Live Credit Suisse
UBS starebbe preparando l'entrata in borsa di una parte di Credit Suisse
un anno fa
Tutti gli aggiornamenti sul caso Credit Suisse.
un anno fa
Crisi CS
UBS starebbe preparando l'entrata in borsa di una parte di Credit Suisse
La banca elvetica di Credit Suisse sopravvivrebbe così come banca indipendente e probabilmente si presenterebbe sul mercato come "banca imprenditoriale". UBS gestirebbe probabilmente la sua quota in CS Svizzera come partecipazione finanziaria e non dovrebbe quindi consolidarla.

Secondo un'informazione del portale Inside Paradeplatz, UBS sta pianificando l'entrata in borsa di almeno una parte delle attività elvetiche di Credit Suisse (CS). Il colosso bancario ha incaricato l'istituto di credito statunitense JPMorgan di preparare tale operazione, scrive il sito zurighese citando un insider. Secondo Inside Paradeplatz, il piano prevederebbe che UBS lanci in borsa una parte di CS Svizzera e conservi il resto. La banca elvetica di Credit Suisse sopravvivrebbe così come banca indipendente e probabilmente si presenterebbe sul mercato come "banca imprenditoriale". UBS gestirebbe probabilmente la sua quota in CS Svizzera come partecipazione finanziaria e non dovrebbe quindi consolidarla.

"Tutte le opzioni sono sul tavolo"

Interrogata in proposito dall'agenzia di stampa economico-finanziaria Awp, stamani UBS ha rinviato alle dichiarazioni rilasciate dal suo vicepresidente Lukas Gähwiler in occasione dell'assemblea generale della scorsa settimana. In quell'occasione Gähwiler aveva sottolineato che l'acquisizione doveva essere completata prima di poter prendere decisioni strategiche sulle attività svizzere. In linea di principio, "tutte le opzioni sono sul tavolo", aveva affermato il vicepresidente del consiglio di amministrazione di UBS.

Concorrenza garantita

Una separazione e un'entrata in borsa delle attività svizzere di CS per UBS avrebbero il vantaggio di garantire la concorrenza nella Confederazione, scrive Inside Paradeplatz. Da un lato, la grande banca smorzerebbe il dibattito sulla sua posizione dominante nel mercato elvetico. Dall'altro, uno scenario del genere porterebbe probabilmente a un numero significativamente inferiore di perdite di posti di lavoro. Il dibattito sull'esternalizzazione delle attività svizzere di Credit Suisse è stato recentemente alimentato dagli analisti dei mercati azionari di JPMorgan. In uno studio, hanno stimato il valore delle attività elvetiche di CS in almeno 10 miliardi di dollari (una somma analoga in franchi), che rappresentano anche una sorta di "copertura" per UBS tenuto conto di varie imponderabilità della complessa integrazione di CS.

Nell'acquisizione di CS orchestrata dal Consiglio federale, UBS paga circa 3 miliardi di franchi per comprare la sua ex rivale.

un anno fa
Crisi Credi Suisse
Per la stampa il Consiglio nazionale ha "fallito" votando no ai crediti d'impegno
Da "un magro bottino", a "un segnale di sfiducia verso autorità e UBS". Ma si parla anche di "iprocrisia" e "giochi pre-elettorali in vista delle federali di ottobre". Così la stampa svizzera commenta il doppio no del Nazionale ai 109 miliardi di franchi per l'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS.

La stampa è unanime nel giudicare il "no" definitivo di ieri del Consiglio nazionale sui crediti d'impegno per l'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS: rifiutare è stato facile. Dubita che i parlamentari saranno altrettanto coraggiosi quando si tratterà di agire concretamente. Il commento de La Regione parla di "magro bottino" della sessione straordinaria. Il "no" emerso alla fine è "soltanto" uno schiaffo simbolico, soprattutto al governo e in particolare alla ministra delle finanze Karin Keller-Sutter. UDC, PS e Verdi si sono sentiti autorizzati a dire qualsiasi cosa e non si sono fatti pregare sbandierando presunte condizioni, senza che alla fine ne sia rimasta traccia. L'editoriale pubblicato dal Corriere del Ticino sottolinea dal canto suo come la bocciatura sia un segnale di sfiducia non solo nei confronti del Consiglio federale e delle autorità, ma anche della nuova UBS. Un "sì" avrebbe rafforzato la credibilità dell'intervento deciso d'urgenza, mentre il "no" risponde anche a "logiche elettorali a buon mercato", sostiene il quotidiano.

Un gioco pre-elettorale

L'UDC, il PS e i Verdi "si sono accontentati di lanciare pietre contro il camion dei pompieri, dopo aver atteso saggiamente nel loro angolo che l'incendio fosse ben spento", afferma il giornalista de La Liberté Philippe Castella, che deplora uno spettacolo penoso. Egli accusa il PS e l'UDC, i due maggiori partiti del Paese con due rappresentanti ciascuno in Consiglio federale, di fare il doppio gioco. "Questi partiti possono anche nascondersi nella legittima indignazione per le lezioni non apprese dalla crisi finanziaria del 2008, ma la verità è molto più banale, scrive il giornalista. A sei mesi dalle elezioni federali, l'UDC voleva giocare ancora una volta da sola contro tutti. E la sinistra non ha voluto lasciarla sola a raccogliere i frutti elettorali del malcontento popolare".

"Il Nazionale ha fallito"

L'atmosfera non è migliore nella Svizzera tedesca. "Il Consiglio nazionale ha fallito", scrive l'Aargauer Zeitung, mentre la Neue Zürcher Zeitung denuncia una "ipocrisia". "Invece di mostrarsi pronti a fare compromessi, la sinistra e l'UDC sono andati a pescare elettori", sottolinea il Blick. Risultato: non è stata trovata alcuna soluzione per evitare in futuro che una grande banca in fallimento trascini con sé l'intera economia svizzera. La stampa si aspetta dal Parlamento azioni concrete. Chiede una sorveglianza e una regolamentazione più severa dei bonus dei dirigenti. "Di fronte alla potente lobby bancaria, questo richiederà molto coraggio politico. Il che è dubbio, viste le tergiversazioni di questa sessione", commenta Le Temps.

CPI, "la decisione non andava rimandata"

Ma soprattutto è necessaria una commissione parlamentare d'inchiesta (CPI). E le testate in lingua francese del gruppo Tamedia, Tribune de Genève e 24 Heures, anticipano già un'inversione di tendenza in Parlamento. "Mentre la decisione avrebbe potuto essere presa durante questa sessione straordinaria, il Consiglio degli Stati ha preferito rimandarla all'inizio dell'estate", affermano i due quotidiani, per i quali rifiutare una CPI significherebbe che il Parlamento si sottrae alle sue responsabilità. Queste misure sono "ciò che i nostri rappresentanti eletti devono ai loro elettori", aggiunge Bayron Schwyn di Arcinfo. "Purtroppo, gli elettori non conosceranno il finale al momento di recarsi alle urne per le elezioni federali in autunno", ha aggiunto.

un anno fa
Svizzera
"No" definitivo del Nazionale alle garanzie finanziarie, saranno comunque concesse
La camera bassa ha nuovamente bocciato i 109 miliardi per l'acquisizione del Credit Suisse da parte di UBS.

Il Consiglio nazionale ha definitivamente bocciato oggi i crediti d'impegno di 109 miliardi per l'acquisizione del Credit Suisse da parte di UBS. Inutile il "sì" degli Stati. Malgrado ciò, le garanzie saranno concesse alle due banche. I due crediti d'impegno - 100 miliardi di franchi erogati dalla Banca nazionale svizzera (BNS) al CS sotto forma di prestito coperto da garanzia federale nonché una garanzia di 9 miliardi della Confederazione a UBS per ridurre i rischi derivanti dall'acquisizione di alcune attività potenzialmente in perdita - erano stati approvati in mattinata dal Consiglio degli Stati. La Camera dei cantoni stamattina aveva introdotto nel decreto una richiesta al governo di modificare la legge sulle banche per rendere più restrittive le norme sulle banche di rilevanza sistemica. La revisione avrebbe dovuto esaminare alcune condizioni come un aumento sostanziale del capitale proprio e una limitazione dei bonus per i dirigenti delle banche di importanza sistemica. "Si tratta di costruire un ponte con il Nazionale", aveva dichiarato la "senatrice" Johanna Gapany (PLR/FR) a nome della commissione.

Voto di protesta

La proposta di compromesso non è però stata raccolta dalla Camera del popolo. Il "no" del Consiglio nazionale, giunto dai banchi dell'UDC e dallo schieramento rosso-verde, è da intendersi come un voto di protesta. Democentristi, socialisti ed ecologisti hanno spesso evocato il salvataggio di UBS nel 2008, che a loro dire avrebbe dovuto sfociare in norme "too big to fail" ben più severe di quelle poi adottate. Insomma, è forse vero che lo scorso 19 marzo non c'erano alternative migliori, ma per UDC, PS e Verdi è la prova che si doveva agire prima. Oggi i consiglieri nazionali hanno in gran parte ripetuto quando detto ieri. "Abbiamo bisogno di banche più piccole e responsabili", ha ad esempio sostenuto Franziska Ryser (Verdi/AG), chiedendo anche di non dimenticare il criterio della sostenibilità.

Inutile il "sì" degli Stati

Il PS, per bocca del suo capogruppo Roger Nordmann (PS/VD), si era detto disposto, contrariamente a ieri, ad accettare i due crediti d'impegno nel caso in cui il Consiglio federale si fosse impegnato a rivedere la legge sulle banche di importanza sistemica allo scopo di aumentare capitale proprio e limitare i bonus. La formulazione prevista dal Consiglio degli Stati - il Consiglio federale "esamina" un aumento del capitale proprio e una limitazione dei bonus - è però ancora insufficiente. Il governo sta già lavorando in questo senso, come del resto previsto dall'accordo internazionale detto "Basilea 3" che mira proprio ad aumentare il capitale proprio delle banche, ha risposto Karin Keller-Sutter. Per quel che concerne i bonus, il governo sottoporrà al Parlamento un disegno di legge, ha aggiunto la ministra delle finanze, senza però convincere il gruppo socialista. Aumentare il capitale proprio non risolverà i problemi, farà solo crescere i costi, ha sostenuto Pirmin Schwander (UDC/SZ). Per il democentrista occorre ridurre la dimensione delle banche: "vogliamo che in futuro non esitano più banche troppo grandi per fallire". PLR, Centro e Verdi liberali hanno da parte loro nuovamente chiesto di concedere le garanzie. Si tratta di evitare di inviare cattivi segnali ai mercati finanziari. Per Peter Schilliger (PLR/LU) le misure adottate dal Parlamento hanno il merito di dare un mandato chiaro al Consiglio federale, ma restano sufficientemente aperte per lasciare al governo un certo margine di manovra. Il "no" odierno conferma la bocciatura giunta la scorsa notte. Il dossier è dunque definitivamente affossato. Inutile quindi il secondo "sì" del Consiglio degli Stati, che stamattina aveva approvato le garanzie finanziarie della Confederazione con 29 voti contro 5 e 7 astenuti.

Diritto d'urgenza

Concretamente, in questa sessione straordinaria gli Stati e il Nazionale erano chiamati a trasporre nel diritto ordinario i due crediti d'impegno approvati dal governo con il diritto d'urgenza. Come detto, la loro bocciatura non cambierà le carte in tavola, visto che il Consiglio federale ha già sottoscritto accordi vincolanti, dopo aver ottenuto il via libera della Delegazione delle finanze del Parlamento (DelFin). Come sottolineato dalla consigliera federale Karin Keller-Sutter, si tratta di una procedura perfettamente legale, e prevista dalla Costituzione in casi eccezionali. Non si può poi dire che il Parlamento sia stato completamente tagliato fuori, visto che le garanzie hanno ricevuto l'"ok" della DelFin, dove siedono tre "senatori" e tre consiglieri nazionali, tutti membri delle rispettive commissioni delle finanze.

259 miliardi

Il primo credito d'impegno riguarda una garanzia sul rischio di insolvenza di 100 miliardi che la Confederazione metterà a disposizione della BNS. Questo mutuo disporrà di un privilegio in caso di fallimento del Credit Suisse. Ciò significa che il suo rimborso avrà la precedenza sulle pretese di altri creditori (ad eccezione di salari, oneri sociali e alcuni altri impegni privilegiati). Per la sola messa a disposizione di tale strumento statale, la Confederazione incasserà 250 milioni di franchi all'anno. In caso di utilizzo della garanzia sarà applicato un tasso d'interesse del 3%, adattabile alla situazione di mercato, da suddividere tra BNS e Confederazione.

Secondo credito

Il secondo credito riguarda UBS: Berna fornisce una garanzia a UBS per eventuali perdite derivanti dalla vendita degli attivi del Credit Suisse pari a 9 miliardi. Questa garanzia verrebbe applicata solo se le perdite per UBS saranno superiori a 5 miliardi. Da notare infine che alle due garanzie concesse oggi vanno aggiunti l'assistenza straordinaria di liquidità (ELA) di 50 miliardi di franchi richiesta da Credit Suisse alla BNS già il 15 marzo e il sostegno aggiuntivo di liquidità (denominato ELA+) di 100 miliardi liberati il 19 marzo. Questi aiuti non sono garantiti dalla Confederazione, e quindi non sono soggetti ad approvazione da parte del Parlamento. In totale, la Confederazione e la BNS sono quindi esposte per complessivi 259 miliardi.

un anno fa
Caso Credit Suisse
Il Nazionale approva l'entrata in materia sulle garanzie finanziarie da 109 miliardi
Dopo gli Stati anche il Nazionale torna a dibattere sulle garanzie finanziarie per l'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS.

Il Consiglio nazionale è nuovamente entrato in materia oggi sulle garanzie finanziarie della Confederazione, pari a 109 miliardi di franchi, per l'acquisizione del Credit Suisse (CS) da parte di UBS. I due crediti d'impegno - 100 miliardi erogati dalla Banca nazionale svizzera (BNS) al CS sotto forma di prestito coperto da garanzia federale nonché di una garanzia di 9 miliardi di franchi della Confederazione a UBS per ridurre i rischi derivanti dall'acquisizione di alcune attività potenzialmente in perdita - erano in precedenza stati adottati anche dal Consiglio degli Stati. Quest'ultimo stamattina aveva introdotto nel decreto una richiesta al governo di modificare la legge sulle banche per rendere più restrittive le norme sulle banche di rilevanza sistemica. Questa disposizione potrebbe essere sufficiente per convincere la maggioranza del Consiglio nazionale ad approvare il dossier.

Il PS cambia posizione

Il PS, per bocca del suo capogruppo Roger Nordmann (PS/VD), si è detto disposto, contrariamente a ieri, ad accettare i due crediti d'impegno se il Consiglio federale si impegna a rivedere la legge allo scopo di aumentare il capitale proprio delle banche di importanza sistemica e limitare i bonus dei loro dirigenti. Il governo sta già lavorando in questo senso, come del resto previsto dall'accordo internazionale detto "Basilea 3" che mira proprio ad aumentare il capitale proprio delle banche, ha detto Karin Keller-Sutter. Per quel che concerne i bonus, il governo sottoporrà al Parlamento un disegno di legge, ha aggiunto la ministra delle finanze.

un anno fa
Palazzo federale
Gli Stati confermano il sì alle garanzie federali, ma mettono delle condizioni
I senatori hanno chiesto al governo una modifica della legge sulle banche con l'obiettivo di ridurre i rischi per le finanze federali e l'economia legati agli istituti di importanza sistemica.

Il Consiglio degli Stati, durante l'esame delle divergenze, ha nuovamente approvato - con 29 voti contro 5 - le garanzie finanziarie della Confederazione, pari a 109 miliardi di franchi, per l'acquisizione del Credit Suisse (CS) da parte di UBS, inasprendo le condizioni poste per la loro concessione In particolare i senatori hanno chiesto al governo una modifica della legge sulle banche con l'obiettivo di ridurre i rischi per le finanze federali e l'economia legati agli istituti di importanza sistemica. La revisione dovrà esaminare alcune condizioni come un aumento sostanziale del capitale proprio e una limitazione dei bonus per i dirigenti delle banche di importanza sistemica. "Si tratta di costruire un ponte con il Nazionale", ha dichiarato la relatrice della commissione Johanna Gapany (PLR/FR). Ieri sera il Nazionale aveva respinto le garanzie grazie a un'"alleanza contro natura" fra UDC e sinistra. Il PS era disposto ad approvare i crediti, a patto di porre delle condizioni alle banche che ne beneficiano. Resta da vedere se l'aggiunta del Consiglio degli Stati farà cambiare loro idea. Il voto del Nazionale è previsto nel pomeriggio.

Il compromesso

La maggioranza della commissione proponeva addirittura di inserire i nuovi requisiti relativi al capitale e ai bonus direttamente nella modifica della legge. PS, Verdi e alcuni esponenti del Centro si sono schierati a favore di questa soluzione. "Se il Consiglio nazionale respinge i crediti una seconda volta, non potremo riesaminare la proposta", ha dichiarato Erich Ettlin (Centro/OW). Se il Parlamento rifiuta le garanzie sarebbe un pessimo segnale per la piazza finanziaria. Il plenum però si è schierato a favore della soluzione di minoranza proposta da Thomas Hefti (PLR/GL) chiedendo solo un esame dei requisiti, come votato anche dal Nazionale. "Esaminare" consente un po' più di margine di manovra e di varianti, ha detto Hefti. Su richiesta di Thierry Burkart (PLR/AG), il Consiglio degli Stati ha poi esteso il mandato di revisione a tutte le grandi banche di importanza sistemica e non solo quelle private. Anche Postfinance e la Banca cantonale di Zurigo potrebbero rappresentare un rischio, ha detto Burkart.

No al sistema di separazione delle attività bancarie

È stata invece respinta l'emendamento di Lisa Mazzone (Verdi/GE) che chiedeva di includere nel mandato anche un sistema di separazione della attività bancarie. "Le banche devono tornare a essere ciò che erano prima, ovvero fornitori di finanziamenti per le infrastrutture future. Non sono lì per fare soldi con i soldi", ha detto. Le attività di investimento a rischio e le attività di prestito necessarie per l'economia devono essere separate, ha aggiunto. In questo modo il fallimento delle prime non causerà il fallimento anche delle altre attività. La proposta è stata bocciata di misura con 22 voti contro 19.

un anno fa
Palazzo federale
"Bisogna esaminare il caso Credit Suisse anche dal profilo economico"
Il Consiglio nazionale- con 127 voti contro 43 - ha approvato un serie di postulati della Commissione dell'economia e dei tributi che chiede di esaminare il "caso Credit Suisse" anche sotto un profilo dell'economia nazionale.

Il "caso Credit Suisse" dovrà essere esaminato anche sotto un profilo più economico. Lo ha deciso il Consiglio Nazionale approvando - 127 voti contro 43 - con una serie di postulati della Commissione dell'economia e dei tributi. Il Consiglio federale dovrà esaminare l'importanza della fusione fra UBS e CS per l'economia nazionale. Dovrà spiegare come si possono garantire e rafforzare ulteriormente i vantaggi per l'economia svizzera e il settore delle esportazioni e se è necessario intervenire a livello di competenze, risorse o strumenti supplementari dell'autorità della concorrenza. La Commissione della concorrenza (COMCO) inoltre dovrà procedere a un'analisi corretta della fusione. L'esecutivo dovrà pure mettere a confronto gli strumenti della Banca nazionale svizzera con quelli di altre banche centrali ed elaborare proposte su come potrebbero essere ampliati. Dovrà anche illustrare quali modifiche devono essere apportate alla legislazione "too big to fail" affinché il caso CS non si ripeta per una banca di rilevanza sistemica nel caso di corsa agli sportelli.

Vanno approfondite le cause della crisi di Credit Suisse

Sono necessari inoltre uno o più studi che analizzino le ulteriori cause che possono aver condotto al fallimento di Credit Suisse e contribuito alla destabilizzazione dei mercati finanziari, in particolare gli effetti dell'incremento dei tassi di interesse, la tipologia dei crediti concessi da Credit Suisse, gli effetti di operazioni speculative con prodotti derivati, il ruolo del trading algoritmico, del trading ad alta frequenza, delle agenzie di rating e degli organi di revisione. Infine il governo dovrà illustrare quali interventi regolatori possono entrare in considerazione per le banche di rilevanza sistemica e come vanno valutatele loro ripercussioni. Nel postulato si citano in particolare lo scorporo della parte bancaria nazionale, della parte relativa agli affari d'investimento internazionali o di altri comparti commerciali rischiosi, prescrizioni più rigorose o un eventuale divieto delle operazioni per proprio conto, la compensazione differenziata dei rischi da parte delle banche di rilevanza sistemica per la garanzia statale, il rafforzamento delle competenze e dei doveri della FINMA e norme più severe in materia di responsabilità per gli organi decisionali.

un anno fa
Consiglio nazionale
Approvato il "postulato mantello" della Commissione finanze
Tra le richieste del Nazionale quella per cui il Consiglio federale dovrà riferire al Parlamento in merito alle ripercussioni giuridiche, di politica istituzionale e finanziarie dell'integrazione di Credit Suisse in UBS avvenuta grazie a garanzie della Confederazione.

