositate le carcasse di pecore e agnelli. Molte poi le associazioni che, esasperate, hanno scritto al Dipartimento del territorio, responsabile del dossier lupo, insieme al Dipartimento Finanze ed economia. “Capisco gli allevatori, ma stabilire tutti i criteri per la decisione ha richiesto tempo”, spiega dal canto suo il consigliere di Stato Claudio Zali ai microfoni di Ticinonews. “Abbiamo fatto tre stesure della decisione prima di arrivare a una soluzione condivisa. Non si trattava di contare semplicemente fino a 10, ma dietro vi era un problema un po’ più complesso”. Il problema della convivenza del lupo e animali da reddito comunque resta e va affrontato, aggiunge Zali, “portando soluzioni in un territorio in cui però è difficile recintare e sorvegliare costantemente”.
Mattei: “Finalmente”
La notizia dell’abbattimento viene comunque accolta positivamente dagli allevatori. “Finalmente”, dichiara Germano Mattei, co-presidente dell’Associazione svizzera per la protezione del territorio dai grandi predatori, intervenuto nel Tg di Ticinonews. “Dal lato psicologico e formale è importante che ci sia stata la decisione odierna. I lupi ci sono e aumentano. In Val Rovana ce ne sono forse due, durante l’aggressione del 30 marzo ce n’erano tre nel recinto. Ora vogliamo vedere gli effetti di questa decisione”. Mattei non è comunque favorevole all’abbattimento di tutti gli esemplari, precisa. “Ammazzarli tutti non è una soluzione, ma bisogna regolare e possono esserci anche altri mezzi per farlo, magari addormentando l’animale o mettere dei collari. Ma in questo caso è la politica a dover decidere”.
L’abbattimento non è la soluzione
Per Miriam Genchev, portavoce del Gruppo Uomo e Biodiversità, la soluzione non è quella di abbattere il lupo, anche perché ce n’è più di uno in giro e non è chiaro quale degli esemplari abbia ucciso gli animali da reddito. “Non è un sistema che disincentiva la predazione futura o che permette di ottenere qualcosa di concreto a livello di sicurezza. Sembra una decisione presa per placare un po’ gli animi viste le tempistiche”. Per Genchev la gestione attuale non è seria visto che si calcola tutto come se ci fosse un solo lupo. “Per noi va presa una misura più a lungo termine, affinché i lupi presenti e futuri non attacchino più in quel luogo”. Per Genchev la soluzione è dunque soffermarsi sulle predazioni caso per caso, visto che anche le recinzioni non possono funzionare ovunque. “Siamo contenti quando gli agricoltori parlano perché vogliamo conoscere i casi singoli e i problemi specifici. Ma bisogna anche mettersi in testa che bisogna cambiare il rapporto con l’immagine dell’agricoltura in lotta contro la natura selvaggia. L’agricoltura fa parte della biodiversità e quest’ultima ha delle regole”.
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