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Gli svizzeri sono contrari all'accordo con gli Stati Uniti
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Ats
7 ore fa
È quanto emerge da un sondaggio eseguito dall'istituto Sotomo che ha coinvolto circa 9'300 persone. Nemmeno le concessioni fatte da parte della Confederazione sono viste di buon occhio.

Un sondaggio promosso dal Blick evidenzia la contrarietà della popolazione svizzera all'accordo doganale tra la Svizzera e gli Stati Uniti. Il 69% degli interrogati hanno infatti dichiarato che in caso di votazione sul tema sarebbero "contrari" o "piuttosto contrari". Solo il restante terzo scarso del campione voterebbe favorevolmente, come emerge da un'infografica pubblicata oggi dal quotidiano zurighese. Il sondaggio è stato eseguito dall'istituto Sotomo e ha coinvolto circa 9'300 persone a fine novembre, dunque successivamente alla dichiarazione d'intenti congiunta tra Berna e Washington per una riduzione dei dazi sui prodotti svizzeri dal 39 al 15%.

Cosa è emerso

Nemmeno le concessioni fatte da parte della Confederazione sono viste di buon occhio, evidenzia un secondo grafico. Quattro persone su cinque considerano infatti estrema la rinuncia alle restrizioni sul flusso di dati verso gli Stati Uniti. Sono accolte con scetticismo anche le promesse fatte da parte elvetica come la rinuncia all'introduzione di una tassa digitale, l'importazione sotto franchigia doganale di quantità limitate di carne americana, i 200 miliardi di investimenti di aziende svizzere negli Usa e l'autorizzazione alla circolazione dei pick-up statunitensi. Il rafforzamento della collaborazione in materia di sanzioni contro terzi raccoglie qualche adesione in più, ma è rifiutata dal 55% dei partecipanti all'inchiesta. C'è inoltre scarsa fiducia nei confronti dell'amministrazione Trump. Alla domanda se sia ragionevole pensare che la tassa doganale venga mantenuta stabilmente al 15%, hanno risposto negativamente i simpatizzanti dei Verdi (al 71%), della sinistra e del Centro. Solo tra i votanti di PLR e UDC emerge una maggioranza positiva.

Le tappe future

Il "ministro" dell'economia Guy Parmelin aveva respinto, a Radio SRF, le critiche per aver fatto troppe concessioni, sottolineando come finora sia stata firmata soltanto una dichiarazioni d'intenti e che "adesso bisognerà negoziare". Secondo il consigliere federale anche la Svizzera può avanzare delle pretese. Riguardo alle tappe future, la dichiarazione d'intenti deve innanzitutto venire trasformata in un accordo vincolante, sottolineava sull'edizione di ieri della Neue Zürcher Zeitung la direttrice della Segreteria di Stato dell'economia Helene Budliger Artieda. Dopo le negoziazioni, ci sarà la decisione del Parlamento. "A quel punto sarebbe possibile lanciare il referendum, ciò che lascerebbe l'ultima parola alla popolazione", sottolinea la funzionaria.