Con 123 voti contro 43 e 5 astensioni il Consiglio nazionale ha approvato un postulato presentato dalla Commissione delle finanze che raggruppa un serie di interrogativi sorti durante l'esame del progetto di aggiunta al preventivo riguardante le garanzie per la fusione di CS e UBS. Il testo parte dalla constatazione che prima di intervenire sarebbe saggio avere delle risposte, ha spiegato il relatore Alex Farinelli (PLR/TI). Abbiamo così elaborato questo "postulato mantello" che contiene varie richieste.

Le richieste

Il Consiglio federale dovrà riferire al Parlamento in merito alle ripercussioni giuridiche, di politica istituzionale e finanziarie dell'integrazione di Credit Suisse in UBS avvenuta grazie a garanzie della Confederazione e valutare le ripercussioni di una gestione statale temporanea della crisi del CS. Dovrà anche valutare la riduzione dei rischi delle banche di rilevanza sistemica per le finanze federali e l'economia svizzera e restrizioni legali delle componenti salariali variabili per i membri del consiglio d'amministrazione, della direzione e degli organi di controllo o di altre categorie di personale di questi istituti. Anche il divieto di pagamento di rimunerazioni variabili agli alti dirigenti delle banche oggetto di una fusione negli anni in cui è fatto ricorso completamente o in parte a una garanzia della Confederazione dovrà essere preso in considerazione. Le altre richieste contenute nel testo riguardano la possibilità di intentare azioni di responsabilità nei confronti degli organi di Credit Suisse, obiettivi di sostenibilità in caso di aiuti statali straordinari per le imprese private, l'aumento della quota di capitale proprio delle banche di rilevanza sistemica e l'introduzione di un sistema bancario separato che preveda lo scorporo della banca d'investimento dalla banca commerciale.

un anno fa
Camere federali
"Bisogna analizzare le questioni legali legate al caso Credit Suisse"
Per il Consiglio nazionale La legge "too big to fail" non è stata attuata nel caso di Credit Suisse, per questo la Commissione degli affari giuridici ha elaborato tre postulati.

È necessario fare luce su alcune questioni legali in relazione al caso Credit Suisse. Il Consiglio nazionale ha approvato tacitamente un pacchetto di postulati della Commissione degli affari giuridici in questo senso. La relatrice Christa Markwalder (PLR/BE) ha sottolineato l'importanza della certezza del diritto. La legge "too big to fail" non è stata attuata nel caso di Credit Suisse, per questo la commissione ha elaborato tre postulati. Il primo chiede di redigere un rapporto sulle basi legali e i limiti del diritto di necessità a cui ha fatto ricorso il Consiglio federale. Il governo è pure stato incaricato di effettuare un esame legale - dal profilo civile, penale e di diritto pubblico - per accertare le responsabilità dei precedenti e attuali organi direttivi di Credit Suisse. Un terzo rapporto dovrà esaminare, alla luce quanto accaduto con Credit Suisse, l'applicabilità effettiva, l'efficacia e la ragion d'essere della normativa "too big to fail" per le grandi banche internazionali. In particolare dovrà stabilire se la pianificazione d'urgenza volta a salvare le funzioni di importanza sistemica per la Svizzera costituisca uno strumento idoneo ai fini della stabilità del sistema internazionale.

un anno fa
Palazzo federale
Il Nazionale boccia i 109 miliardi di garanzia
Sinistra e UDC si sono uniti e hanno respinto con 102 voti contro 71 e 2 astensioni alla Camera bassa le garanzie finanziarie da 109 miliardi date dalla Confederazione a UBS per l'acquisizione di Credit Suisse. Gli Stati l'avevano approvato.

Dopo un lungo dibattito, un'alleanza sinistra-UDC ha respinto al Consiglio nazionale le garanzie finanziarie della Confederazione, pari a 109 miliardi di franchi, per l'acquisizione del Credit Suisse (CS) da parte di UBS. In precedenza gli Stati le avevano invece approvate. I due crediti d'impegno - 100 miliardi erogati dalla Banca nazionale svizzera (BNS) al CS sotto forma di prestito coperto da garanzia federale nonché di una garanzia di 9 miliardi di franchi della Confederazione a UBS per ridurre i rischi derivanti dall'acquisizione di alcune attività potenzialmente in perdita - sono stati approvati dagli Stati con 29 voti contro 6 e 7 astenuti. Il "niet" del Nazionale è giunto con 102 voti contro 71 e 2 astensioni. Il dossier torna ora ai "senatori", che si riuniranno già domani alle 08.15.

Un passo necessario

In apertura di seduta, i relatori commissionali delle due camere, Johanna Gapany (PLR/FR) per la Commissione delle finanze degli Stati (CdF-S) e Alex Farinelli (PLR/TI) per quella del Nazionale (CdF-N), hanno brevemente ricordato le tappe che hanno portato alla situazione attuale. Per Gapany il salvataggio di Credit Suisse era un passo necessario: in caso di fallimento della banca le ripercussioni per l'economia svizzera sarebbero ammontate, nella migliore delle ipotesi, a 146 miliardi di franchi. Molte PMI dipendono dal Credit Suisse: il 20% dell'economia sarebbe stata colpita, ha aggiunto da parte sua il "senatore" Olivier Français (PLR/VD). Sottolineando come il Credit Suisse abbia commesso gravi errori e corso rischi insostenibili, il vodese ha detto che il Consiglio federale ha fatto bene a ricorre al diritto d'urgenza. "Con il diritto ordinario - ha spiegato - non sarebbe stato possibile salvare il CS". La consigliera federale Karin Keller-Sutter e i suoi collaboratori hanno fatto un ottimo lavoro, ha aggiunto il consigliere agli Stati Benedikt Würth (Centro/SG).

un anno fa
sessione straordinaria
Gli Stati approvano le garanzie finanziarie per CS-UBS
© Servizi del Parlamento
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La maggioranza dei parlamentari ha dato luce verde ai 109 miliardi di franchi come garanzia per l'acquisizione della banca da parte di UBS.

Il Consiglio degli Stati ha approvato oggi - con 29 voti contro 6 e 7 astenuti - le garanzie finanziarie della Confederazione, pari a 109 miliardi di franchi, per l'acquisizione del Credit Suisse (CS) da parte di UBS. Il dossier passa ora al Consiglio nazionale che si riunirà tra poco (con seduta "open end"). Durante le discussioni, molti "senatori" hanno lodato le autorità per aver agito a tempo di record. Non sono però mancate le critiche al CS, e in particolare ai suoi dirigenti. Molte questioni rimangono inoltre aperte, in particolare sulle norme "too big to fail". 

Un passo necessario

In apertura di seduta, la relatrice della Commissione delle finanze (CdF) Johanna Gapany (PLR/FR) ha ricordato il carattere straordinario di questa sessione. "Ci troviamo in una situazione che dal 2008 il Parlamento ha voluto evitare, in particolare con le regolamentazioni dette 'too big to fail'". Per Gapany il salvataggio di Credit Suisse era un passo necessario: in caso di fallimento della banca le ripercussioni per l'economia svizzera sarebbero ammontate, nella migliore delle ipotesi, a 146 miliardi di franchi.

Molte PMI dipendono dal Credit Suisse: il 20% dell'economia sarebbe stata colpita, ha aggiunto da parte sua Olivier Français (PLR/VD). Sottolineando come il Credit Suisse abbia commesso gravi errori e corso rischi insostenibili, il vodese ha detto che il Consiglio federale ha fatto bene a ricorre al diritto d'urgenza. "Con il diritto ordinario - ha spiegato - non sarebbe stato possibile salvare il CS". La consigliera federale Karin Keller-Sutter e i suoi collaboratori hanno fatto un ottimo lavoro, ha aggiunto Benedikt Würth (Centro/SG).

Adèle Thorens (Verdi/VS) ha da parte sua evocato la lunga lista degli scandali che hanno coinvolto il Credit Suisse. Per l'ecologista, "quello che deve sorprendere non è la crisi del CS ma il fatto che c'erano ancora persone disposte a concedere fiducia a una banca dove l'incompetenza e l'assenza di scrupoli erano alla luce del giorno". In questo contesto il sostegno della Confederazione è una aberrazione morale e un distorsione del liberalismo.

Marco Chiesa (UDC/TI) ha criticato i manager del CS che, incassando bonus sempre più giganteschi, hanno voluto allargare il loro raggio d'azione "perdendo così l'anima svizzera" della banca. In questo modo "il CS ha letteralmente perso il suo credito presso gli investitori e con esso anche la sua credibilità".

Alcuni "senatori" si sono poi detti preoccupati dalla dimensione della nuova UBS. Per Hansjörg Knecht (UDC/AG) ciò rappresenta un enorme rischio per la Svizzera. La manovra ha generato un "mostro bancario", ha detto Carlo Sommaruga (PS/GE). Per Olivier Français andrebbe studiata l'eventualità di separare le attività svizzere del Credit Suisse.

Poco margine di manovra

Illustrando le scelte che oggi il Parlamento è chiamato a prendere, la relatrice commissionale Gapany ha poi spiegato che qualsiasi decisione venga presa, le garanzie finanziarie della Confederazione di 109 miliardi di franchi saranno in ogni caso erogate. Il Consiglio federale, dopo aver avuto il via libera della Delegazione delle finanze del Parlamento, ha infatti preso, in accordo con l'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) e la Banca nazionale (BNS), degli impegni "giuridicamente vincolanti", ha ricordato la relatrice della CdF. Il margine di manovra del Parlamento è insomma limitato alle condizioni che la Confederazione può esigere dalle due banche.

In futuro maggiore voce in capitolo

A tal proposito, i "senatori" hanno deciso senza voti contrari che la Segreteria generale del Dipartimento delle finanze dovrà esaminare "in maniera approfondita le possibilità di azioni in materia di responsabilità contro le istanze dirigenti di Credit Suisse". Con 28 voti contro 14 la Camera ha inoltre stabilito che eventuali garanzie supplementari non potranno essere concesse tramite procedura urgente. Gli ex dirigenti del Credit Suisse devono rispondere delle loro azioni, ha sostenuto Olivier Français. "Dovrebbero restituire i bonus ricevuti e non dovrebbero riceverne altri", ha aggiunto. Più in generale, la "non scelta" lasciata al Parlamento è stata fortemente criticata da Hansjörg Knecht (UDC/AG). "Non è accettabile che Consiglio nazionale e degli Stati possano solo approvare i crediti; in futuro il Parlamento dovrà avere maggiore voce in capitolo", ha sostenuto.

Aggiornare il "too big to fail"

Ciò passa per la modifica delle disposizioni "too big to fail", hanno affermato vari oratori. Non c'è però unanimità sulla velocità con la quale adottare le riforme. Per la sinistra e l'UDC vanno fatte rapidamente: "Il Consiglio federale deve fare una prima analisi entro l'estate", ha sostenuto Jakob Stark (UDC/TG). Secondo Adèle Thorens è chiaro che le misure prese dopo il dissesto di UBS nel 2008 sono risultate alla luce dei fatti "chiaramente insufficienti". Una visione condivisa da Marco Chiesa che non ha esitato a parlare di "corresponsabilità dei politici". Per il ticinese ora l'esecutivo deve fare in modo che non ci siano più aziende "too big to fail": un'impresa deve poter fallire senza trascinare la Svizzera o il mondo intero nel baratro, ha sostenuto. "Bisogna mantenere il sangue freddo", ha replicato Olivier Français. Per Thomas Hefti (PLR/GL) non si deve cadere in una frenesia legislativa: "la colpa della crisi non è dei politici, ma del CS", ha sottolineato. Da parte sua, Benedikt Würth si è chiesto quale margine di manovra abbia la Svizzera, dato che le regolamentazioni del settore bancario dipendono anche dalle disposizioni prese a livello internazionale.

209 miliardi

Concretamente, oggi gli Stati - e poi il Nazionale - erano chiamati ad esprimersi su due crediti. Il primo riguarda una garanzia sul rischio di insolvenza di 100 miliardi che la Confederazione metterà a disposizione della BNS. Questo mutuo disporrà di un privilegio in caso di fallimento del Credit Suisse. Ciò significa che il suo rimborso avrà la precedenza sulle pretese di altri creditori (ad eccezione di salari, oneri sociali e alcuni altri impegni privilegiati). L'altro credito riguarda UBS: Berna fornisce una garanzia a UBS per eventuali perdite derivanti dalla vendita degli attivi del Credit Suisse pari a 9 miliardi. Questa garanzia verrebbe applicata solo se le perdite per UBS sarebbero superiori a 5 miliardi.

Chi ha cercato di bocciare i crediti

Al voto, la sinistra ha bocciato, invano, la concessione dei crediti. Carlo Sommaruga ha denunciato il fatto che le condizioni poste per il salvataggio non contengono alcuna garanzia a favore del personale. Il socialista ha anche denunciato la svendita del Credit Suisse a UBS: "una privatizzazione degli utili e una socializzazione delle perdite". Da parte sua Thomas Minder (SH/indipendente) ha chiesto la stralcio della garanzia di 9 miliardi per UBS. Per lo sciaffusano, che ha ricordato come lo scorso anno l'istituto abbia realizzato utili per 7,6 miliardi di dollari, la banca può benissimo assorbire da sola eventuali perdite. Con 29 voti contro 6 e 7 astenuti, la maggioranza dei "senatori" non ha però voluto seguirlo.

Quei 50 milioni in più

Da notare infine che alle due garanzie concesse oggi vanno aggiunti l'assistenza straordinaria di liquidità (ELA) di 50 miliardi di franchi richiesta da Credit Suisse alla BNS già il 15 marzo e il sostegno aggiuntivo di liquidità (denominato ELA+) di 100 miliardi liberati il 19 marzo. Questi aiuti non sono garantiti dalla Confederazione, e quindi non sono soggetti ad approvazione da parte del Parlamento. In totale, la Confederazione e la BNS sono quindi esposte per complessivi 259 miliardi.

un anno fa
Le condizioni
Sui 109 miliardi i Verdi pongono alcune condizioni, l'UDC è per il "No"
Gli ecologisti approveranno i crediti supplementari solo se legati a obiettivi di sostenibilità. Per i democentristi "il Consiglio federale e l'Autorità di vigilanza sui mercati finanziari non hanno fatto il loro lavoro".

PS e Verdi approveranno la garanzie finanziarie di 109 miliardi di franchi per il salvataggio del Credit Suisse solo a determinate condizioni. Secondo i Verdi, è indispensabile collegare la garanzia a criteri di sostenibilità. Il gruppo parlamentare UDC invece è intenzionato a bocciarli. "Se il clima fosse una banca, il Consiglio federale l'avrebbe già salvato da tempo", ha dichiarato il presidente dei Verdi Balthasar Glättli. L'aspetto ambientale è stato "messo in secondo piano" nel salvataggio delle banche. I Verdi quindi approveranno i crediti supplementari solo se legati a obiettivi di sostenibilità. Per il futuro è necessaria una base giuridica che garantisca che i salvataggi statali possano essere effettuati solo a queste condizioni, hanno aggiunto.

La posizione del PS

Anche il gruppo parlamentare del PS intende approvare le garanzie federali solo a una condizione: il Parlamento dovrebbe esigere una nuova regolamentazione immediatamente, in modo che un caso come quello del CS non possa più verificarsi. "Non siamo disposti a chiudere gli occhi", ha twittato il copresidente del PS Cédric Wermuth.

E quella dell'UDC

Il gruppo parlamentare UDC ha deciso invece di votare contro gli impegni finanziari. Il regolamento "too big to fail" adottato a seguito del salvataggio di UBS non ha funzionato. E il Consiglio federale e l'autorità di vigilanza sui mercati finanziari Finma non hanno fatto il loro lavoro, affermano i democentristi. Ora l'esecutivo deve fare in modo che non ci siano più aziende "troppo grandi per fallire": un'impresa deve poter fallire "senza trascinare la Svizzera o il mondo intero nel baratro". L'UDC intende quindi presentare due mozioni in questo senso durante l'attuale sessione.

un anno fa
Camere federali
Iniziato il dibattito agli Stati sui 109 miliardi di garanzia per l'acquisizione di CS
Per la relatrice della Commissione delle finanze "il salvataggio di Credit Suisse era necessario perché n caso di fallimento della banca le ripercussioni per l'economia svizzera sarebbero ammontate, nella migliore delle ipotesi, a 146 miliardi di franchi".

È in corso al Consiglio degli Stati il dibattito sulla concessione da parte della Confederazione delle garanzie finanziarie, pari a 109 miliardi di franchi, per l'acquisizione di Credit Suisse (CS) da parte di UBS. Se molti "senatori" hanno lodato le autorità per aver agito a tempo di record, non sono mancate le critiche a CS, e in particolare ai suoi dirigenti. Molte questioni rimangono inoltre aperte, in particolare sulle norme "too big to fail". In apertura di seduta, la relatrice della Commissione delle finanze (CdF) Johanna Gapany (PLR/FR) ha ricordato il carattere straordinario di questa sessione. "Ci troviamo in una situazione che dal 2008 il Parlamento ha voluto evitare, in particolare con le regolamentazioni dette 'too big to fail'".

"Il fallimento avrebbe avuto conseguenze per 146 miliardi"

Per Gapany il salvataggio di Credit Suisse era un passo necessario: in caso di fallimento della banca le ripercussioni per l'economia svizzera sarebbero ammontate, nella migliore delle ipotesi, a 146 miliardi di franchi. Molte PMI dipendono dal Credit Suisse: il 20% dell'economia sarebbe stata colpita, ha aggiunto da parte sua Olivier Français (PLR/VD). Sottolineando come il Credit Suisse abbia commesso gravi errori e corso rischi insostenibili, il vodese ha detto che il Consiglio federale ha fatto bene a ricorre al diritto d'urgenza. "Con il diritto ordinario - ha spiegato - non sarebbe stato possibile salvare il CS". La Consigliera federale Karin Keller-Sutter e i suoi collaboratori hanno fatto un ottimo lavoro, ha aggiunto Benedikt Würth (Centro/SG). Adèle Thorens (Verdi/VS) ha da parte sua evocato la lunga lista degli scandali che hanno coinvolto il Credit Suisse. Per l'ecologista, "quello che deve sorprendere non è la crisi del CS ma il fatto che c'erano ancora persone disposte a concedere fiducia a una banca dove l'incompetenza e l'assenza di scrupoli erano alla luce del giorno". In questo contesto il sostegno della Confederazione è una aberrazione morale e un distorsione del liberalismo. Alcuni "senatori" si sono poi detti preoccupati dalla dimensione della nuova UBS. Per Hansjörg Knecht (UDC/AG) ciò rappresenta un enorme rischio per la Svizzera.

Poco margine di manovra

Illustrando le scelte che oggi il Parlamento è chiamato a prendere, la relatrice commissionale Gapany ha spiegato che qualsiasi decisione prenderà, le garanzie finanziarie della Confederazione di 109 miliardi di franchi saranno in ogni caso erogate. Il Consiglio federale, dopo aver avuto il via libera della Delegazione delle finanze del Parlamento, ha infatti preso, in accordo con l'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) e la Banca nazionale (BNS), degli impegni "giuridicamente vincolanti", ha ricordato la relatrice della CdF. Il margine di manovra del Parlamento è insomma limitato alle condizioni che la Confederazione può esigere dalle due banche. A tal proposito, la CdF propone che la Segreteria generale del Dipartimento delle finanze esamini "in maniera approfondita le possibilità di azioni in materia di responsabilità contro le istanze dirigenti di Credit Suisse". Inoltre, la commissione vorrebbe che eventuali garanzie supplementari non possano essere concesse tramite procedura urgente.

