Il futuro accordo con l'Ue va respinto poiché limita eccessivamente la democrazia diretta e la sovranità del Paese, due elementi alla base del successo, soprattutto economico, della Svizzera. Il futuro della Svizzera risiede in un'economia aperta, orientata soprattutto sull'Asia e gli Stati Uniti, secondo un comitato di imprenditori che si definisce apartitico - che però conta anche su politici ed esponenti dello spettacolo, come Kurt Aeschbacher, giornalista e intrattenitore tivù, molto noto nella Svizzera tedesca, - che ha lanciato oggi ufficialmente a Berna la propria iniziativa popolare mediante la quale intende sottoporre a referendum obbligatorio i trattati internazionali, tra cui la futura intesa con Bruxelles in fase di finalizzazione, giudicata incompatibile con il DNA elvetico e deleteria per il futuro del Paese. Per i promotori dell'iniziativa "per la democrazia diretta e la competitività del nostro paese - No a una Svizzera membro passivo dell'Ue (iniziativa Bussola)", con il recepimento di fatto automatico del diritto e la subordinazione dell'accordo alla giurisdizione dell'Ue, i nostri diritti di partner sovrano dell'Unione Europea sarebbero seriamente compromessi.
Un nuovo/vecchio accordo
Il trattato in fase di negoziazione (fotocopia secondo i promotori dell'iniziativa dell'accordo istituzionale abbandonato nel 2021), si dice convinto il comitato, danneggerebbe la competitività del nostro Paese e indebolirebbe a lungo termine la piazza economica svizzera. Sebbene i membri del comitato vogliano intrattenere buone e proficue relazioni con Bruxelles, essi credono che le pressioni dell'UE affinché la Svizzera si avvicini ancora di più ad essa aumenterebbero con un accordo che erode il federalismo e la democrazia diretta, due elementi che hanno contribuito alla stabilità del Paese e al suo successo nel contesto economico globale.
Mantenere l'autonomia
Per l'imprenditore Urs Wietlisbach, l'intesa che il Consiglio federale sta negoziando è, come quella del 2021, eccessivamente favorevole all'UE, prevedendo ancora la ripresa dinamica del diritto e, peggio ancora, la Corte di giustizia europea quale istanza incaricata di dirimere le controversie. Non vogliamo che l'Ue faccia le leggi per noi, ha spiegato Wietlisbach, criticando la densità normativa di Bruxelles, l'eccessiva burocrazia e centralismo, tutti elementi estranei al nostro paese caratterizzato dalla democrazia diretta, il federalismo, una bassa densità normativa, un indebitamento assai più contenuto (39% del PIL rispetto al 100% in media degli Stati Ue) e, dulcis in fundo, salari tre volte superiori. Non vogliamo mettere a rischio la nostra prosperità e la nostra democrazia, ha tuonato Wietlisbach, secondo cui il futuro accordo va assolutamente sottoposto al giudizio di popolo e Cantoni, tenuto conto dell'enorme portata per il nostro paese e il nostro benessere.
Aperti sul mondo
Per il comitato, i vantaggi del nostro paese non devono essere sacrificati sull'altare di un ravvicinamento progressivo all'UE. Gli accordi bilaterali I e II e l'accordo di libero scambio del 1972 garantiscono già alla Svizzera un pacchetto di intese personalizzate con Bruxelles. L'attuale accordo di libero scambio tra la Svizzera e l'UE rappresenta una base solida, che può essere ampliata e modernizzata. Per il comitato, invece di legarsi eccessivamente ai nostri partner europei, vanno istituite condizioni quadro ottimali affinché la Svizzera resti una piazza economica attraente e aperta sul mondo anche per le generazioni future. Ciò sarà possibile solo se la Svizzera continuerà a seguire una politica economica autodeterminata e a mantenere il controllo democratico su una regolamentazione dell'economia indipendente. La libera scelta dei partner commerciali deve essere garantita, evitando una relazione di monopolio con l'Ue.
Accordo quadro sopravvalutato
Per i promotori dell'iniziativa, il valore dell'accordo quadro che la Confederazione sta negoziando è sopravvalutato e l'allarmismo sulle conseguenze economiche dell'interruzione dei negoziati è assolutamente esagerato. Con la sua forza lavoro qualificata e produttiva e le sue aziende innovative, l'economia elvetica ha tutte le carte in mano per rimanere competitiva a livello internazionale anche in assenza di un accesso preferenziale al mercato europeo. La fine dei negoziati, si dice convinto il comitato, non porterà a una pura e semplice caduta degli accordi bilaterali in vigore, poiché l'Ue ha un forte interesse a mantenere relazioni con la Svizzera. Stando all'industriale Marco Sieber, l'Ue approfitta delle relazioni con noi, visto che importiamo 70 milioni di franchi di merce ogni giorno lavorativo, ben più di quanto esportiamo verso l'Europa. Un imprenditore, ha affermato, pensa a lungo termine: il futuro è dei mercati asiatici e, naturalmente, degli Stati Uniti.
L'iniziativa
L'iniziativa si propone di modificare, completandolo, l'articolo 101 della Costituzione federale che regola la "Politica economica esterna". A tale riguardo, la Confederazione dovrebbe perseguire una politica economica esterna autonoma che prenda in considerazione i bisogni della Svizzera in quanto piazza economica integrata nella rete internazionale, rispettando i diritti democratici del popolo e l'autonomia dei Cantoni. Andrebbero poi sottoposti al voto di popolo e cantoni (articolo 140, Referendum obbligatorio) i trattati internazionali che prevedono una ripresa di disposizioni importanti che fissano norme di diritto (quest'ultimo aspetto attualmente sottoposto a referendum facoltativo, articolo, articolo 141). L'iniziativa modifica anche l'articolo 164 (Legislazione). Stando al Comitato, l'adozione di disposizioni importanti, che stabiliscono norme di diritto, deve essere espressamente prevista in una legge federale o in un trattato internazionale soggetto a referendum obbligatorio e ristretto a un ambito ben definito.