Salute
Obesità in Svizzera, un problema in crescita e una stigmatizzazione pericolosa
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Redazione
un anno fa
In occasione della giornata mondiale dell'obesità, l'Alleanza Obesità Svizzera vuole inserire questo disturbo nella lista di malattie non trasmissibili. Ne abbiamo parlato in studio con il direttore sanitario della Clinica Sant'Anna, Francesco Volonté.

Chi dice 4 marzo, dice giornata mondiale dell’obesità. In questa occasione, l’Alleanza Obesità Svizzera ha chiesto di inserire questo disturbo nella lista di malattie non trasmissibili.

Situazione in Svizzera

Negli ultimi 20 anni, il tasso di persone afflitte da obesità è cresciuto drasticamente. Oggi, il 12% degli uomini e il 10% delle donne soffrono di questo disturbo. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), queste percentuali arriveranno al 16% nel 2030. Questa malattia è un problema che non si presenta unicamente negli adulti. Secondo l’OMS nel 2017 un bambino di quarta elementare su quattro era in sovrappeso od obeso.

Alleanza Obesità Svizzera

L’Alleanza Obesità Svizzera, in un comunicato stampa, chiede interventi urgenti. Primo tra tutti, integrare l’obesità nella strategia politica sanitaria delle malattie non trasmissibili. Ciò permetterebbe di migliorare l’informazione sul tema, di introdurre misure mirate per ridurre il sovrappeso e di sensibilizzare la popolazione sulla stigmatizzazione della malattia.

Malattia cronica

Cosa pensa Francesco Volonté, direttore sanitario della Clinica Sant’Anna della proposta dell’Alleanza? “È qualcosa di estremamente importante. L’OMS ha già riconosciuto l’obesità come malattia cronica da molti anni. Integrarla alla lista di malattie presuppone che si voglia agire sulla prevenzione. Ed è quello a cui bisogna puntare oggi”.

La storia dell’obesità

“L’obesità è iscritta nei nostri geni”. Il nostro corpo ha da sempre la tendenza a immagazzinare tutte le energie a disposizione, una tecnica di sopravvivenza che deriva dal passato. “Nei tempi preistorici, l’uomo aveva bisogno di fare delle riserve per resistere ai tempi di carestia”, spiega Volonté. “Questa tecnica di sopravvivenza è stata sopraffatta dopo la rivoluzione industriale quando, nella nostra alimentazione, sono apparse una quantità di calorie e una concentrazione di nutrimenti in modo molto rapido e il nostro corpo non è riuscito ad adattarsi”.

Lo stigma

Nel pensiero collettivo, l’obesità viene ricollegata a una mancanza di movimento e ad una dieta grassa. “Nel 70% della popolazione si pensa che una persona è obesa perché si muove poco e mangia tanto. Si stima che nella comunità medica, quasi il 50% dei dottori pensa che l’obesità sia legata alla pigrizia”. Un problema che può portare alla stigmatizzazione dei malati e può bloccare l’accesso dei pazienti alle cure. “È sbagliato accusare le persone. Ciò non fa altro che attivare altri circoli viziosi e far richiudere le persone su loro stesse, impedendo anche l’accesso alle cure”.

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