Il dibattito scalda gli animi

Più in generale, la "non scelta" lasciata al Parlamento è stata fortemente criticata da Hansjörg Knecht (UDC/AG). "Non è accettabile che Consiglio nazionale e degli Stati possano solo approvare i crediti; in futuro il Parlamento dovrà avere maggiore voce in capitolo", ha sostenuto. Ciò passa per la modifica delle disposizioni "too big to fail", hanno affermato vari oratori. Non c'è però unanimità sulla velocità con la quale adottare le riforme. Per la sinistra e l'UDC vanno fatte rapidamente: "il Consiglio federale deve fare una prima analisi entro l'estate", ha sostenuto Jakob Stark (UDC/TG). "È chiaro che le misure prese dopo il dissesto di UBS nel 2008 sono risultate alla luce dei fatti chiaramente insufficienti", ha detto Adèle Thorens. "Bisogna mantenere il sangue freddo", ha replicato Olivier Français. Per Thomas Hefti (PLR/GL) non si deve cadere in una frenesia legislativa: "la colpa della crisi non è dei politici, ma del CS", ha sottolineato. Da parte sua, Benedikt Würth si è chiesto quale margine di manovra abbia la Svizzera, dato che le regolamentazioni del settore bancario dipendono anche dalle disposizioni prese a livello internazionale.

259 miliardi

Concretamente, oggi gli Stati - e poi il Nazionale - sono chiamati ad esprimersi su due crediti. Il primo riguarda una garanzia sul rischio di insolvenza di 100 miliardi che la Confederazione metterà a disposizione della BNS. Questo mutuo disporrà di un privilegio in caso di fallimento del Credit Suisse. Ciò significa che il suo rimborso avrà la precedenza sulle pretese di altri creditori (ad eccezione di salari, oneri sociali e alcuni altri impegni privilegiati). L'altro credito riguarda UBS: Berna fornisce una garanzia a UBS per eventuali perdite derivanti dalla vendita degli attivi del Credit Suisse pari a 9 miliardi. Questa garanzia verrebbe applicata solo se le perdite per UBS sarebbero superiori a 5 miliardi. Da notare che a questi due crediti vanno aggiunti l'assistenza straordinaria di liquidità (ELA) di 50 miliardi di franchi richiesta da Credit Suisse alla BNS già il 15 marzo e il sostegno aggiuntivo di liquidità (denominato ELA+) di 100 miliardi liberati il 19 marzo. Questi aiuti non sono garantiti dalla Confederazione. In totale, la Confederazione e la BNS sono quindi esposte per complessivi 259 miliardi.

Le discussioni proseguono. Secondo l'ordine del giorno, gli Stati dovrebbero concludere la prima lettura del decreto federale entro le 15.00. In seguito - dalle 17.15 con seduta "open end" - si riunirà il Consiglio nazionale.

un anno fa
Economia sostenibile
Actares chiede un freno ai compensi dei manager: "Swiss Re sia da esempio"
L'associazione di azionisti per un'economia sostenibile avanza delle richieste anche nei confronti dell'ormai ex presidente di Swiss Re, Sergio Ermotti, nel suo nuovo ruolo di CEO di UBS.

Actares, associazione di azionisti per un'economia sostenibile, ritiene che Swiss Re abbia il dovere di essere più incisiva nel limitare le remunerazioni dei manager. Il secondo gruppo riassicurativo al mondo dovrebbe assumersi le proprie responsabilità in tal senso visto il suo ruolo di "decano" della piazza finanziaria. In un comunicato diramato oggi, Actares spende anche parole positive per Swiss Re, che terrà tra l'altro domani la propria assemblea generale. In particolare, applaude gli obiettivi climatici raggiunti e la maggiore percentuale di donne nel consiglio d'amministrazione (cda).

Ritorno al passato

Tuttavia, secondo l'organizzazione, la società, pur non facendo parte dei colpevoli peggiori, "oltrepassa nettamente i limiti accettabili" in materia di retribuzione dei dirigenti. Actares spera dunque che Swiss Re dia il buon esempio, tornando alle paghe ragionevoli che venivano versate in passato.

Le richieste a Sergio Ermotti, ex presidente di Swiss Re

Actares chiede inoltre a Sergio Ermotti, che ha recentemente abbandonato la carica di presidente del cda di Swiss Re per tornare a guidare UBS, di avere "mano ferma" nell'integrare Credit Suisse in quello che si appresta a diventare un colosso bancario. Il ticinese, che era entrato nell'organo di sorveglianza del gruppo riassicurativo due anni fa, aveva incassato nel 2021 compensi per 3,8 milioni di franchi.

un anno fa
Sessione straordinaria
"Era la migliore soluzione attuabile per evitare la crisi"
È quanto ha affermato Alain Berset, presidente della Confederazione, in apertura di seduta.

Il Consiglio federale ha cercato la migliore soluzione per evitare una crisi finanziaria dagli effetti incalcolabili che il fallimento del Credit Suisse avrebbe scatenato. Lo ha detto il presidente della Confederazione, Alain Berset, al Consiglio degli Stati in apertura della Sessione straordinaria. Quindici anni dopo il salvataggio di UBS, il governo è stato di nuovo obbligato ad intervenire per evitare effetti devastanti sulla piazza finanziaria svizzera e internazionale e sulla prosperità economica della Svizzera.

"Era la soluzione migliore"

Sono state esaminate diverse opzioni, ha ricordato Berset. La nazionalizzazione della grande banca è stata scartata perché avrebbe fatto pesare rischi incalcolabili sulla Confederazione e sui contribuenti, avrebbe posto questione sulle capacità di esecuzione e non avrebbe permesso di ristabilire la fiducia nel management. Anche il fallimento del CS non era una soluzione praticabile visto che avrebbe avuto ripercussioni sui privati e sulle imprese. Nei giorni precedenti il finesettimana del 18 e 19 marzo è apparso chiaro che il risanamento della banca non sarebbe stato sufficiente, la ripresa del CS da parte di UBS è quindi apparsa come la migliore soluzione per ristabilire fiducia dei mercati. La perdita di fiducia nel Credit Suisse non è avvenuta in una notte, è stata progressiva. È chiaro che i responsabili non sono stati capaci di trarre lezioni dalla crisi finanziaria del 2008 e di assumersi le loro responsabilità, ha aggiunto il presidente della Confederazione ricordando le migliaia di dipendenti che perderanno il lavoro con la fusione dei due istituti.

Legge ad hoc per la nuova UBS

Il Consiglio federale accoglie con favore questa Sessione straordinaria delle Camere e ritiene necessaria un'ampia discussione sulle cause che hanno portato a questo nuovo salvataggio e sulle conseguenze. In particolare sarà necessario adattare la legislazione "too big to fail" alle dimensione della nuova banca che nascerà dopo l'integrazione di CS in UBS. "Viviamo in un'epoca in cui ciò che era ovvio non lo è più", ha aggiunto Berset, ricordando la pandemia di coronavirus e l'invasione russa dell'Ucraina. In questo contesto, è ancora più importante preservare la fiducia nelle istituzioni, la loro stabilità o il comune senso di responsabilità".

un anno fa
Svizzera
Iniziato il dibattito agli Stati
La relatrice della Commissione delle finanze ha ricordato che qualsiasi decisione verrà presa "le garanzie finanziarie della Confederazione di 109 miliardi di franchi saranno in ogni caso erogate".

È in corso al Consiglio degli Stati il dibattito sulla concessione da parte della Confederazione delle garanzie finanziarie, pari a 109 miliardi di franchi, per l'acquisizione di Credit Suisse (CS). In apertura di seduta, la relatrice della Commissione delle finanze (CdF) Johanna Gapany (PLR/FR) ha ricordato il carattere straordinario di questa sessione. "Ci troviamo in una situazione che dal 2008 il Parlamento ha voluto evitare, in particolare con le regolamentazioni dette 'too big to fail'". Per Gapany il salvataggio di Credit Suisse era un passo necessario: in caso di fallimento della banca le ripercussioni per l'economia svizzera sarebbero ammontate, nella migliore delle ipotesi, a 146 miliardi di franchi. Illustrando le scelte che oggi il Parlamento è chiamato a prendere, la relatrice della CdF ha spiegato che qualsiasi decisione prenderà, le garanzie finanziarie della Confederazione di 109 miliardi di franchi saranno in ogni caso erogate.

Il Consiglio federale, dopo aver avito il via libera della Delegazione delle finanze del Parlamento, ha infatti preso, in accordo con l'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) e la Banca nazionale (BNS), degli impegni "giuridicamente vincolanti". Il margine di manovra del Parlamento è insomma limitato alle condizioni che la Confederazione può esigere dalle due banche.

Le discussioni proseguono. Secondo l'ordine del giorno, gli Stati dovrebbero concludere la prima lettura del decreto federale entro le 15.00. In seguito - dalle 17.15 con seduto "open end" - si riunirà il Consiglio nazionale.

un anno fa
La proposta
Associazione consumatori: "Bisogna rafforzare la garanzia dei depositi delle banche"
©Gabriele Putzu
©Gabriele Putzu
A chiederlo, a seguito del caso Credit Suisse, è la Fondazione per la protezione dei consumatori.

A seguito del caso Credit Suisse (CS), la garanzia dei depositi delle banche svizzere va massicciamente rafforzata. Lo chiede la Fondazione per la protezione dei consumatori (SKS), secondo cui in questo modo il sistema sarebbe più stabile e si eviterebbero future crisi di fiducia. "Se vogliamo fare a meno di misure di sostegno del governo in caso di altre crisi bancarie, gli istituti stessi devono garantire la propria stabilità", afferma, citata in una nota odierna, la direttrice della SKS Sara Stalder. Attualmente, la funzione principale della garanzia dei depositi è assicurare che i risparmiatori possano accedere rapidamente ai loro soldi se una banca di piccole o medie dimensioni dovesse fallire.

Sottodimensionato

Tuttavia, nel caso in cui un istituto di importanza sistemica dovesse trovarsi in difficoltà, il sistema di protezione sarebbe sottodimensionato, fa notare l'organizzazione svizzerotedesca. "Per questo motivo non crea abbastanza fiducia come misura preventiva e lo Stato deve intervenire", continua Stalder. Qualora dovesse verificarsi un fallimento, sarebbero in particolare protetti i risparmi fino a 100'000 franchi. Inoltre, esiste l'associazione Esisuisse, gestita congiuntamente dalle banche, che è responsabile della garanzia dei depositi. Attualmente, i fondi di questo ente devono ammontare all'1,6% di tutti i depositi garantiti degli istituti affiliati, ovvero a 8 miliardi di franchi. Per una tutela credibile dei risparmi, tale quota non è però sufficiente, evidenzia Stalder.

La Sks vuole una revisione delle regole del too big to fail

All'origine di queste richieste vi è la crisi di CS, che, in preda a un crollo della fiducia da parte di clientela e investitori, ha dovuto affrontare un forte deflusso di fondi e quindi gravi problemi di liquidità. La successiva acquisizione del numero due bancario elvetico da parte della concorrente UBS è oggetto di una sessione straordinaria del Parlamento che si apre proprio oggi. In relazione a questa vicenda, la SKS domanda anche una revisione delle norme "too big to fail" e l'obbligo di rinunciare ai bonus per i manager di Credit Suisse.

un anno fa
Camere federali
Tre giorni di sessione straordinaria dedicata alla crisi di Credit Suisse
©CDT/TatianaScolari
©CDT/TatianaScolari
Da oggi fino a mercoledì le camere federali discuteranno dell’acquisizione di Credit Susse da parte di UBS e del prestito di 109 miliardi dati dalla BNS. La questione di una Commissione Parlamentare d’Inchiesta non è all’ordine del giorno.

Il crollo di Credit Suisse e la sua acquisizione da parte di UBS approdano sui banchi di Consiglio degli Stati e Nazionale per una sessione straordinaria del parlamento di tre giorni, dove le due Camere si riuniranno a turno, ma mai contemporaneamente. Le discussioni, se il programma verrà rispettato, termineranno domani sera, o giovedì mattina se sarà necessario ricorrere a una conferenza di conciliazione. Da oggi fino al 13 aprile Camera dei Cantoni e del Popolo dovranno anche approvare le garanzie della Confederazione sui 109 miliardi prestati dalla BNS per portare a termine l'operazione. La Delegazione delle finanze (DelFin, una delegazione permanente delle Commissioni delle finanze delle Camere federali) ha approvato le garanzie lo stesso giorno in cui è stato annunciato il salvataggio di CS, lo scorso 19 marzo. Le due Camere non hanno scelta: un rifiuto non avrebbe alcun effetto legale. La questione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla vicenda non è all'ordine del giorno: gli Uffici dei due Consigli non hanno ancora raggiunto un accordo. 

Le posizioni critiche di PS e UDC

Il sì socialista al credito, ha spiegato il capogruppo Roger Nordmann alla "Tribune de Genève", dipende da una condizione: il Parlamento deve approvare un pacchetto di quattro mozioni non all'ordine del giorno presentate dal Partito Socialista prima della vicenda inerente Credit Suisse e ancora in sospeso alla Camera del popolo dove si chiede di autorizzare l'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (Finma) a infliggere sanzioni efficaci agli istituti finanziari che commettono infrazioni, fissare esigenze in materia di fondi propri più elevate per le grandi banche attive a livello globale e vietare i bonus per le banche di rilevanza sistemica. Nelle prossime ore, per quanto riguarda l'UDC, il gruppo parlamentare dovrebbe decidere se approvare o meno i crediti concessi dalla BNS, ma molto dipende dalla disponibilità del Consiglio federale a migliorare le regole per gli istituti "too big to fail", alle garanzie fornite dal governo per approfondire le responsabilità dei dirigenti di Credit Suisse sul fallimento dell'istituto e a come recuperare i bonus già versati.

"Non bisogna agitare le acque"

Il Parlamento "deve dare una chiara conferma di quanto deciso e non lanciare segnali che mettano in discussione la solidità e la credibilità dell’intervento per evitare il dissesto della banca", ha detto al Corriere del Ticino Alex Farinelli (PLR), relatore e membro della Commissione delle finanze. "Non bisogna caricare nemmeno questa sessione di significati che non ha, perché non si decidono cambiamenti legislativi", ha continuato il consigliere nazionale. Mentre per evitare il ripetersi di una situazione simile Farinelli ha le idee chiare: "Ora non si può dare una soluzione. I diversi aspetti di questa vicenda non sono ancora stati indagati a fondo. Non si può prescrivere una cura prima ancora di aver verificato che cosa è successo ed effettuato una diagnosi. È compito soprattutto del Parlamento trovare i correttivi normativi, ma bisogna avere l’umiltà di fare un’analisi prima di decidere".

Il rapporto di acquisizione entro un anno

Il Consiglio federale si è impegnato a presentare entro un anno un rapporto sull'acquisizione di Credit Suisse (CS) da parte di UBS. Il governo raccomanda l'adozione di dieci postulati in questo senso presentati da varie commissioni parlamentari. L'analisi affronterà diversi temi, tra cui la norma too big to fail. Il Consiglio federale ritiene che gli eventi che hanno portato all'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS e le misure adottate dalla Confederazione debbano essere esaminati in modo approfondito, scrive l'esecutivo nella sua risposta ai postulati pubblicata la scorsa settimana. Le conclusioni saranno presentate al parlamento entro un anno in occasione della pubblicazione del prossimo rapporto del Consiglio federale sulle banche di rilevanza sistemica. Nel documento figureranno analisi esterne. Vi troveranno risposta le domande sollevate nei postulati, promette l'esecutivo. All'origine degli atti parlamentari vi sono la Commissione dell'economia e dei tributi del Consiglio nazionale (CET-N), le Commissioni delle finanze (CdF) dei due rami del parlamento nonché la Commissione degli affari giuridici della Camera del popolo (CAG-N). I deputati vogliono evitare il ripetersi di un tale fallimento.

Inasprimento delle norme?

I postulati riguardano vari temi. Ad esempio, chiedono di identificare i fattori che hanno portato al crollo di CS e le ragioni per cui le norme sulle banche dette del too big to fail (così denominate perché relative alle banche di rilevanza sistemica, troppo grandi per fallire), ma anche di esaminare gli strumenti a disposizione della Banca nazionale svizzera (BNS) in caso di crisi. In merito alle regole too big to fail, i parlamentari interrogano il governo sulla necessità di rafforzarle. Sollevano in particolare i punti relativi ai fondi propri, all'opportunità di separare le attività svizzere da quelle internazionali, ai bonus, al rafforzamento dell'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) e alla possibilità di introdurre regole più severe in materia di responsabilità. I deputati chiedono inoltre un rapporto sul futuro colosso bancario nato dall'integrazione di CS in UBS in relazione alla stabilità e ai rischi per la piazza finanziaria nel suo complesso e dal punto di vista del diritto della concorrenza. Le responsabilità degli ex e degli attuali dirigenti dovranno essere analizzate per valutare possibili azioni legali.

un anno fa
Svizzera
"UBS e CS insieme non saranno troppo grandi"
© Chiara Zocchetti
© Chiara Zocchetti
La fusione fra le due banche non preoccupa Sergio Ermotti, CEO della nuova entità. Le garanzie di liquidità? "Sono ragionevoli".

"Anche mettendo insieme UBS e Credit Suisse, non saremo in vetta alla classifica per dimensioni dei gruppi bancari internazionali". Lo ha affermato in un'intervista al quotidiano economico Sole 24 Ore, il CEO della nuova entità, Sergio Ermotti.

Il manager ticinese - che ha già guidato la maggior banca svizzera dal 2011 al 2020 - osserva come "la nuova UBS derivante dalla combinazione con Credit Suisse sulle attività che riguardano il solo mercato svizzero avrà comunque quote non superiori a quelle delle banche cantonali e del gruppo Raiffeisen. C'è solamente un segmento in cui in Svizzera le altre banche elvetiche difficilmente potrebbero raggiungere una posizione come la nostra ed è quello dei crediti alle multinazionali. Ma in questo segmento avremo la concorrenza di banche estere".

"Le garanzie di BNS e Confederazione sono ragionevoli"

Quanto alle garanzie di liquidità, nel complesso per oltre 200 miliardi di franchi, fornite dalla Banca nazionale e dalla Confederazione a UBS-Credit Suisse "bisogna anzitutto sempre ricordare - sottolinea - che si tratta di garanzie e non di altro. "Ciò detto - ha aggiunto - anche la questione dell'ammontare va collegata all'ampiezza dell'operazione di acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS. E il collegamento va fatto naturalmente anche con i rischi che sono presenti in un'operazione di questo tipo. Se si considera tutto il quadro dell'acquisizione, allora penso che si possa dire che le garanzie di Banca nazionale e Confederazione sono ragionevoli".

Strategie in linea con quelle di UBS

Infine, sulla strategia del nuovo gruppo Ermotti ritiene che "il modello debba essere quello dell'attuale UBS, che ha tra i suoi punti fondamentali la centralità dell'attività di gestione di patrimoni e il contenimento delle attività di investment banking e dei rischi connessi".

un anno fa
UBS-CS
Verso una Commissione parlamentare d'inchiesta
L'Ufficio e la Commissione della gestione del Consiglio nazionale sono favorevoli all'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla fusione Credit Suisse-UBS. L'Ufficio degli Stati si esprimerà a metà maggio.

Dopo l'Ufficio del Consiglio nazionale, anche la Commissione della gestione della Camera del popolo (CdG-N) è favorevole sul principio di istituire una Commissione parlamentare d'inchiesta (CPI) per far luce sull'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS. La CdG-N ritiene tuttavia che dei chiarimenti siano necessari al fine di ampliare la base delle decisioni. Riunitasi oggi, la Commissione della gestione del Nazionale ha esaminato in modo approfondito le attività intraprese dalle autorità nel contesto della crisi che ha colpito Credit Suisse e sul suo rilevamento dal parte di UBS, indica una nota odierna dei servizi parlamentari.

"Servono chiarimenti"

A suo avviso, chiarimenti sono necessari sotto diversi aspetti: per la CdG-N, talune questioni meritano un'attenzione particolare, ad esempio quella di sapere come il Consiglio federale abbia attuato il diritto in vigore, come Credit Suisse sia stata sorvegliata, se e come altre opzioni siano state esaminate e se l'uso del diritto di necessità sia stato appropriato. A causa della portata degli eventi, la CdG-N è sostanzialmente del parere che una CPI debba essere istituita, tanto più che quest'ultima dispone di strumenti supplementari. Per contro, la commissione ritiene che sarebbe opportuno, nell'ambito della sua attività di alta vigilanza futura e fino alla decisione sull'istituzione di una CPI, che le due commissioni della gestione procedessero a dei primi chiarimenti al fine di ampliare la base delle decisioni, precisano ancora i servizi del Parlamento. Pertanto, al pari della CdG-S, ha affidato a due sue sottocommissioni l'incarico di eseguire accertamenti entro l'inizio di maggio. Ha inoltre deciso di sentire, l'8-9 maggio e il 15-16 maggio, i principali attori a livello federale, ossia Karin Keller-Sutter e Elisabeth Baume-Schneider, responsabili rispettivamente dei dipartimenti federali delle finanze (DFF) e di giustizia e polizia (DFGP), nonché il presidente della Confederazione Alain Berset. La commissione avrà pure dei colloqui con l'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) e la Banca nazionale svizzera (BNS).

L'ufficio degli Stati deciderà a metà maggio

Dopo che l'Ufficio del Consiglio nazionale ha proposto all'unanimità di creare una Commissione parlamentare d'inchiesta (CPI) per far luce sull'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS, oggi l'omologo Ufficio degli Stati ha informato che deciderà soltanto a metà maggio su tale proposta. Preferisce prima sentire le Commissioni della gestione (CdG) e attendere i risultati dei loro accertamenti. Con tale temporeggiamento, si vuole anche dar modo alle CdG di svolgere ulteriori audizioni, indicano oggi in una nota i servizi parlamentari. Dopo la seduta comune delle CdG, in programma i prossimi 15 e 16 maggio, l'Ufficio del Consiglio degli Stati avrà modo di sentire a riguardo il presidente del Consiglio nazionale Martin Candinas (Centro/GR), nonché i rappresentanti delle Commissioni della gestione e il Consiglio federale prima di decidere in merito all'iniziativa parlamentare dell'Ufficio del Nazionale, precisano ancora i servizi del Parlamento.

La CPI è lo strumento di alta vigilanza di più ampia portata a disposizione dell'Assemblea federale. Finora sono state istituite solo quattro Commissioni parlamentari d'inchiesta che si sono occupate in passato del caso Mirage, dello scandalo delle schedature, delle dimissioni di Elisabeth Kopp - la prima consigliera federale donna costretta a dare le dimissioni, n.d.r - e del malfunzionamento della Cassa pensioni della Confederazione (PUBLICA).

un anno fa
Svizzera
Gli esperti bocciano il matrimonio tra UBS e Credit Suisse
Per loro la soluzione migliore sarebbe stata l'acquisizione di Credit Suisse da parte della Confederazione, combinata con una possibile vendita della banca in un secondo momento.

L'acquisizione di Credit Suisse (CS) da parte di UBS è la migliore scelta possibile, come da dieci giorni continuano a ribadire esponenti del Consiglio federale e della Banca nazionale svizzera? No, risponde la stragrande maggioranza degli esperti interpellati nell'ambito di un sondaggio. Assai meglio erano altre soluzioni, in primo luogo una nazionalizzazione; anche perché la reputazione della Svizzera ne è uscita con le ossa rotte. Non è capitato spesso negli ultimi tempi, ma in questa occasione popolazione e accademici sembrano per una volta essere perfettamente concordi, chiosa oggi la Neue Zürcher Zeitung (NZZ), che insieme al Centro di ricerca congiunturale del Politecnico di Zurigo (KOF) è andata a chiedere un parere sul mega-matrimonio bancario a 167 ricercatori universitari in economia.

La soluzione degli esperti

Lo scetticismo emerso da precedenti rilevamenti demoscopici fra i comuni abitanti del paese viene condiviso anche dagli specialisti: solo il 19% del campione considera l'acquisizione di CS da parte di UBS la migliore soluzione nella situazione di crisi che si era creata. Il 28% avrebbe voluto applicare le regole "too big to fail", peraltro fino a due settimane or sono presentate dalle autorità come la risposta al problema costituto dalle banche sistemiche. Ancora più caldeggiata dagli esperti è però un'altra via: l'acquisizione di CS da parte dello stato, combinata con una possibile vendita della banca in un secondo momento, un'opzione significativamente migliore per il 48% di chi ha risposto. Secondo la NZZ quest'ultimo dato è degno di nota, in quanto gli economisti generalmente considerano le soluzioni del settore privato - e il Consiglio federale ha cercato di presentare l'acquisizione concordata come tale: un'operazione commerciale, non un salvataggio, ha affermato il 19 marzo la consigliera federale Karin Keller-Sutter - più favorevolmente di un intervento statale. Sommando il 48% al 28% si ottiene un 76% di economisti che non sostengono la scelta dell'esecutivo federale.

Il danno d'immagine alla piazza finanziaria

Un capitolo a parte è il ricorso al diritto di necessità e l'ormai famoso azzeramento delle obbligazioni AT1, che è avvenuto malgrado gli azionisti abbiano perso solo una parte del valore dei loro titoli. L'80% degli interrogati ritiene che la reputazione della piazza finanziaria svizzera ne sia uscita danneggiata, per il 25% in modo addirittura grave. Dubbi emergono anche sul fronte della concorrenza: il 50% degli esperti è convinto che l'accesso al credito, per i privati e le aziende, sarà più difficile, e oltre uno su due si aspetta un peggioramento dei servizi bancari.

Per UBS un affare, ma attenzione...

Se sembra non essere stata un'operazione vantaggiosa per gli svizzeri, la fusione lo è almeno per UBS: il 78% degli interrogati pensa che la banca presto di nuovo guidata da Sergio Ermotti - che secondo notizie di stampa pianificava l'acquisizione già nel 2016 - abbia fatto un buon affare o addirittura buonissimo. Certo aiuta il fatto che la Finma - ricorda la NZZ - abbia cancellato con un tratto di riga 16 miliardi di obbligazioni AT1. Tuttavia in un commento un partecipante al sondaggio mette in guardia da un'eccessiva euforia da parte di UBS: con il tempo la fusione potrebbe pesare sulla valutazione dell'istituto. Il rischio per l'unica grande banca svizzera rimasta rimane considerevole, malgrado le garanzie statali e il basso prezzo di acquisto, per motivi finanziari e di reputazione, osserva lo specialista.

un anno fa
BNS
Svelati i dettagli sugli interessi dei 250 miliardi attivati per salvare Credit Suisse
Credit Suisse e UBS dovranno pagare lo 0,25% annuo per la fornitura di liquidità, ossia 100 milioni di franchi. A ciò si aggiunge un interesse aggiuntivo del 4,5% per la garanzia statale di liquidità.

La Banca nazionale svizzera (BNS) ha precisato oggi i dettagli relativi ai tassi applicati ai tre strumenti di liquidità, per un valore complessivo di 250 miliardi di franchi, attivati per garantire la solvibilità di Credit Suisse (CS) nel contesto dell'acquisizione da parte di UBS. I due istituti dovranno pagare lo 0,25% annuo per la fornitura di liquidità, ossia 100 milioni di franchi. A ciò si aggiunge un interesse aggiuntivo del 4,5% per la garanzia statale di liquidità, equivalente al tasso guida riferimento della BNS (attualmente all'1,5%) più 3 punti percentuali. Il sostegno aggiuntivo di liquidità (denominato ELA+, dove l'acronimo sta per Emergency Liquidity Assistance) è remunerato allo stesso tasso.

Come sono suddivisi i 250 miliardi

Come annunciato il 19 marzo, CS e UBS possono ottenere dalla BNS un sostegno di liquidità sotto forma di prestito con privilegio nel fallimento per un ammontare massimo complessivo di 100 miliardi di franchi. Oltre a ciò, e sulla base dell'ordinanza di necessità del Consiglio federale, la Banca nazionale può concedere a Credit Suisse un sostegno di liquidità sotto forma di prestito assistito da garanzia della Confederazione contro il rischio di insolvenza per un ammontare massimo di 100 miliardi di franchi. L'assistenza straordinaria di liquidità (ELA) di 50 miliardi di franchi richiesta da Credit Suisse alla BNS già a partire dal 15 marzo comporta un tasso di interesse del 2%, corrispondente al tasso di riferimento della BNS più 0,5 punti percentuali.

un anno fa
Svizzera
Il Consiglio federale ha chiesto al parlamento di sbloccare 109 miliardi
I soldi sono destinati alla Banca nazionale svizzera (BNS) e a UBS. Il credito "verrà impiegato in caso di necessità per permettere al Credit Suisse di proseguire la propria attività e quindi di procedere in modo ordinato all'acquisizione da parte di UBS", precisa il governo.

Il Consiglio federale ha formalmente chiesto oggi al Parlamento di sbloccare due crediti d'impegno urgenti destinati alla Banca nazionale svizzera (BNS) e a UBS per un totale di 109 miliardi di franchi. Alla luce della crisi del Credit Suisse, l'esecutivo ha anche deciso di "sottoporre a un'accurata valutazione" la regolamentazione "too big to fail" (TBTF). Come noto, gli scorsi 16 e 19 marzo l'esecutivo ha adottato diverse misure "volte a scongiurare l'imminente dissesto del Credit Suisse, banca di rilevanza sistemica attiva a livello globale". Come sottolineato in un comunicato governativo odierno, si trattava né più né meno di scongiurare "una crisi finanziaria internazionale come pure un danno di enormi proporzioni per la piazza finanziaria svizzera e l'intera economia nazionale". Il Consiglio federale ha nuovamente ribadito in data odierna che il rilevamento del Credit Suisse da parte di UBS "abbia consentito di raggiungere questo obiettivo minimizzando i costi per lo Stato e i contribuenti, tenuto conto delle circostanze".

100 miliardi come garanzia per la BNS

Quale misura di sostegno, la Banca nazionale svizzera (BNS) ha in particolare deciso di mettere a disposizione del Credit Suisse un sostegno di liquidità sotto forma di prestito per un ammontare massimo complessivo di 100 miliardi di franchi. Oggi il Governo ha, come detto, formalmente chiesto alle Camere federali di liberare un credito d'impegno che fungerà da garanzia per la BNS. Tale credito d'impegno - di 100 miliardi appunto - verrà impiegato solo in caso di necessità, "per permettere al Credit Suisse di proseguire la propria attività e quindi di procedere in modo ordinato all'acquisizione da parte di UBS", precisa il governo. Questi mutui disporranno di un privilegio in caso di fallimento del Credit Suisse. Ciò significa che il loro rimborso avrà la precedenza sulle pretese di altri creditori. UBS e il Credit Suisse dovranno anche pagare un interesse sul denaro preso a prestito dalla BNS nell'ambito della loro fusione. Il 19 marzo Marlene Amstad, presidente del consiglio di amministrazione della Finma, l'autorità di vigilanza dei mercati finanziari, ha detto che questo ammonterà all'1,5%.

E nove per UBS

Oltre ai 100 miliardi, il Consiglio federale oggi ha chiesto al Parlamento di sbloccare 9 miliardi di franchi quale garanzia per UBS, "per eventuali perdite su un determinato portafoglio di attivi difficilmente valutabili". Questa garanzia verrebbe applicata solo se la realizzazione di tali attivi dovesse causare a UBS perdite superiori ai 5 miliardi.

Nel comunicato, l'esecutivo sottolinea come le due garanzie non avranno ripercussioni finanziarie dirette per la Confederazione. Conseguenze ci sarebbero infatti solo qualora il Credit Suisse dovesse fallire e la BNS, nonostante i privilegi nel fallimento sopraccitati, subisse una perdita che non potrebbe essere coperta dalla massa fallimentare, oppure se la realizzazione degli attivi assunti con l'acquisizione di Credit Suisse provocasse per UBS, come detto, perdite superiori ai 5 miliardi.

Richiesto anche un credito aggiuntivo di 5 milioni

Il Governo ha infine chiesto un credito aggiuntivo - effettivo quindi, ndr. - di 5 milioni di franchi. Questi fondi - che assieme ai due crediti d'impegno saranno esaminati dal Parlamento nella sessione straordinaria di aprile - sono necessari per accompagnare l'attuazione delle misure decise e svolgere un'analisi di quanto accaduto. Il Dipartimento federale delle finanze (DFF) è infatti stato incaricato di esaminare nel dettaglio, ricorrendo anche a perizie esterne, le circostanze che hanno reso necessario questo pacchetto di misure. I servizi di Karin Keller-Sutter dovranno anche valutare "accuratamente" la regolamentazione TBTF. I risultati dovranno essere pronti entro un anno.

un anno fa
Acquisizione Credit Suisse
"Considerevoli lacune nella gestione e nel controllo dei rischi da parte di UBS"
© Shutterstock
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È quanto emerge dal rapporto 2022 della Finma pubblicato oggi. Nessuna nuova invece per quanto riguarda l'acquisizione di Credit Suisse.

Nessuna risposta della Finma oggi alle tante domande aperte riguardo all'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS: la conferenza stampa prevista da tempo è stata rimandata, visto l'accavallarsi degli ultimi sviluppi. L'autorità di vigilanza dei mercati finanziari ha comunque ugualmente pubblicato il suo rapporto 2022, dal quale si desume che si è occupata giocoforza delle due grandi banche, ma non solo di quelle.

Cattive nuove anche per UBS

In primo piano hanno figurato in particolari i casi Archegos e Greensill. Reprimende sono state inflitte a Credit Suisse (che, come già noto da febbraio 2022, ha "gravemente violato gli obblighi sanciti dal diritto in materia di vigilanza per quanto concerne la gestione dei rischi e l'adeguata organizzazione d'esercizio"), ma cattive nuove emergono pure in relazione a UBS: "sono emerse considerevoli lacune nella gestione e nel controllo dei rischi", si legge nel rapporto. "UBS ha avviato intenzionalmente una relazione d'affari con un cliente caratterizzato da una scarsa trasparenza e da una propensione al rischio potenzialmente elevata". E ancora: "le indagini hanno altresì portato alla luce una valutazione fallace dei rischi dei clienti e dei relativi portafogli, nonché notevoli carenze a livello di modelli e metodologie dei rischi".

Gli altri aspetti su cui si è focalizzata

La Finma si è comunque occupata anche di altro. Ha in particolare concentrato la propria attività sulle ripercussioni della guerra in Ucraina per la piazza finanziaria elvetica, intensificando la vigilanza delle sanzioni anti-russe "presso una buona dozzina di istituti". I funzionari bernesi hanno pure seguito il mercato delle criptovalute e hanno affrontato quasi 1'700 domande di autorizzazione come gestore patrimoniale o trustee.

In aumento le indagini

Per quanto concerne l'applicazione del diritto (l'autorità usa il termine inglese di "enforcement"), nel 2022 la Finma ha effettuato più di 850 accertamenti (2021: 763) e concluso 39 procedimenti (2021: 34) nei confronti di società e persone. Il numero delle indagini è dunque aumentato di più del 10% rispetto all'anno precedente. In crescita sono risultati anche i costi di gestione (+7 milioni a 133 milioni) e il numero dei posti di lavoro (+4% a 539).

un anno fa
Opinioni
Credit Suisse e l'ipotesi Cpi, pareri differenti in Parlamento
© CdT/Gabriele Putzu e Ticinonews
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L'istituzione di una Cpi sul caso Credit Suisse è ancora lontana. I pareri a questo proposito divergono, ma tutti vogliono risposte su quanto successo.

Sul caso Credit Suisse, la prospettiva di una Commissione parlamentare d'inchiesta (Cpi) da ieri è più vicina. L'Ufficio presidenziale del Consiglio nazionale, all'unanimità, ha infatti approvato la creazione di una Cpi. Prima di una sua effettiva istituzione, l'iter politico è tuttavia piuttosto complesso e nulla, pertanto, è ancora certo. A caldeggiare maggiormente la formazione di una Cpi è la sinistra, che per prima aveva chiesto il ricorso a questo strumento, utilizzato in passato solo in quattro occasioni.

"Un passo dovuto"

"È vero: le Commissioni parlamentari d'inchiesta sono molto rare, ma questa mi pare dovuta per l'ampiezza del problema e per il potenziale rischio per la Confederazione, che mette a disposizione oltre 100 miliardi di crediti nel caso l'operazione di salvataggio fallisca", commenta da noi raggiunto Bruno Storni, consigliere nazionale del Ps.

Paletti da introdurre?

Verosimilmente, le Camere non potranno discutere dell'istituzione di una Cpi già nella sessione straordinaria dei prossimi 11-13 aprile, convocata appositamente a seguito della vicenda che ha coinvolto Credit Suisse. "Ci limiteremo a ratificare quanto è già stato deciso", osserva Storni. "I crediti sono già stati definiti e noi non possiamo opporci". Tuttavia, secondo il consigliere nazionale Ps, un po' di margine per dire la sua il Parlamento dovrebbe averlo. "C'è l'ipotesi di porre quale condizione per questi crediti che la parte svizzera di Credit Suisse rimanga indipendente".

"La colpa di questa storia è anche e soprattutto della politica"

Su questo punto torna anche il "senatore" ticinese dell'Udc, Marco Chiesa, che risoluto ci dice la sua: "La colpa di questa storia è anche e soprattutto della politica. E ha una data chiara: quella del 12 marzo 2014, quando il Consiglio degli Stati, smarcandosi dal Nazionale, rifiutò una mozione dell'Udc che chiedeva la separazione della parte svizzera delle grandi banche dall'investment banking. Secondo loro, le regole del 'too big to fail' erano sufficienti... Così evidentemente non è stato. Immagino che oggi, a fronte di quanto successo, anche il Centro e il Plr, che avevano bocciato questa separazione, siano scesi a più miti consigli". Per il consigliere agli Stati e presidente dell'Udc nazionale, in Svizzera non dovrebbero esistere istituti bancari talmente grandi da potere costituire un rischio sistemico. Chiesa è comunque tiepido nei confronti dell'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulla vicenda Credit Suisse. "Non dovremmo creare false aspettative. A mio modo di vedere, un'inchiesta dovrebbe puntare sul ruolo della Finma, che come autorità di vigilanza aveva una responsabilità di controllo. In ogni caso, per me è chiaro che il ruolo principale in questa storia è stato giocato dal Consiglio di amministrazione, che detiene l'alta vigilanza della società".

un anno fa
Banche
L'ex presidente di Credit Suisse Urs Rohner non intende pagare
L'ex numero 1 della seconda banca elvetica non intende restituire volontariamente parte di quanto guadagnato.

Urs Rohner, ex presidente del CdA di Credit Suisse, non intende passare alla cassa. Lo ha affermato chiaramente in un'intervista pubblicata oggi dalle testate svizzero-tedesche di CH Media. Il 63enne è stato presidente del Consiglio d'amministrazione di Credit Suisse dal 2011 al 2021. In questi giorni, la Finma sta valutando in che misura i vertici di Credit Suisse possano essere chiamati a rispondere delle proprie azioni.

Voci

A CH Media, una persona vicina a Rohner ha confidato che lo zurighese, in questi giorni contraddistinti dallo scandalo del crollo di Credit Suisse, stia temendo un "disprezzo sociale" rivolto verso di lui. Ciò non basta tuttavia a Rohner per decidere di restituire una parte dei 52 milioni di franchi ricevuti durante i dodici anni in cui ha seduto nel CdA di Credit Suisse, nonostante voci che circolavano nella piazza finanziaria zurighese parlassero della sua volontà di restituire parte dello stipendio.

"Già pagato"

Voci che però sono rimaste tali. Nell'intervista odierna, lo zurighese nega di volere restituire di sua spontanea volontà parte di quanto guadagnato. Rohner, in particolare, evoca il periodo dal 2014 al 2021, in cui avrebbe volontariamente rinunciato a circa cinque milioni di franchi di risarcimento a cui avrebbe avuto diritto. Urs Rohner ha infine dichiarato di non avere ricevuto alcun bonus come presidente del Credit Suisse.

un anno fa
Politica
L'Ufficio presidenziale del Nazionale vuole una Cpi su Credit Suisse
La decisione è stata presa all'unanimità.

Una commissione parlamentare d'inchiesta (CPI) per far luce sull’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS. È quanto proporrà l’Ufficio del Consiglio nazionale. Tale decisione, si legge in una nota odierna dei servizi parlamentari, è stata presa all'unanimità. La CPI, se verrà istituita, dovrà stabilire le responsabilità delle autorità e degli organi coinvolti nell’ambito dell’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS. La proposta sarà trasmessa all’Ufficio del Consiglio degli Stati affinché quest’ultimo la esamini a sua volta.

Eventi di ampia portata

L'Assemblea federale esercita l'alta vigilanza sulle attività del Consiglio federale, dell'Amministrazione federale, dei Tribunali della Confederazione e di altri enti incaricati di compiti federali. Per adempiere a tale compito, può istituire una CPI quando occorre fare luce su eventi di grande portata, fermo restando che la CPI non è un tribunale penale e neppure un organo disciplinare. L'istituzione di una CPI può essere chiesta da un gruppo, da una commissione o da un singolo deputato mediante un'iniziativa parlamentare. Sentito il Consiglio federale, la CPI è istituita mediante decreto federale semplice.

La sessione straordinaria

L’Ufficio presidenziale ha anche definito il programma della sessione straordinaria dedicata a questo dossier che inizierà nelle due Camere il prossimo 11 aprile. Il programma della sessione straordinaria verterà, fra l’altro, sui crediti pari a 109 miliardi di franchi decisi dal Consiglio federale quale garanzia per l'operazione di acquisizione. I dibattiti incominceranno l'11 aprile al Consiglio degli Stati; il Consiglio nazionale comincerà i suoi lavori lo stesso giorno alle ore 17.15. Il 12 aprile sarà dedicato all’eliminazione delle divergenze fra i due rami del parlamento; il 13 aprile rimane come giorno di riserva.

La politica vuole vederci chiaro

Il tracollo di Credit Suisse e la decisione di UBS di intervenire, assieme alla Confederazione, al salvataggio della seconda maggiore banca elvetica, ha messo in subbuglio la politica: varie commissioni parlamentari, come quelle della gestione, vogliono vederci chiaro su questa operazione miliardaria.

I precedenti

La sinistra ha già chiesto l'istituzione di una CPI su questa vicenda. La destra, dal canto suo, è più riluttante a lanciarsi in un simile esercizio. Finora sono state istituite solo quattro commissioni parlamentari d'inchiesta che si sono occupate in passato del caso Mirage, dello scandalo delle schedature, delle dimissioni di Elisabeth Kopp - la prima consigliera federale donna costretta a dare le dimissioni, n.d.r - e del malfunzionamento della Cassa pensioni della Confederazione (PUBLICA).

Istituzione e poteri di una CPI

Stando al sito web del parlamento, dotata di una propria segreteria, la CPI consta di un ugual numero di membri di ciascuna Camera, designati dall'Ufficio rispettivo. La presidenza è invece nominata dalla Conferenza di coordinamento (Ufficio del Consiglio nazionale e Ufficio del Consiglio degli Stati). La CPI, al pari della Delegazione delle Commissioni della gestione e Delegazione delle finanze, può interrogare testimoni, prendere visione dei verbali e dei documenti relativi alle sedute del Consiglio federale e far capo a inquirenti per l'assunzione delle prove. Il Consiglio federale designa uno dei suoi membri quale rappresentante dinanzi alla CPI. Il Consiglio federale ha il diritto di assistere all’audizione di persone informate sui fatti e testimoni e di porre domande completive. Può inoltre pronunciarsi sul risultato dell’inchiesta davanti alla CPI e in un rapporto all’Assemblea federale.

Segretezza

Tutte le persone che partecipano alle sedute e alle audizioni sono tenute al segreto fintanto che il rapporto della CPI non venga pubblicato. Dopo la pubblicazione del rapporto, si applicano le disposizioni generali sulla natura confidenziale delle sedute di commissione. La falsa testimonianza e il rifiuto di deporre o di consegnare documenti sono perseguibili conformemente al Codice penale. L’istituzione di una CPI esclude che altre commissioni si occupino di chiarire ulteriormente gli stessi fatti. L’istituzione di una commissione d’inchiesta non impedisce tuttavia l’esecuzione di procedimenti giudiziari civili e amministrativi.

un anno fa
Previsioni disattese
Quando i professori tranquillizzavano sulla tenuta di Credit Suisse
Il portale Infosperber ha raccolto le dichiarazioni di due professori pronunciate negli ultimi anni e ancora di recente sulla tenuta dell'ormai ex seconda banca elvetica.

Mentre nell'ambito del tracollo di Credit Suisse (CS) sale la critica verso i dirigenti della banca e nei confronti dei controllori della Finma, che ne è degli esperti? Se lo chiede il portale Infosperber, che è andato a riprendere le affermazioni passate di due importanti professori di economia, uno dei quali è stato a lungo responsabile della Direzione della politica economica presso la Segreteria di stato dell'economia (Seco).

"Problema too big to fail fortemente limitato"

Aymo Brunetti, professore di economia all'Università di Berna ed ex dirigente Seco: "Per le grandi banche UBS e CS, il problema 'too big to fail' è stato fortemente limitato. Possono fallire senza trascinare nel baratro l'intera economia [...] Tecnicamente, per le grandi banche dovrebbe presto essere tutto a posto, in modo che non abbiano più bisogno di essere salvate". (1.9.2018, Tages-Anzeiger)

"Si è riusciti a trarre le conseguenze"

Tobias Straumann, professore di storia economica all'Università di Zurigo: "Nel caso delle banche, si è riusciti abbastanza bene a trarre le conseguenze per il quadro economico, anche se si potrebbe tranquillamente inasprire i requisiti per le riserve". (9.10.2022, Tages-Anzeiger)

"Non siamo più nel 2008"

Di nuovo Aymo Brunetti: "Ci troviamo in una situazione fondamentalmente diversa rispetto al 2008: le banche di importanza sistemica sono oggi molto più resistenti grazie alla regolamentazione legale. E c'è un piano di salvataggio per le parti di importanza sistemica in caso di fallimento [...] Quindi lo stato non deve intervenire di nuovo". (10.10.2022 St. Galler Tagblatt)

"Non esiste un problema sistemico"

Ancora Straumann, due giorni prima del collasso di CS, dopo che la BNS ha parlato di aiuti di liquidità per 50 miliardi di franchi: "Credit Suisse ha finora ricevuto solo aiuti di liquidità a breve termine - un prestito [...]. Le regolamentazioni sono state ampliate, abbiamo certamente imparato la lezione [...]. Non credo che ci saranno ulteriori regolamentazioni. A differenza di quanto accaduto all'indomani della crisi finanziaria del 2008, non esiste un problema sistemico. Grazie, tra l'altro, alle norme adottate allora". (18.3.2023, Neue Zürcher Zeitung)

"Ma le crisi bancarie non si possono prevenire"

I due professori sono stati interpellati da Infosperber riguardo alle loro dichiarazioni. Brunetti finora non ha risposto, mentre Straumann ha preso posizione nel modo seguente: "Durante una corsa agli sportelli non si deve gettare olio sul fuoco, soprattutto se non si sa quanto gravi siano i deflussi. Le autorità svizzere ci hanno tenuto all'oscuro, con buone ragioni, per stabilizzare la situazione sino al fine settimana. A mio avviso ulteriori regolamentazioni non servono a nulla. Si dovrebbe finalmente dire alla gente con onestà che le crisi bancarie non si possono prevenire. Prima o poi avremo un problema anche con la nuova UBS. Non abbiamo bisogno di una nuova legge, ma di un piano concreto su come affrontare una futura crisi. Probabilmente UBS dovrà essere nazionalizzata e smembrata".

un anno fa
Banche
Credit Suisse, si dimette il presidente della Saudi National Bank
Le sue dichiarazioni avevano contribuito a far crollare il titolo della banca.

Ammar Al Khudairy, presidente di Saudi National Bank (SNB), le cui dichiarazioni hanno recentemente contribuito a far crollare le azioni di Credit Suisse, ha rassegnato le dimissioni. Sarà sostituito dal Ceo Saeed Mohammed Al Ghamdi, secondo quanto riferisce Bloomberg. In un'intervista all'inizio di questo mese, Al Khudairy aveva dichiarato che Saudi National Bank non sarebbe stata aperta a ulteriori investimenti nel Credit Suisse - di cui è principale azionista - se ci fosse stata un'altra richiesta di liquidità aggiuntiva. Al Khudairy, che è diventato presidente della Saudi National Bank nel 2021, in seguito alla fusione tra National Commercial Bank e Samba Financial Group, lascia "per motivi personali". SNB, che per 37% è del fondo sovrano saudita, ha visto il valore del suo investimento in Credit Suisse crollare di circa 1 miliardo di dollari nel giro di pochi mesi dopo averne acquisito una quota del 9,9% per 1,4 miliardi di franchi l'anno scorso.

Il profilo del nuovo presidente

Nell'ambito dell'avvicendamento interno con Saeed Mohammed Al Ghamdi nuovo presidente, Talal Ahmed Al Khereiji assumerà la carica di Ceo dopo esserne stato vice e responsabile del mercato wholesale. Nato nel 1963, Al Khudairy ha trascorso la sua carriera nel settore finanziario dell'Arabia Saudita gestendo alcune delle più importanti istituzioni del del regno. È stato presidente di Goldman Sachs e di Morgan Stanley in Arabia Saudita. Al Khudairy ha anche fondato l'azienda di gestione di asset alternativi Amwal AlKhaleej e Amwal Capital Partners, con sede a Riyadh e Dubai.

un anno fa
Banche
I dipendenti di UBS e Credit Suisse chiedono un blocco dei licenziamenti sino a dicembre
Per l'Associazione svizzera degli impiegati di banca (ASB) "le due banche e il Consiglio federale hanno il dovere di evitare un'ondata di tagli e di salvare il maggior numero possibile di impieghi". Per questo è stata lanciata una petizione.

Blocco dei licenziamenti sino alla fine del 2023: è quanto chiede una petizione lanciata dall'Associazione svizzera degli impiegati di banca (ASB) dopo l'annuncio dell'acquisizione di Credit Suisse (CS) da parte di UBS. Le direzioni dei due istituti devono evitare di rescindere i contratti di lavoro con i dipendenti "in modo avventato e frettoloso", afferma l'organizzazione in un comunicato odierno. L'incertezza fra gli impiegati è enorme, soprattutto tra i circa 17'000 dipendenti di CS in Svizzera, ma anche tra il personale in forza a UBS, scrive l'ASB.

Secondo l'associazione le due banche e il Consiglio federale hanno il dovere di evitare un'ondata di tagli e di salvare il maggior numero possibile di impieghi. In particolare viene ritenuto necessario congelare i licenziamenti presso CS e UBS sino alla fine dell'anno, cioè fino a quando tutti i piani di UBS per il futuro saranno sul tavolo e sarà chiaro come verranno attuati.

un anno fa
Credit Suisse-UBS
"La Svizzera diventa una repubblica delle banane"
È il pensiero di Marcel Niggli, uno dei più noti professori di diritto penale in Svizzera, in seguito all'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS.

L'operazione di acquisizione di Credit Suisse (CS) da parte di UBS non ha precedenti, è un attentato allo stato di diritto e la Svizzera ha agito da repubblica delle banane: è il giudizio di Marcel Niggli, uno dei più noti professori di diritto penale in Svizzera. Chi vuole decisioni rapide deve optare per una dittatura, aggiunge. "Non è un deal, un accordo, è il termine sbagliato dell'anno", afferma il titolare della cattedra di diritto penale e filosofia del diritto all'Università di Friburgo in un'intervista pubblicata oggi dalla Weltwoche. "Se sia una soluzione buona o cattiva dal punto di vista economico, spetta ad altri giudicarlo. Nell'ottica giuridica è spaventoso che, dopo la pandemia e le sanzioni alla Russia, venga nuovamente invocato il diritto d'emergenza" (Notrecht: diritto di necessità nella traduzione legale in uso in Svizzera). "Il diritto di necessità dovrebbe essere qualcosa di simile allo stato di guerra, l'eccezione assoluta. Se ogni volta le regole vengono sospese, allora queste regole non si applicano davvero", osserva lo specialista. "Posso capire che il Consiglio federale abbia dovuto agire, ma il modo di procedere solleva interrogativi. I problemi di CS erano noti da tempo e si poteva pensare a scenari di crisi. Non sembra che ciò sia avvenuto. Invece, questa soluzione di emergenza è stata scelta nel giro di pochi giorni".

"Il comportamento del Consiglio federale è contraddittorio"

Problematico è il fatto che domenica la consigliera federale Karin Keller-Sutter abbia detto che il governo sapeva da tempo quanto fosse drammatica la situazione. "Se non si percepisce l'emergenza come tale, ma si sa in anticipo che accadrà, allora non è più una vera emergenza. Neghi lo stato di emergenza che tu stesso hai dichiarato. Questo è di per sé contraddittorio". Niggli afferma di dubitare fortemente che l'esecutivo federale si muova ancora nell'ambito costituzionale. "Siamo una comunità lenta perché discutiamo di tutto tra di noi. Questo è essenziale per la democrazia svizzera, anche se è rappresentativa. Il parlamento nazionale ha due camere. Ci sono gruppi di interesse che possono presentare le loro opinioni nelle consultazioni. Noi rallentiamo tutto. Chi vuole una decisione rapida deve onestamente invocare una dittatura."

"Un attentato allo stato di diritto"

Il giurista nato a Zugo e con dottorato all'università di Zurigo concorda con chi giudica l'accordo relativo a Credit Suisse "illegale", qualificandolo di "attentato allo stato di diritto". "Sì, sono d'accordo. Naturalmente si può decidere di non essere interessati al diritto. Che bisogna fare le cose in modo spedito. Il fatto è che è così che si sacrifica il diritto: questo è ciò che si fa". Al giornalista del settimanale che gli chiede se la Svizzera sia in tal modo diventato uno stato-canaglia, Niggli risponde caustico: "Direi che sta degenerando in una repubblica delle banane. Si fa tutto ciò che viene ritenuto necessario sul momento: a seconda di ciò che dicono i potenti, qualcosa diventa possibile oppure no". L'esperto non si aspetta però un'ondata di cause collettive nella Confederazione da parte di azionisti o di detentori di obbligazioni arrabbiati. "Purtroppo abbiamo già perso molta reputazione. So di un caso in cui un investitore ha chiesto ai suoi avvocati di Londra se volevano fare causa in Svizzera, dove la controversia è nata. I legali hanno respinto l'idea: la Svizzera non è uno stato di diritto".

"Il dominio dei media è americano"

Secondo Niggli la situazione ha anche a che fare con la sovra-rappresentazione del diritto statunitense. "Questo è certamente un fattore. Si continua a dire che viviamo in una società globale. È sbagliato: viviamo in una società mediatica mondiale. Se succede qualcosa negli Stati Uniti, la notizia arriva a noi in pochi secondi. Il dominio dei media è americano". Questo modella la nostra visione del mondo. "Se si chiede a qualcuno che non ha nulla a che fare con i tribunali di nominare un simbolo del diritto spesso viene nominato il martelletto: ma nessuno al mondo usa il martelletto tranne i giudici americani".

"Una prima storica"

Secondo il professore non esiste nella storia giuridica elvetica un caso simile a quello che si è visto questa fine settimana, "non con questa fretta". Gli equilibri stanno mutando: "Da quando sono in vita, non ha mai avuto importanza chi siede in Consiglio federale: la situazione sta lentamente cambiando". Un tempo non era necessario conoscere i membri del governo, perché la struttura stessa era stabile. "Mi sembra che questo sia andato perduto". "È necessaria una specificazione democraticamente legittimata della costituzione", prosegue Niggli. "Potrebbe anche essere una legge, un'interpretazione specifica e autentica dello stato di necessità, benedetta dalla maggioranza del parlamento. In questo modo sarebbe più difficile per l'esecutivo dire la volta successiva: 'a proposito, noi lo intendiamo in questo e in quell'altro modo'. L'attuale articolo sullo stato di necessità è giuridicamente molto problematico. Oggi il Consiglio federale può decidere più o meno da solo quali sono i suoi poteri in casi eccezionali. Un tale sistema è soggetto ad abusi".

"Il rispetto del diritto è diminuito"

C'è inoltre un problema di fondo. "Il rispetto del diritto è diminuito. A dire il vero, non solo nell'esecutivo, ma anche nel sistema giudiziario. Molti giudici non prendono più sul serio la legge. Vedo chiari segni di disintegrazione dello stato di diritto in Svizzera. Il caso di Credit Suisse è solo un esempio particolarmente eclatante". Gli attentati allo stato di diritto avvengono quando c'è un pericolo. "Prima era la droga, poi il riciclaggio di denaro, poi il terrorismo. Il conflitto che stiamo vivendo con la guerra in Ucraina non si risolverà se lo affrontiamo in modo morale. La morale dominante mi sembra il vero problema. Dico sempre: la morale è meravigliosa, nulla contro la morale, ma la morale non ha spigoli vivi, a differenza del diritto. Quando la gente dice: 'Beh, è solo un problema temporaneo per alcuni', allora ribatto: 'sì, oggi concerne alcune singole persone, domani potrebbe però riguardare te.

Il lavoro d'emergenza "dettato dagli altri"

Come spiega il fatto - chiede il cronista - che si ricorra sempre più spesso alle normative d'emergenza? "C'è un'incredibile necessità di agire con la stessa rapidità dei paesi stranieri", risponde l'esperto. "Il coronavirus è stato un buon esempio. Nel dibattito politico si diceva che i francesi o i tedeschi avrebbero fatto qualcosa, quindi anche noi avremmo dovuto fare qualcosa. In passato questo non era un argomento, oggi lo è. Quante volte sentiamo dire: in Svizzera tutto procede troppo lentamente? Faremmo bene a ricordare il consiglio di Friedrich Dürrenmatt: 'Se facciamo un errore, il mondo non finirà'. Questo è il punto. Non siamo così importanti. La Svizzera è piccola, siamo lenti. Certo, questo è un peccato se si pensa al grande palcoscenico mondiale. Ma, diciamocelo, la Svizzera come dimensioni equivale più o meno a Londra. Siamo una grande città. Dobbiamo smettere di vergognarci di essere un paese piccolo e lento", argomenta l'accademico. "Perché questa lentezza produce stabilità, e la stabilità è qualcosa che bisogna cercare a lungo in questo mondo. Siamo un paese piccolo, noioso, lento. Questa è la cosa più bella che si possa dire. Da Oscar Wilde viene la frase: "Sii te stesso, tutti gli altri sono già presi". Non possiamo essere la Germania, gli Stati Uniti o la Francia. Siamo semplicemente piccolini", conclude.

un anno fa
Credit Suisse
Comitato di Basilea: "Impareremo la lezione"
In una nota diffusa oggi il comitato sostiene che tali eventi hanno "ulteriormente sottolineato l'importanza di un sistema bancario globale solido" sostenuto da "una effettiva governance, pratiche di gestione del rischio, forte vigilanza e una cooperazione internazionale".

Il Comitato di Basilea, l'organismo che mette a punto le norme quadro internazionali sulle banche, annuncia di "voler fare il punto sulle implicazioni normative e di vigilanza", "per imparare la lezione dai recenti eventi" che hanno coinvolto le banche SVB e Credit Suisse". In una nota diffusa oggi il comitato sostiene che tali eventi hanno "ulteriormente sottolineato l'importanza di un sistema bancario globale solido" sostenuto da "una effettiva governance, pratiche di gestione del rischio, forte vigilanza e una cooperazione internazionale". Le riforme di Basilea III, rileva la nota, hanno aiutato il sistema bancario ad assorbire vari shock e mantenere i finanziamenti a famiglie e imprese in questi anni. I componenti del Comitato sono così tornati a chiedere l'attuazione completa delle norme di Basilea III il prima possibile.

un anno fa
Svizzera
UDC pone le sue condizioni
Secondo i democentristi, il governo deve inoltre assicurare che la situazione venutasi a creare in Svizzera con la nuova UBS verrà chiarita. Nonostante l'unione fra i due leader elvetici del settore, bisogna garantire la concorrenza.

Il gruppo UDC alle Camere vuole che le garanzie finanziarie della Confederazione - in totale 109 miliardi di franchi - nell'ambito dell'operazione UBS-Credit Suisse siano approvate dal Parlamento solo a determinate condizioni. Il partito chiede ad esempio al Consiglio federale un impegno vincolante per migliorare la normativa "too big to fail". In futuro, scrive l'UDC in una nota odierna, tale regolamentazione dovrà sempre essere applicata, indipendentemente dal modo in cui una banca è arrivata sull'orlo del collasso. Se ciò non fosse possibile, questi istituti dovrebbero vendere le loro attività all'estero o abbandonare segmenti significativi degli affari.

"Garantire la concorrenza"

Secondo i democentristi, il governo deve inoltre assicurare che la situazione venutasi a creare in Svizzera con la nuova UBS verrà chiarita. Nonostante l'unione fra i due leader elvetici del settore, bisogna garantire la concorrenza. In terzo luogo, prosegue l'UDC, l'esecutivo deve dichiarare che indagherà sulla condotta, sulla responsabilità e soprattutto sulle rimunerazioni del consiglio d'amministrazione e della direzione di Credit Suisse. Andrà poi spiegato come fare affinché i piani alti possano essere chiamati a rispondere delle loro azioni. Il partito vuole anche sapere come si possano riavere indietro i bonus "ingiustificati". La sospensione di parte di tali compensi variabili annunciata ieri dal Consiglio federale va accolta con favore, indica il gruppo democentrista, ma il governo deve pure recuperare retroattivamente quelli distribuiti in passato.

"Confidiamo nell'aiuto di altri partiti"

Come i Verdi, l'UDC vorrebbe un sistema in cui vengano separate le attività bancarie, che non ha trovato la maggioranza in Parlamento dopo il salvataggio di UBS nel 2008. "Speriamo che ora gli altri partiti diano una mano" sulle condizioni prima di approvare le garanzie miliardarie, si afferma nel comunicato. L'UDC vede anche di buon occhio la convocazione di una sessione straordinaria delle Camere federali, peraltro già ufficializzata ieri sera, sul tema dell'acquisizione di Credit Suisse. L'appuntamento si terrà dopo Pasqua. Il gruppo è poi aperto alla richiesta di istituire una Commissione parlamentare d'inchiesta (CPI) sulla vicenda, soluzione caldeggiata dalla sinistra. In particolare, sostengono i democentristi, andrebbe messo sotto la lente il ruolo dell'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA).

un anno fa
Svizzera
L’acquisizione di Credit Suisse e i dubbi della GISO
La Gioventù Socialista si interroga sull’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS, ritenendola “una mossa tremendamente azzardata” e sui cui, secondo loro, è necessario fare chiarezza.

L’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS (avvenuta domenica) non ha lasciato indifferente la Gioventù Socialista (GISO), che in un comunicato stampa la definisce “una mossa tremendamente azzardata”. Nonostante questa acquisizione “sembra aver aumentato la fiducia degli investitori, stabilizzando le borse di martedì, questa nuova sicurezza non passa solo dalla solidità di UBS”. La GISO sottolinea infatti come il principale garante di un’acquisizione complessa e rapida è stata la Confederazione, che ha fornito una linea di credito di 100 miliardi di franchi, oltre che a garantire le perdite di UBS per altri 9 miliardi. “Come Gioventù Socialista riteniamo che le domande su cui occorre prestare attenzione sono due: ‘vale la pena aver garantito questa acquisizione?’  e ‘che cosa comporta per il 99% la presenza di una sola grande banca?’”.

L’onere della popolazione

La stessa GISO nel suo comunicato ammette che la prima domanda “è forse quella più complessa e per rispondere a pieno dovremmo valutare il rischio dell’acquisizione ma, questo, richiede un lavoro di analisi su tutti i titoli presenti in Credit Suisse”. Un’analisi considerata interessante per poter capire “i rischi dell’operazione e analizzare come sono garantite le perdite”, garantite inizialmente da UBS per 5 miliardi di franchi e successivamente, come detto, dalla Confederazione per altri 9 miliardi. “Salta quindi all’occhio che due terzi del rischio (in caso di grosse perdite) sta in mano ai e alle contribuenti. Sta quindi alla popolazione l’onere di creare garanzie in ultima istanza che hanno permesso questa operazione ma noi da questo cosa ci guadagniamo? Assolutamente niente, anzi, sicuramente ci perdiamo”.

Tagli al personale

Sulla scia di quanto appena esposto interviene quindi la seconda domanda, a cui si aggiunge il rapporto tra la popolazione e un UBS sempre più grande. “Oltre a una banca, che unendosi a Credit Suisse ha aumentato ulteriormente il suo volume d’affari, dobbiamo ricordare il suo ruolo di azienda svizzera”. Per la GISO la notizia “meno ripresa, ma forse la più preoccupante”, è l’annuncio del taglio di 8 miliardi di costi nella gestione congiunta dei due istituti entro il 2027. “Questo significa, ricordando il tipo di servizio che fornisce UBS, tagli del personale”. Riassumendo, la GISO sostiene che se l’operazione dovesse andare bene sul lungo termine, “perderemo solo 8 miliardi in posti di lavoro, mentre se dovesse andare male ne perderemo altri 9 dalle casse della Confederazione. Se invece andasse malissimo perderemo anche i 100 miliardi provenienti dalle casse della BNS”.

“Necessari cambi strutturali”

La Svizzera ha dimostrato di saper agire tempestivamente, “ma questo non basta. Come GISO crediamo che sono necessari dei cambi strutturali nel sistema di capitalizzazione delle banche”. L’aumento generalizzato dei tassi d’interesse “ha dimostrato la poca solidità di moti istituti bancari e, soprattutto, che non è sostenibile pagare bonus, dividendi agli azionisti e restituire anche un interesse senza compromettersi con comportamenti irresponsabili. I profitti irreali e costanti che chiedono un sistema di capitalizzazione basato sulla compravendita di azioni spinge le banche a basarsi solo su criteri di profitto e non di benessere e sostenibilità. La statalizzazione di questi istituti è una soluzione per controllare gli investimenti e garantire che i nostri franchi vengono investiti in maniera responsabile e per la creazione di benessere. Tanto, se va male, alla fine paghiamo comunque noi”.

 

un anno fa
Economia
UBS non emetterà nuove azioni per rilevare Credit Suisse
©Gabriele Putzu
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Una scelta positiva per gli azionisti, ma c'è un aspetto negativo: lo svantaggio è rappresentato dal fatto che le azioni UBS riacquistate non verranno annullate tramite una riduzione di capitale, come precedentemente annunciato.

UBS non emetterà nuove azioni per rilevare Credit Suisse (CS). L'operazione sarà effettuata esclusivamente con titoli provenienti dal programma di riacquisto di azioni del 2022, ha indicato un portavoce della maggiore banca svizzera all'agenzia Awp. Le azioni riacquistate avrebbero dovuto essere annullate: in questo modo, oltre a pagare i dividendi, la banca dava ai suoi azionisti una ulteriore partecipazione agli utili (lo stesso profitto si divide infatti su meno azioni). La direzione di UBS ha finora favorito questo tipo di approccio perché ritiene che il corso delle azioni della società sia tuttora sottovalutato. Quindi per l'acquisizione di CS non vi sarà alcuna diluizione delle azioni UBS attraverso un aumento di capitale, il che di per sé nell'ottica dell'azionista è positivo. Lo svantaggio è rappresentato dal fatto che le azioni UBS riacquistate - o parte di esse - non verranno annullate tramite una riduzione di capitale, come precedentemente annunciato.

Sospeso il riacquisto di azioni

Alla prossima assemblea generale del 5 aprile gli azionisti saranno quindi chiamati ad approvare solo la cancellazione delle azioni riacquistate dal programma di riacquisto di azioni del 2021 e non quelle detenute per il programma 2022. Inoltre con l'annuncio dell'acquisizione UBS ha sospeso anche gli attuali riacquisti di azioni (sempre del 2022). Questo malgrado il fatto che la nuova banca - dopo la fusione - continuerà ad essere ben capitalizzata, assicura l'istituto. È però necessaria maggiore chiarezza, ha indicato domenica sera la responsabile delle finanze Sarah Youngwood. Il dividendo sarà peraltro versato. UBS non sta invece modificando l'ordine del giorno dell'assemblea generale, pubblicato a inizio marzo. Nonostante l'attuale interruzione dei riacquisti un nuovo programma di acquisto di azioni previsto per il 2023 sarà comunque proposto agli azionisti, ha indicato l'addetto stampa di UBS.

un anno fa
Svizzera
"Le grandi banche europee non faranno la fine di Credit Suisse"
È quanto rileva l'agenzia di rating Moody's, secondo cui nessuno degli altri undici colossi bancari del Vecchio Continente, tra cui Deutsche Bank e Bnp Paribas, mostra "le debolezze nel profilo di credito che hanno portato alla perdita di fiducia degli investitori e dei depositanti" nel caso di CS.

È improbabile che le grandi banche europee possano essere risucchiate nella spirale di sfiducia che ha spinto Credit Suisse (CS) tra le braccia di UBS. È quanto rileva l'agenzia di rating Moody's, secondo cui nessuno degli altri undici colossi bancari del Vecchio Continente, tra cui Deutsche Bank e Bnp Paribas, mostra "le debolezze nel profilo di credito che hanno portato alla perdita di fiducia degli investitori e dei depositanti" nel caso di CS. Mentre "quelle banche che hanno iniziato profonde e costose ristrutturazioni hanno in gran parte completato il processo", i depositi dovrebbero essere più stabili in Europa che negli Stati Uniti. "Ciò aiuterà queste banche a proteggere la loro base di raccolta molto meglio in tempi di stress e di fragilità sui mercati, supportando così la stabilità della liquidità di questi istituti", conclude Moody's, del cui rapporto ha dato notizia l'agenzia di stampa economica statunitense Bloomberg.

Banche di rilevanza sistemica

Le banche considerate da Moody's sono quelle di rilevanza sistemica (G-Sib): Socgen, Bnp, Deutsche Bank, Santander, Hsbc, Barclays, Ing, Credit Agricole, UBS, Bpce e Unicredit. Il salvataggio di Credit Suisse, afferma l'agenzia di rating, "dovrebbe aiutare nel tempo a recuperare la fiducia nel sistema bancario europeo" in quanto "elimina un punto di debolezza nel panorama bancario e assicura ai creditori senior della nuova e più grande banca protezioni addizionali". Oltre che più stabili sul fronte dei depositi, le grandi banche europee dovrebbero reggere meglio delle loro controparti americane anche allo stress finanziario legato al rialzo dei tassi in quando "i portafogli di bond sono inferiori e la liquidità presso le banche centrali più elevata", con le riserve di liquidità che "limitano i danni che le oscillazioni nella valutazione mark-to-market possono produrre alle risorse liquide di una banca".

un anno fa
Svizzera
Gli avvocati daranno battaglia sull'azzeramento delle obbligazioni
Passi analoghi sono stati annunciati nei giorni scorsi anche da Quinn Emanuel Urquhart & Sullivan, società legale californiana che impiega 800 avvocati in tutto il mondo.

È destinato ad avere importanti strascichi in tribunale il matrimonio forzato fra UBS e Credit Suisse: sotto accusa è in particolare l'azzeramento delle obbligazioni Additional Tier-1 (AT1), dal valore di circa 16 miliardi di franchi, operato dalla Finma, l'autorità elvetica di vigilanza dei mercati finanziari. Pallas Partners, studio legale attivo a Londra e New York, sta creando un team di specialisti per preparare un'azione legale e invita gli obbligazionisti interessati a farsi avanti. "Stiamo valutando una strategia coerente e multigiurisdizionale che potrebbe essere perseguita da un gruppo di investitori internazionali nelle obbligazioni AT1 per recuperare le perdite", ha indicato la società.

Mercati obbligazionari

Passi analoghi sono stati annunciati nei giorni scorsi anche da Quinn Emanuel Urquhart & Sullivan, società legale californiana che impiega 800 avvocati in tutto il mondo. Come noto la decisione della Finma, parte dell'accordo di salvataggio di Credit Suisse (operazione commerciale, secondo il Consiglio federale), ha avuto un impatto significativo sui mercati obbligazionari, perché molti fondi sono esposti al tipo di titoli in questione. Gli AT1 sono obbligazioni "contingent convertibles", spesso abbreviate in cocos o in coco-bond. Si tratta di obbligazioni ibride convertibili che, in determinate condizioni, si trasformano in azioni, quindi in capitale della banca che li ha emessi, alleggerendone sostanzialmente l'esposizione debitoria. Il fatto che in relazione a CS il loro valore sia stato cancellato ha stupito non pochi esperti, soprattutto tenuto conto che l'azione di Credit Suisse, al contrario, continua a valere qualcosa: per la precisione un valore che è del 4% quello di un'azione UBS, in base all'accordo reso noto domenica (1 titolo UBS per 22,48 azioni CS). Non tutti sembrano essere convinti della solidità giuridica dell'approccio scelto dalla Finma e dal Consiglio federale.

un anno fa
Banche
"La fusione UBS-CS una catastrofe per la democrazia"
Urs Birchler, professore emerito all'università di Zurigo e uno dei padri delle normative "too big to fail elvetiche", ritiene che l'acquisizione minacci la concorrenza e che non sarà più possibile legiferare in modo neutrale.

Una piazza finanziaria svizzera con una una sola grande banca è una catastrofe per la democrazia, la certezza del diritto e la politica monetaria: da un lato ne risente la concorrenza, con ad esempio le ipoteche che potrebbero diventare più costose, dall'altro non sarà più possibile legiferare in modo neutrale. È il giudizio di Urs Birchler, professore emerito all'università di Zurigo e uno dei padri delle normative "too big to fail" elvetiche. "Se la politica d'ora in poi si occuperà di leggi sulle banche saranno sempre disposizioni contro un determinato istituto, contro UBS", afferma l'esperto in un'intervista pubblicata oggi da Republik. "Una legislazione che non abbia una certa neutralità di base è difficoltosa".

Mutui più cari

La fusione minaccia anche la concorrenza, sebbene sussista ancora un certo contrappeso nel mercato ipotecario, ad esempio attraverso le banche cantonali. C'è il pericolo che gli istituti più piccoli allineino i loro tassi di interesse a quelli di UBS. "Si può ipotizzare che i mutui, ad esempio, tenderanno a diventare un po' più cari", dichiara l'ex membro della direzione generale della Banca nazionale svizzera (BNS).

UBS come un figlio unico che ha superato con il suo patrimonio quello della famiglia

UBS esercita un'influenza anche sulla BNS

"Tutto è ormai in bilico", prosegue l'intervistato. "UBS è come un figlio unico che ha superato con il suo patrimonio quello della famiglia. Un figlio unico che con la sua attività raggiunge un bilancio doppio rispetto al reddito annuo combinato dei suoi genitori". In questo modo UBS esercita un'influenza persino sulla BNS e sulla sua politica monetaria, che in realtà dovrebbe essere indipendente.

Non c'è più certezza del diritto

Nel frattempo le leggi sulla concorrenza, sul diritto azionario, sulle acquisizioni e sulla proprietà sono state scardinate, osserva il professore. "E come ultimo punto si arriva al livello costituzionale: la Svizzera non è più la stessa di due settimane or sono, non c'è più certezza del diritto".

un anno fa
Palazzo federale
Acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS: convocata la sessione straordinaria
Gli uffici si riuniranno il prossimo 27 marzo per stabilire i dettagli dei lavori che inizieranno al Consiglio degli Stati.

Più di un quarto dei membri del Consiglio Nazionale si è già espresso a favore di una sessione straordinaria in relazione all'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS. Il quorum necessario è stato quindi raggiunto. La sessione si terrà nella 15esima settimana dell'anno che inizia il 10 aprile . Lo hanno annunciato questa sera i Servizi del Parlamento tramite Twitter. Gli uffici si riuniranno il prossimo 27 marzo per stabilire i dettagli dei lavori che inizieranno al Consiglio degli Stati.

Era prevedibile che si sarebbe tenuta una sessione straordinaria visto che era auspicata da diversi partiti (PS, PLR, Centro e Verdi), già ieri, dopo che domenica, la Delegazione delle finanze (DelFin) ha approvato i crediti d'impegno quali garanzie proposti dal Consiglio federale, pari a 109 miliardi di franchi di cui 100 per la BNS e 9 per UBS. Secondo la legge sul Parlamento (LParl), per convocare un'Assemblea federale in sessione straordinaria è sufficiente la richiesta da parte di un quarto dei membri di una camera (ad esempio 50 membri del Consiglio nazionale). Tale sessione deve poi aver luogo nella terza settimana successiva alla richiesta di convocazione. E, ieri, esponenti di vari partiti di destra e di sinistra si sono avvalsi di questo diritto.

I partiti intendono inoltre sfruttare la sessione per presentare le loro richieste attraverso iniziative parlamentari.

un anno fa
Svizzera
Credit Suisse, in 15 anni oltre 230 milioni versati ai suoi vertici
©Gabriele Putzu
©Gabriele Putzu
A seguito dell'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS da più parti ci s’interroga sull’opportunità di concedere dei bonus ai manager del gruppo. Scopriamo quanto hanno guadagnati i vertici di Credit Suisse dalla crisi del 2007 ad oggi.

Dallo scoppio della crisi dei mutui subprime che scatenò la crisi finanziaria iniziata nel 2007 all’annuncio dell’acquisizione da parte di UBS, ai vertici di Credit Suisse si sono alternati 4 CEO e 5 presidenti del Consiglio di Amministrazione. Ruoli chiave cui la banca ha versato complessivamente e rispettivamente 154 e quasi 80 milioni in 15 anni. Prima di scoprire che il sistema finanziario poggiava su basi scricchiolanti e che storiche banche come Lehman Brothers potevano fallire, i ruoli apicali di Credit Suisse venivano lautamente ricompensati, basti pensare che il chief executive officer del gruppo bancario, lo statunitense Brady Dougan, nel 2007, nell’anno dell’esplosione della crisi finanziaria si portò a casa la considerevole cifra di 22.3 milioni, compenso mai più raggiunto da lui o dai suoi successori. Nei suoi otto anni alla guida di Credit Suisse il manager guadagnò più di 90 milioni.

Il suo successore, l’ivoriano-francese Tidjane Thiam, prima di rassegnare le dimissioni a causa dello scandalo legato allo spionaggio di alcuni ex alti profili della banca, raccolse un compenso complessivo di quasi 50 milioni, nei cinque anni come CEO di Credit Suisse, dal 2015 al 2020. Subentrato a Thiam, Thomas Gottstein venne ricompensato per il suo lavoro nel primo anno di pandemia con un compenso di 8 milioni e mezzo. Cifra precipitata a 3.7 milioni nel 2021 quando esplosero i bubboni di Greensill e Archegos. E veniamo allo scorso anno, con una crisi latente la cui gravità era difficile da prevedere. Per scrivere un nuovo capitolo e tracciare il nuovo futuro della seconda banca svizzera, è stato scelto il banchiere svizzero Urlich Körner. Malgrado dei bilanci catastrofici, un piano di ristrutturazione che si è interrotto ancora prima di cominciare, l’amministratore delegato in carica ha ricevuto un compenso di 2 milioni e mezzo nel 2022.

Più lineari, proprio per il loro ruolo, i compensi versati ai 5 presidenti del consiglio di amministrazione degli ultimi 15. Il più professionalmente longevo, lo zurighese Urs Rohner, nei suoi 10 anni di presidenza ha guadagnato 43.6 milioni, la media annuale è presto fatta: 4.3 milioni. Un milione e qualche centinaio di migliaia di franchi in più rispetto a quanto ricevuto lo scorso anno da quello che sarà l’ultimo presidente di Credit Suisse: Axel Lehman che durante il suo anno alla testa del CdA del gruppo ha guadagnato 3.19 milioni.

un anno fa
Svizzera
Gli impresari costruttori temono una frenata dell'edilizio dopo il salvataggio di Credit Suisse
©Chiara Zocchetti
©Chiara Zocchetti
Lo ha comunicato oggi a Società svizzera degli impresari-costruttori (SSIC). L'intera economia svizzera potrebbe ora avviarsi verso una recessione, nonostante le precedenti previsioni avessero ipotizzato più che altro una leggera crescita economica".

Gli avvenimenti che ruotano attorno al destino di Credit Suisse avranno probabilmente un effetto a catena sul settore delle costruzioni. Anche se l'acquisizione della banca da parte di UBS ha calmato le acque, quanto annunciato domenica potrebbe suscitare alcune incertezze all'interno dell'economia svizzera, ha scritto oggi la Società svizzera degli impresari-costruttori (SSIC) in un comunicato. I consumatori baderanno più alle proprie spese, mentre le aziende probabilmente si mostreranno maggiormente caute nei loro investimenti. "L'intera economia svizzera potrebbe ora avviarsi verso una recessione, nonostante le precedenti previsioni avessero ipotizzato più che altro una leggera crescita economica", avverte la SSIC.

Il principale settore dell'edilizia ne risentirà. A inizio anno, la SSIC prevedeva per il 2023 un calo dell'attività edilizia dell'1% rispetto all'anno precedente, ma, a fronte degli eventi attuali, è probabile che la diminuzione sia un po' più marcata, ha aggiunto. "Normalmente ci si aspetterebbe una politica monetaria espansiva a sostegno dell'economia", ha scritto l'associazione di categoria. A causa dell'elevata inflazione, è probabile che la Banca nazionale svizzera (BNS) aumenti ulteriormente i tassi di interesse quest'anno per riportare i prezzi sotto controllo. "La minaccia di recessione farà sì tutt'al più che la BNS proceda più lentamente", sottolinea la SSIC.

un anno fa
Ticino
Sovrapposizione di personale, "la paura c'è in entrambe le banche"
L’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS non smette di porre interrogativi sul futuro. Dal punto di vista del personale, cosa sarà dei dipendenti di due banche così simili? Ticinonews lo ha chiesto a Morena Ferrari Gamba.

Il personale di Credit Suisse, ma anche quello di UBS è preoccupato dopo l'annuncio di domenica inerente l'acquisizione da parte del primo istituto bancario svizzero della banca in difficoltà. Questa mattina Bloomberg ha fatto sapere che numerosi "cacciatori di teste" in tutto il mondo hanno ricevuto dei contatti da parte dei collaboratori delle due società. Anche in Ticino si iniziano ad avvertire questi timori.  “È presto per parlare delle conseguenze per il personale, ma qualche contatto c’è già stato”, ha spiegato a Ticinonews Morena Ferrari Gamba, esperta in risorse umane e senior partner di Ledermann, Wieting&Partners. “Abbiamo percepito qualche preoccupazione. Inoltre se da un lato si corre a rinfrancare i clienti dicendo di stare tranquilli, dall’altra si percepisce la paura di ciò che potrebbe accadere, anche perché stiamo parlando di due entità simili”, ha continuato l’esperta, sottolineando come “la preoccupazione tocca sia Credit Suisse sia UBS perché le sovrapposizioni ci sono in entrambe le banche”.

“In molti verranno ricollocati, forse con uno stipendio più basso”

Non è la prima difficoltà che deve affrontare la piazza finanziaria ticinese. “Dopo la crisi di UBS nel 2008 ci sono stati problemi piuttosto importanti nel ricollocare le persone”, ha detto Ferrari Gamba. Ora, nel 2013, la situazione appare molto simile. “Nel settore bancario ci sono stipendi sopra la media, di conseguenza per alcuni dipendenti ci sarà anche un ridimensionamento in termini economici. Con un giusto accompagnamento e una corretta valutazione delle competenze di queste persone si riuscirà a ricollocarne una grande parte. Chiaramente chi ha un proprio portafoglio clienti avrà più facilità a trovare un nuovo impiego. Il problema sarà per chi è attivo nel middle office, dove le sovrapposizioni sono tante. In questo caso i lavoratori potrebbero trovare una collocazione in aziende esterne al settore finanziario”.

un anno fa
Svizzera
Credit Suisse deve sospendere il pagamento dei bonus
Il Consiglio federale si è pronunciato sulle retribuzioni variabili della banca.

Il Credit Suisse deve sospendere il pagamento di determinati bonus ai suoi collaboratori. Lo rende noto il Consiglio federale su decisione del Dipartimento federale delle finanze (DFF). Si tratta di retribuzioni variabili, ad esempio sotto forma di diritti su azioni, già garantite per gli esercizi fino al 2022, ma che vengono versate solo in un secondo momento. Le retribuzioni variabili già garantite e versate per il 2022 non verranno invece vietate. 

un anno fa
Svizzera
"A rischio 40 mila lavoratori"
©Gabriele Putzu
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È quanto prevede il Financial Times, secondo cui a seguito dell'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS "potrebbero venir tagliati un terzo dei 120'000 posti di lavoro del gruppo combinato, dato che UBS ridimensiona gran parte della banca d'investimento e rimuove i ruoli sovrapposti in Svizzera".

Il salvataggio di Credit Suisse (CS) da parte di UBS porterà a un taglio di decine di migliaia di posti di lavoro e il settore finanziario svizzero si sta già preparando a subire un duro colpo. È quanto scrive il quotidiano economico-finanziario britannico Financial Times (Ft) nell'edizione online secondo cui i tagli dovrebbero riguardare soprattutto le attività di CS all'interno della Svizzera e la sua banca d'investimento, che impiegano complessivamente più di 30'000 dipendenti. Per quanto sia troppo presto per quantificare quanti ruoli verranno eliminati "potrebbe trattarsi di un terzo dei 120'000 posti di lavoro del gruppo combinato, dato che UBS ridimensiona gran parte della banca d'investimento e rimuove i ruoli sovrapposti in Svizzera".

"Credit Suisse, che alla fine del 2022 contava poco più di 50'000 dipendenti, era già al centro di un'ampia azione di riduzione dei posti di lavoro, con 4000 posizioni tagliate finora quest'anno - scrive Ft. Ma si prevede che l'acquisizione comporterà la perdita del posto di lavoro di molti dei 17'000 banchieri d'investimento di CS, in quanto UBS sta riducendo la maggior parte dell'unità. UBS, che impiega 74'000 dipendenti in tutto il mondo, cercherà anche di eliminare le sovrapposizioni di ruoli di Credit Suisse in Svizzera, di chiudere filiali e di ridurre il personale in posizioni amministrative".

un anno fa
Mercati
Con l'acquisizione di Credit Suisse UBS guadagna 5 miliardi in borsa
©Gabriele Putzu
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l titolo di UBS balza del 7,4% a 18,6 franchi, dopo aver segnato un rialzo massimo del 9,2%. Tra ieri e oggi la capitalizzazione del colosso svizzero è aumentata di oltre 5,5 miliardi di franchi.

UBS vola alla borsa di Zurigo segnando il rialzo più consistente dal marzo 2020, mentre tra gli investitori si fa largo l'idea che il numero uno bancario elvetico abbia fatto un ottimo affare rilevando Credit Suisse, acquistato al "prezzo di saldo" di 3 miliardi di franchi con importanti garanzie e aiuti da parte della Banca nazionale e della Confederazione, finalizzati a ridurre i rischi dell'operazione. Il titolo di UBS balza del 7,4% a 18,6 franchi, dopo aver segnato un rialzo massimo del 9,2%. Tra ieri e oggi la capitalizzazione del colosso svizzero è aumentata di oltre 5,5 miliardi di franchi.

un anno fa
Credit Suisse
"Bisogna condannare i dirigenti, la banca doveva fallire"
© parlament.ch
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È il pensiero di Thomas Minder, consiglieri agli stati sciaffusano e padre dell'iniziativa contro le remunerazioni abusive. "Tutti subiranno le conseguenze di quanto accaduto a Credit Suisse "perché anche l'AVS e le casse pensione hanno investito nella banca".

"È inaccettabile che il consiglio d'amministrazione (di Credit Suisse, ndr) la faccia franca". Lo sostiene Thomas Minder, il padre dell'iniziativa contro le remunerazioni abusive, secondo cui i membri del Cda dovrebbero essere severamente puniti. Lo sciaffusano critica anche il salvataggio da parte di UBS: "La banca andava lasciata fallire". "Non è accettabile che queste persone non vengano perseguite in caso di errori e colpe di questo tipo", afferma Minder in una intervista al Blick. Per il consigliere agli Stati sciaffusano (indipendente, ma nel gruppo UDC) "non si tratta di sola stupidità, ma di energia criminale". "Se avessi abbastanza soldi, lancerei una nuova iniziativa popolare", afferma.

"La responsabilità è del CdA"

Finora, ha proseguito Minder evocando il salvataggio di UBS nel 2008 e il "grounding" di Swissair nel 2001, nessuno ha dovuto rendere conto di quanto accaduto. "Ci vorrebbe una responsabilità degli organi dirigenti che coinvolga anche il loro patrimonio privato". Alla domanda se l'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) o la Banca nazionale non avrebbero dovuto intervenire prima, Minder risponde sottolineando che "la responsabilità primaria spetta al consiglio di amministrazione (Cda) di Credit Suisse", che deve ora assumersi le proprie responsabilità.

"Una banca deve poter fallire"

Lo sciaffusano critica invece pesantemente la Confederazione. Berna, invece di risolvere il problema del "too big to fail", acconsente a che due giganti si fondano per creare qualcosa di ancora più grande. "Eppure sono le grandi banche a far vacillare l'economia globale", sostiene. Per Minder la messa a disposizione di soldi pubblici è "un errore enorme". La Confederazione non avrebbe dovuto salvare "un'azienda così idiota!". Secondo il "senatore" non ci sono dubbi: "Una banca deve poter fallire, come tutte le altre imprese". Per lo sciaffusano già nel 2008 si sarebbe dovuto lasciar fallire UBS. Il suo salvataggio è stato inutile: non c'è stabilizzazione, c'è anzi un panico mondiale se si guarda l'andamento dei corsi azionari delle banche. Ma c'è di più: per Minder l'accordo annunciato domenica "è quasi un esproprio per il tramite del diritto d'urgenza". Tutti ne subiranno le conseguenze, perché anche l'AVS e le casse pensione hanno investito in Credit Suisse. "Io stesso detengo alcune azioni per poter esprimermi all'assemblea generale", afferma.Gli azionisti sono comunque corresponsabili della situazione: hanno eletto le persone sbagliate in seno al Cda e approvato per anni remunerazioni eccessive. Minder dice poi di non capire perché gli azionisti hanno sempre lasciato fare e approvato alti compensi anche a fronte di una cattiva gestione. Detto ciò, per lo sciaffusano è chiaro che "il consiglio di amministrazione è il primo responsabile di questo disastro".

"Basta con le grandi banca, vanno smembrate"

Per il futuro, Minder ritiene che occorra rivedere le norme del "too big to fail". Ciò passa, per il consigliere agli Stati, dallo smembramento delle grandi banche. "Ciò significa che anche UBS deve essere scissa". Non devono più esserci grandi banche: "Immaginate cosa succederebbe se anche UBS venisse coinvolta nella tormenta". In merito a una eventuale Commissione parlamentare d'inchiesta (CPI), Minder ritiene che questa, se istituita, non dovrebbe occuparsi del caso Credit Suisse ma piuttosto del ricorso al diritto d'urgenza. "Ultimamente l'abbiamo usato per Swissair, UBS, la pandemia di Covid e ora per il Credit Suisse". Per lo sciaffusano occorre regolamentare la legislazione in materia in modo più preciso. "Il Consiglio federale non può farvi ricorso semplicemente perché Credit Suisse ha subito un crisi di fiducia", sostiene.

un anno fa
Estero
Credit Suisse aveva già un piano per tagliare 9'000 posti
È quanto ricostruisce l'agenzia di stampa economica Bloomberg.

Già prima dell'avvio dell'acquisizione da parte di UBS, Credit Suisse (CS) stava valutando un piano di taglio di 9000 posti di lavoro nel tentativo di salvarsi. Lo ricostruisce l'agenzia di stampa economica statunitense Bloomberg, secondo la quale questo potrebbe essere solo l'inizio, con il numero totale che potrebbe essere molto più elevato.

Sovrapposizioni tra i due colossi

La fusione tra i due colossi bancari crea infatti significative sovrapposizioni. Le due banche insieme impiegano quasi 125'000 persone, con circa il 30% del totale in Svizzera. Le prime ricostruzioni degli analisti vedono un taglio di almeno 10'000 posti di lavoro derivante dall'acquisizione di CS da parte di UBS, soprattutto a carico di Credit Suisse. Il presidente del consiglio di amministrazione (cda) di UBS, Colm Kelleher, ha affermato domenica durante la conferenza stampa indetta a Berna dal Consiglio federale che è troppo presto per sapere l'ammontare delle perdite di posti di lavoro, ma ha indicato che sarà un numero significativo, spiega Bloomberg, ricordando che la banca acquirente ha indicato domenica che prevede di tagliare la base dei costi annuali di oltre 8 miliardi di dollari (oltre 7,5 miliardi di franchi) entro il 2027, cioè quasi la metà delle spese di Credit Suisse lo scorso anno. UBS appare convinto della bontà delle attività di gestione "tradizionali" di Credit Suisse, ma molto meno da quelle della sua banca d'affari, che potrebbe anche essere chiusa.

un anno fa
Credit Suisse
S&P, "abbassate le probabilità di un contagio più ampio"
Secondo S&P global ratings, è comunque probabile che le condizioni di finanziamento continuino a inasprirsi, provocando ulteriori episodi di turbolenza sul mercato del credito.

Le misure di liquidità emergenziali adottate dalle banche centrali e l'acquisizione accelerata di Credit Suisse da parte di UBS "hanno probabilmente abbassato le probabilità di un contagio più ampio del sistema bancario, anche se la decisione di cancellare le obbligazioni AT1 di Credit Suisse potrebbe contribuire ad aumentare il costo del capitale per le banche". Lo afferma un rapporto di S&P global ratings che guarda anche alla "rapida fine" di Silicon Valley Bank e di Signature Bank. "In generale i rischi di credito si mantengono elevati. I fallimenti delle banche statunitensi sono l'ultimo episodio di una volatilità finanziaria in parte causata dall'aumento dei tassi di interesse", aggiunge S&P global ratings, che "ritiene improbabile che questo episodio impedisca ai policymaker di rispettare il compito di contenere l'inflazione e si attende che i tassi rimangano più alti ancora a lungo".

"La qualità del credito sarà ancora sotto pressione"

L'agenzia di rating "ritiene inoltre probabile che le condizioni di finanziamento continuino a inasprirsi, provocando ulteriori episodi di turbolenza sul mercato del credito". Sebbene quest'anno abbia visto alcuni sviluppi favorevoli al credito in termini di crescita, catene di approvvigionamento e costi dell'energia, S&P global ratings "si attende che la qualità del credito sia ancora sotto pressione, dato l'aumento dei tassi e il rallentamento della crescita. I downgrade stanno superando gli upgrade e i tassi di default sono in aumento", indica il rapporto.

un anno fa
Economia
"Credit Suisse aveva già piano per tagliare 9'000 posti"
Lo riferisce l'agenzia di stampa economica statunitense Bloomberg. Il numero totale, alla luce della fusione con UBS, potrebbe essere molto più alto.

Già prima dell'avvio dell'acquisizione da parte di UBS, Credit Suisse stava valutando un piano di taglio di 9'000 posti di lavoro nel tentativo di salvarsi. Lo ricostruisce l'agenzia di stampa economica statunitense Bloomberg, secondo la quale questo potrebbe essere solo l'inizio, con il numero totale che potrebbe essere molto più elevato. La fusione tra i due colossi bancari crea infatti significative sovrapposizioni. Le due banche insieme impiegano quasi 125'000 persone, con circa il 30% del totale in Svizzera.

un anno fa
Svizzera
Credit Suisse-UBS, i sindacati: "Il focus sia salvare i posti di lavoro"
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L'Unione Sindacale Svizzera ha manifestato il proprio appoggio all'Associazione svizzera degli impiegati di banca (ASIB) nella sua lotta a tutela del personale e per ottenere un buon piano sociale.

Dopo l'eclatante acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS bisogna concentrarsi sul mantenimento dei posti di lavoro e delle misure di prevenzione. È la posizione dell'Unione sindacale svizzera (USS), secondo cui non spetta ai dipendenti pagare per gli errori commessi da manager e autorità.

"Minacciati decine di migliaia di posti"

Nel corso di una conferenza stampa odierna a Berna, l'USS ha manifestato il proprio appoggio all'Associazione svizzera degli impiegati di banca (ASIB) nella sua lotta a tutela del personale e per ottenere un buon piano sociale. "Le due banche hanno il dovere di evitare tagli brutali. La posta in gioco è colossale per i 17'000 impiegati di Credit Suisse in Svizzera", avverte la confederazione sindacale in una nota diffusa a margine dell'incontro con i media. "Direttamente o indirettamente, decine di migliaia di posti sono potenzialmente minacciati". Stando all'ASIB, è necessario un pacchetto di salvataggio per il personale dei due istituti finanziari. La situazione è drammatica, nonché enormemente stressante, scrive a sua volta in un comunicato l'associazione. "Si sta profilando una tempesta, ma nessuno sa chi sarà colpito", ha aggiunto durante la conferenza stampa il suo presidente, Michael von Felten, stando al quale grande incertezza regna sovrana pure in seno a UBS.

Quali scopi

L'obiettivo finale deve essere il mantenimento dei posti di lavoro. In caso di licenziamento, i dipendenti interessati dovrebbero trovare un impiego il più rapidamente possibile. Inoltre, in occasione della fusione delle due banche, ai contratti ceduti dovrebbe applicarsi la tutela contro il licenziamento, in particolare per i dipendenti di età superiore ai 55 anni.

Si richiede una task force

Una task force dovrebbe essere istituita al più presto. Per l'organizzazione, tale richiesta, già avanzata domenica, ha avuto riscontro positivo. L'auspicio è che il gruppo di esperti possa iniziare a lavorare entro la fine del mese. Anche UBS dovrebbe partecipare. Il pacchetto di salvataggio non deve comportare licenziamenti fino alla fine dell'anno, ha affermato la co-direttrice dell'ASIB Natalia Ferrara, ossia prima del completamento effettivo dell'unione fra le due banche. Qualora non fosse possibile evitarne, dovrebbero essere gestiti nel quadro del piano sociale. Una protezione speciale e più marcata è poi da prevedere per i collaboratori over 55, per i quali la ricerca di un lavoro è particolarmente complicata, ha in seguito spiegato la ticinese. "I rischi eccessivi presi dai vertici di Credit Suisse" hanno messo la banca spalle al muro, ha accusato il capo economista dell'USS Daniel Lampart. A suo dire, nemmeno Confederazione e Banca nazionale svizzera (BNS) hanno la coscienza pulita e sono colpevoli di aver gettato fumo negli occhi ai cittadini, sostenendo di aver ridotto i problemi degli istituti di rilevanza sistemica rispetto ai tempi dello sfiorato collasso di UBS nel 2008. La dichiarazione dell'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) secondo cui il meccanismo "too big to fail" non può entrare in gioco in una "crisi di fiducia" lascia sbalorditi, ha detto ancora Lampart.

Servono misure preventive

Bisogna evitare che quanto successo ricapiti, afferma insomma il sindacato. Secondo l'USS, le autorità devono adottare misure preventive, un aspetto finora criminalmente sottovalutato, per garantire che le banche dispongano di liquidità e riserve di capitale proprio sufficienti a sopportare le perdite. Inoltre, vanno imposti limiti ai rischi che si possono prendere e va abolito il sistema retributivo che si basa sui bonus. E, contrariamente a quanto avvenuto nel recente passato con manager dalla scarsa esperienza nel settore, solo chi ha le qualifiche necessarie dovrebbe poter assumere ruoli dirigenziali. Berna ha concesso a UBS una garanzia di 9 miliardi di franchi, somma che equivale a circa 1'000 franchi per svizzero, ha ricordato Lampart. Un atteggiamento, fa notare, che la consigliera federale e ministra delle finanze Karin Keller-Sutter faticherà a giustificare in tempi in cui la Confederazione risparmia sull'AVS, riduce le rendite del secondo pilastro e in cui i premi di cassa malati sono in costante aumento. Il tutto perché le autorità non hanno tenuto abbastanza al guinzaglio Credit Suisse e le grandi banche, ha concluso l'esperto.

un anno fa
Economia
Credit Suisse, -2,1% in Borsa dopo il tracollo della vigilia
Si tratta di un valore vicino ai 76 centesimi proposti da UBS per l'acquisizione dello storico rivale. Dal canto suo, UBS guadagna il 3,2% a 17,88 franchi.

Credit Suisse (CS) contiene le perdite in borsa dopo il tracollo della vigilia. A Zurigo il titolo cede il 2,1% a 0,80 franchi. Si tratta di un valore vicino ai 76 centesimi proposti da UBS per l'acquisizione dello storico rivale, per un prezzo totale di 3 miliardi di franchi. CS si è portato sul valore di 3,2 miliardi di franchi di capitalizzazione. Dal canto suo, UBS guadagna il 3,2% a 17,88 franchi.

un anno fa
Svizzera
Foglia: "Acquisizione a cifre troppo basse"
È quanto sostiene il vicepresidente della Banca del Ceresio Antonio Foglia.

"Non ho motivi per credere che i bilanci, compreso quello di Credit Suisse, non corrispondano alla verità. Proprio per questo non mi capacito dei numeri dell'operazione di salvataggio sull'istituto elvetico ad opera di UBS. Sborsare, seppure unitamente alla presenza di una linea di liquidità da 100 miliardi di franchi da parte della Banca nazionale svizzera, solo 3 miliardi mi pare un nonsense". Così al quotidiano economico finanziario italiano Il Sole 24 Ore il vicepresidente della Banca del Ceresio Antonio Foglia, membro del Global Partners' Council dell'Institute for New economic thinking. "Credit Suisse ha 39 miliardi di capitale e 99 miliardi di Tlac (Total loss absorbing capacity, ndr). Di fronte a simili dati, la somma che viene pagata è, secondo il mio parere, eccessivamente bassa. Dal che due sono le possibilità. O, da un lato, si pensa che la contabilità di Credit Suisse non corrisponda alla realtà dei fatti. Un'eventualità cui non voglio credere. Oppure, dall'altro, UBS approfitta del contesto creatosi e le authority elvetiche danno dimostrazione di non essere all'altezza della situazione. Si tratta di un contesto il quale, evidentemente, non aiuta a tranquillizzare il mercato".

un anno fa
Svizzera
Credit Suisse, una storia lunga oltre 160 anni
©Gabriele Putzu
©Gabriele Putzu
È l’atto finale. La cessione di Credit Suisse ad UBS per tre miliardi in titoli scrive la parola fine ad una storia iniziata il 5 giugno 1856 e terminata il 19 marzo 2023.. Ripercorriamo la storia della banca nella scheda.
un anno fa
Economia
Rating di Credit Suisse messo sotto osservazione da S&P
S&P ha messo coerentemente sotto osservazione anche UBS con una possibile rivalutazione negativa sul rischio di esecuzione derivante dall'acquisizione di Credit Suisse, anche se non pensa che sia uno scenario probabile.

S&P Global Ratings ha messo sotto osservazione il rating del gruppo Credit Suisse "con risvolti positivi" e ha abbassato il rating sugli strumenti di capitale ibridi AT1 emessi da Credit Suisse Group a 'C' da 'B' e 'B+' dopo l'accordo per la fusione con UBS. Se andrà a buon fine i rating verranno equiparati a quelli di UBS. "Riteniamo che il gruppo UBS sia materialmente più forte del gruppo Credit Suisse. L'acquisizione andrà quindi a vantaggio della società stabilizzando il suo franchising, nonché il suo finanziamento e la sua liquidità. Dovrebbe anche promuovere un rafforzamento degli standard di governance e di gestione del rischio di Credit Suisse" spiegano gli analisti. Nell'ambito dell'operazione la FINMA ha stabilito che il capitale AT1 del Credit Suisse sarà azzerato. L'importo nominale aggregato di questi strumenti è di circa 16 miliardi di franchi. "Di conseguenza, abbiamo abbassato le nostre valutazioni su di loro a "C". A nostro avviso, il default su questi strumenti è una certezza virtuale e prevediamo di abbassare i rating di emissione a "D" una volta confermata l'attuazione della svalutazione" aggiungono.

Occhi puntati anche su UBS

S&P ha messo coerentemente sotto osservazione anche UBS con una possibile rivalutazione negativa sul rischio di esecuzione derivante dall'acquisizione di Credit Suisse, anche se non pensa che sia uno scenario probabile. "Riteniamo che il management di UBS eseguirà prudentemente l'integrazione e, a causa delle riserve finanziarie molto elevate derivanti dalla transazione e del massiccio sostegno di liquidità da parte della Banca nazionale svizzera, vediamo riserve sufficienti per limitare efficacemente i rischi emergenti". "Prendiamo inoltre atto delle misure straordinarie della Banca nazionale svizzera per fornire un massiccio supporto di liquidità al gruppo combinato, che dovrebbe garantire solidi buffer a livello consolidato e di entità legale. Ciò contribuirà a ripristinare la fiducia del mercato durante la fase iniziale dell'integrazione" aggiungono gli analisti.

un anno fa
Credit Suisse
“Chiediamo soluzioni socialmente sostenibili per i lavoratori”
©Gabriele Putzu
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È l’appello fatto dalla Società svizzera degli impiegati del commercio, la quale -sull’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS- si dice “rincresciuta che tale passo si sia reso necessario”

“Occorre applicare i piani sociali negoziati, dal momento che le dipendenti e i dipendenti non sono responsabili della situazione attuale. Ci impegneremo attivamente affinché siano conservati quanti più posti di lavoro possibili in Svizzera e, dove necessario, affinché siano individuate soluzioni socialmente sostenibili”. Ad affermarlo Hannes Elmer, responsabile specializzato del partenariato sociale della Società svizzera degli impiegati del commercio. “La protezione dei 17mila dipendenti di Credit Suisse e dei 21mila di UBS riceve la massima attenzione dalla nostra parte. È necessario preservare il massimo numero possibile di posti di lavoro e rispettare i rispettivi piani sociali”, scrive l’Associazione in un comunicato, la quale in merito all’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS si dice “rincresciuta che tale passo si sia reso necessario” e richiede “una comunicazione aperta e tempestiva affinché sia possibile individuare soluzioni socialmente sostenibili a favore di tutte le collaboratrici e di tutti i collaboratori”. Mentre per quanto riguarda gli apprendisti attivi nelle due banche, per l’Associazione “i posti di formazione devono essere garantiti”.

un anno fa
Svizzera
Manifestazione di protesta contro Credit Suisse a Zurigo-Paradeplatz
Per i manifestanti quanto successo è uno scandalo. "Profitti per il settore privato, perdite per lo Stato", recitava l'appello alla manifestazione sostenuta dalla GISO, dal movimento Sciopero del Clima, i Giovani Verdi, il PS di Zurigo, i Verdi di Zurigo e la Sinistra alternativa.

Diverse centinaia di persone hanno manifestato oggi sulla celebre Paradeplatz di Zurigo, dove si trovano le sedi emblematiche del Credit Suisse e di UBS. La Gioventù socialista (GISO) e altre organizzazioni avevano lanciato l'appello a protestare contro gli "abusi". Per i manifestanti quanto successo è uno scandalo. "Profitti per il settore privato, perdite per lo Stato", recitava l'appello alla manifestazione. I dimostranti hanno ricordato i miliardi versati da Credit Suisse in bonus e dividendi.

I manifestanti hanno anche criticato il fatto che non ci sono soldi per la lotta contro la crisi climatica, la sicurezza delle pensioni e l'aiuto ai rifugiati, mentre per il salvataggio delle banche non ci sono problemi. Oltre allo GISO, hanno sostenuto la dimostrazione anche Sciopero del Clima, i Giovani Verdi, il PS di Zurigo, i Verdi di Zurigo e la Sinistra alternativa.

un anno fa
Ticino
Vitta: "Prematuro trarre delle conclusioni"
Il direttore del Dipartimento delle finanze (DFE) Christian Vitta commenta ai microfoni di Ticinonews l'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS e le possibili conseguenze per la piazza finanziaria ticinese.

Avete già un'idea sulle possibili conseguenze occupazionali e sociali a livello cantonale?

"Non abbiamo ancora indicazioni di questa natura. Ora bisogna attendere le prossime fasi. Siamo in contatto con i vertiti delle due banche a livello regionale e l'associazione bancaria ticinese. È importante che questi contatti permangano nei prossimi mesi per monitorare la situazione e vedere che margini ci sono per intervenire come ente pubblico. È prematuro ora trarre delle conclusioni".

In che misura questa crisi potrebbe impattare sulle infanze cantonali

"Difficile da dire. siamo confrontati con delle entità nazionali e internazionali, che hanno delle loro attività in Ticino. Bisogna vedere nelle prossime cosa andrà a consolidarsi come nuova realtà. Da li si potrà capire in dettaglio eventuali impatti di natura finanziaria".

C'è preoccupazione per la piazza finanziaria ticinese?

"Tutti questi cambiamenti creano delle incertezze sulla piazza finanziaria. Lo abbiamo visto anche in passato di fronte ad altre realtà che hanno conosciuto dei cambiamenti importanti. sono cambiamenti che non toccano solo quella ticinese, ma anche svizzera. C'è molta incertezza da affrontare, ma siamo qui come ente pubblico".

un anno fa
Svizzera
In centinaia dimostrano davanti al Credit Suisse a Zurigo
Numerose persone alle 18.00 si sono riunite di fronte alla sede della banca.

È in corso una manifestazione davanti all'edifico di Credit Suisse a Paradeplatz, a Zurigo. La protesta è stata lanciata dai giovani socialisti contro i responsabili del crollo della banca. La polizia è presente sul posto. "È uno scandalo che la grande banca Credit Suisse negli ultimi anni abbia pagato miliardi in bonus e dividendi e ora la società debba salvare la banca", si legge nella nota diramata dai giovani socialisti. "Inoltre, né Credit Suisse né UBS sono soggetti a regole relative a bonus e obiettivi climatici. Ancora una volta vale lo slogan: “Profitti privati, perdite per lo Stato”.

un anno fa
Svizzera
Prevista la soppressione di 9'500-12'000 impieghi
Sono le stime dell'istituto BAK Economics, che non prevede tuttavia un forte aumento del tasso di disoccupazione.

L'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS causerà la perdita di 9'500-12'000 posti di lavoro. Malgrado ciò, non si prevede un forte aumento del tasso di disoccupazione. Lo indica l'istituto di ricerca BAK Economics, nel quale indica che l'operazione ha permesso di evitare un grave danno all'economia svizzera. In una nota, l'istituto precisa che "con l'acquisizione da parte di UBS sono stati limitati i danni per la piazza finanziaria svizzera causati dalla crisi di Credit Suisse". Insomma, il rischio di una crisi bancaria generale è stato notevolmente ridotto. "Si è così evitato un danno diretto maggiore all'intera piazza economica elvetica".

Effetti limitati sul PIL

L'operazione, stando a BAK Economics, avrà effetti limitati sul PIL della Svizzera, che dovrebbe ancora crescere del 0,7% quest'anno e dell'1,6% nel 2024. Gli effetti negativi della crisi di Credit Suisse rimangono infatti in gran parte limitati al settore bancario. Ci saranno comunque delle conseguenze, anche se il deflusso dei fondi dei clienti all'estero dovrebbe ora arrestarsi. BAK Economics ritiene invece che la perdita di valore aggiunto subita dalla piazza finanziaria svizzera sarà verosimilmente permanente.

Gli effetti sul mercato del lavoro

Le conseguenze dell'acquisizione si faranno sentire chiaramente sul mercato del lavoro: si stima che le due grandi banche offrano complessivamente 37’000 impieghi in Svizzera. A medio termine, lo smantellamento della rete di filiali e altre misure di razionalizzazione comporteranno probabilmente la perdita di circa 9'500-12'000 posti di lavoro, ciò che corrisponde allo 0,3% del totale degli impieghi in Svizzera.

Il Cantone più colpito sarà Zurigo

Stando a BAK Economics, il cantone più colpito sarà Zurigo, dove il potenziale di razionalizzazione sarà probabilmente di 6'500-8'000 impieghi. Ciò corrisponde allo 0,9% di tutti i posti di lavoro del cantone.

Non si prevede un improvviso rialzo del tasso di disoccupazione

Malgrado questi massicci tagli, BAK Economics non prevede un aumento improvviso del tasso di disoccupazione, né a livello nazionale né a livello cantonale. Il processo di razionalizzazione di UBS richiederà infatti diversi anni. Il mercato del lavoro, caratterizzato da una carenza di lavoratori qualificati, dovrebbe inoltre essere in grado di assorbire in gran parte lo schock.

un anno fa
Tassazione
Credit Suisse, possibili effetti sulle imposte nel Canton Zurigo
© Shutterstock
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A comunicarlo è il capo del Dipartimento delle finanze Ernst Stocker. "L'operazione finanziaria potrà intaccare le entrate fiscali sia delle persone fisiche sia di quelle giuridiche", ha dichiarato il consigliere di stato zurighese.

L'acquisizione di Credit Suisse (CS) da parte di UBS potrebbe avere delle ripercussioni sulle imposte nel Cantone di Zurigo. A comunicarlo è il capo del Dipartimento delle finanze Ernst Stocker. Le conseguenze precise saranno analizzate prossimamente. "L'operazione finanziaria potrà intaccare le entrate fiscali sia delle persone fisiche sia di quelle giuridiche", ha dichiarato oggi Stocker in una conferenza stampa tenutasi a Zurigo. Ha poi aggiunto che "verranno ora avviate delle analisi a tal riguardo". Il "ministro" ha infine ribadito la solidità delle finanze del Cantone.

La sindaca di Zurigo, Corine Mauch, si è detta "scioccata" dalla fine di CS. "È una cesura per la Svizzera e soprattutto per Zurigo", poiché la banca svolge un ruolo importante come datore di lavoro, formatore, contribuente e mecenate culturale. Ha inoltre chiesto che vengano chiarite le responsabilità di questa vicenda.

un anno fa
Svizzera
Anche il Centro vuole una sessione straordinaria alle Camere
I centristi vogliono anche discutere di come limitare i rischi per l'economia svizzera ora che rimane una sola grande banca.

Dopo Verdi, socialisti e liberali-radicali, anche l'Alleanza del Centro vede di buon occhio la convocazione di una sessione straordinaria delle Camere federali sul caso Credit Suisse. In questo modo, scrive il partito in un comunicato, la soluzione trovata potrà poggiare su basi parlamentari solide. I centristi vogliono anche discutere di come limitare i rischi per l'economia svizzera ora che rimane una sola grande banca. Sono in gioco la sicurezza e la stabilità dei posti di lavoro in Svizzera, delle PMI, dei risparmi privati e di quelli degli istituti di previdenza.

Secondo la legge sul Parlamento, se un credito urgente è superiore ai 500 milioni di franchi, un quarto dei membri di una Camera può chiedere la convocazione dell'Assemblea federale in sessione straordinaria entro una settimana. Tale sessione straordinaria deve tenersi nel corso della terza settimana che segue l'inoltro della richiesta di convocazione. Potrebbe quindi svolgersi dopo Pasqua.

un anno fa
Svizzera
Pure il PLR vuole una sessione straordinaria alle Camere
Il partito chiede inoltre che i manager restituiscano i bonus degli anni precedenti e che quelli per l'anno in corso vengano bloccati.

Dopo i Verdi e il PS, anche il PLR si unisce al coro di partiti che vogliono una sessione straordinaria del Parlamento sulla questione Credit Suisse. Nel corso di un incontro odierno con i media a Berna, i liberali-radicali hanno inoltre chiesto una serie di misure, fra cui la rinuncia ai bonus da parte dei manager. I vecchi vertici di Credit Suisse devono essere chiamati a rispondere, ha detto il presidente del partito e consigliere agli Stati argoviese Thierry Burkart. I bonus degli anni precedenti vanno dunque restituiti e quelli per l'anno in corso bloccati.

Secondo il PLR, la sessione straordinaria è un'opportunità per presentare le proprie rivendicazioni attraverso degli interventi. I dibattiti mostreranno poi se una Commissione parlamentare d'inchiesta (CPI), come vorrebbe la sinistra, dovrebbe essere istituita o meno, ha aggiunto Burkart. I liberali-radicali hanno poi illustrato alcune delle loro richieste. In primo luogo, serve una nuova strategia per la piazza finanziaria, così da limitare i rischi legati alla nuova mega banca sorta dopo l'acquisizione di Credit Suisse a opera di UBS, ha affermato il consigliere nazionale zurighese Beat Walti.

un anno fa
Svizzera
“Ci aspettiamo il taglio di molti posti di lavoro"
Per Natalia Ferrara, co-direttrice dell’associazione svizzera degli impiegati di banca, sarà inevitabile un taglio del personale e chiede rassicurazioni alle autorità.

Dopo la fusione con UBS, una riduzione dell’organico pare purtroppo quasi inevitabile. Lo conferma ai microfoni di Ticinonews Natalia Ferrara, co-direttrice dell’associazione svizzera degli impiegati di banca. “Questa nuova grandissima banca, che viene già chiamata ‘mostro’ per quanto sarà grande, andrebbe ad avere in Svizzera circa 40'000 dipendenti, sommando le due banche”, spiega Ferrara. “Sono tanti ed è chiaro che dal punto di vista di UBS l’obiettivo è far sì che questo affare funzioni. Noi ci aspettiamo quindi il taglio di molti posti di lavoro”.   

un anno fa
Economia
Rimbalzo del titolo di UBS
©Chiara Zocchetti
©Chiara Zocchetti
Dopo un inizio di giornata segnato da una perdita dell'8.6% il titolo di UBS è tornato a guadagnare terreno: poco dopo le 15 guadagnava il 3.71% a 17.74 franchi per azione.

Dopo un inizio di giornata laborioso in seguito all'annuncio ieri dell'acquisizione di Credit Suisse, UBS ha visto il proprio titolo rimbalzare questo pomeriggio. Poco dopo le 15:00 guadagnava il 3,71% a 17,74 franchi, dopo aver superato il +6% poco prima. In apertura UBS perdeva l'8,6% a 15,64 franchi. Credit Suisse al momento è in discesa del 51,74% a 0,89 franchi, dopo aver aperto a -62% (a 70 centesimi), una cifra inferiore all'equivalente di 76 centesimi proposto dal numero uno bancario elvetico UBS per l'acquisizione dello storico rivale.

un anno fa
Ticino
Credit Suisse, “serve un intervento urgente del Cantone”
Il Movimento per il Socialismo ha inoltrato un’interrogazione al Consiglio di Stato per chiedere di “cercare di rispondere a questa nuova emergenza occupazione e sociale, oltre che finanziaria”.

Cinque domande per chiedere “un intervento urgente del Cantone nella crisi di Credit Suisse”. È il contenuto dell’interrogazione inoltrata al Consiglio di Stato dal Movimento per il Socialismo (Mps). “L’acquisizione da parte di UBS dell’ormai fallimentare Credit Suisse non risolve evidentemente i problemi sul tappeto. Pensiamo in modo particolare al problema del personale”, scrivono Matteo Pronzini, Simona Arigoni, Angelica Lepori.     

un anno fa
Svizzera
Berset rinuncia a viaggio in Colombia per il caos di CS
Il presidente della Confederazione doveva recarsi nel paese andino per accompagnare il processo di pace in corso con l'esercito di liberazione nazionale.

Il rilevamento di Credit Suisse da parte di UBS avrà ripercussioni anche sull'agenda del presidente della Confederazione Alain Berset. Un viaggio del consigliere federale friburghese in Colombia, pianificato da molto tempo, è in effetti stato annullato. Lo stesso Berset aveva annunciato la trasferta in un'intervista concessa a "Le Temps" lo scorso dicembre. La visita era poi stata confermata dal presidente colombiano Gustavo Petro durante il Forum economico mondiale (WEF) di Davos (GR) in gennaio. Ma la vicenda Credit Suisse ha avuto ragione del viaggio in Sudamerica. "A causa delle decisioni prese in questi ultimi giorni dal Consiglio federale, l'agenda di Berset ha subito cambiamenti che si ripercuotono su tutta la settimana. La visita è quindi stata cancellata", ha fatto sapere a Keystone-ATS il Dipartimento federale dell'interno.

Nel Paese andino, la Svizzera accompagna il processo di pace in corso con l'Esercito di liberazione nazionale (ELN). Dieci giorni fa, il movimento di guerriglia di ispirazione guevarista e il governo di Bogotà si sono impegnati ad avviare colloqui per un cessate il fuoco. Come precisato a "Le Temps", dopo il Mozambico, dove si è recato in febbraio, Berset voleva tastare la realtà sul terreno anche in Colombia relativamente alla problematica della protezione dei civili nelle zone di conflitto. Un tema che la Confederazione promuoverà nel corso della sua presidenza al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il prossimo maggio.

un anno fa
Svizzera
La Società degli impiegati di commercio chiede di coinvolgere le parti sociali
La Società degli impiegati del commercio chiede massima trasparenza nei confronti dei dipendenti sui prossimi passi nell'imminente integrazione di Credit Suisse in UBS. In un comunicato odierno, l'associazione deplora l'operazione annunciata ieri. Affinché il tutto avvenga nel modo più socialmente accettabile, è necessario mantenere il maggior numero possibile di posti di lavoro e rispettare i piani sociali, scrive l'organizzazione, garantendo che i collaboratori interessati verranno sostenuti con consulenze e informazioni.
un anno fa
Svizzera
SKS: "La dirigenza sia obbligata a rinunciare ai bonus"
Lo chiede la Fondazione per la protezione dei consumatori, secondo cui bisogna rivedere le normative too-big-to-fail. "È inaccettabile che una banca di importanza sistemica venga condotta al baratro, che debba essere sostenuta dallo Stato e che allo stesso tempo vengano versati bonus", indica SKS in una nota. "Ci sono volute misure drastiche per ripristinare la fiducia nel Credit Suisse", ha ricordato Sara Stalder nel comunicato. Il prezzo è stato tuttavia molto alto: in futuro, i rischi per la Svizzera in caso di fallimento di UBS saranno ancora maggiori di quelli attuali.
un anno fa
Svizzera
Credit Suisse fa meno paura, torna sotto i 2 mila dollari
L'oro ridiscende sotto quota 2 mila dollari l'oncia, sopra la quale in mattinata era tornato per la prima volta da marzo 2022, mentre gli investitori iniziano a digerire il salvataggio di Credit Suisse, rassicurati dalle autorità europee sul fatto che nell'Eurozona i salvataggi bancari non penalizzeranno mai i bondholder rispetto agli azionisti. Il metallo giallo azzera i rialzi e scambia a 1983 dollari sul mercato spot.
un anno fa
Svizzera
Il Parlamento potrebbe tenere sessione straordinaria
Secondo la presidente della Delegazione delle finanze Ursula Schneider Schüttel si tratta di un'opzione possibile.

Il Parlamento potrebbe discutere rapidamente sull'acquisto di Credit Suisse da parte di UBS con l'avallo della Confederazione. Se un quarto dei membri di un Consiglio lo richiede, una sessione straordinaria potrebbe essere messa in calendario. Stando alla presidente della Delegazione delle finanze (DelFin) delle Camere federali, Ursula Schneider Schüttel (PS/FR), si tratta di un'opzione possibile.

La DelFin ha approvato ieri i crediti di impegno urgenti proposti dal Consiglio federale. Secondo la legge sul Parlamento, se un credito urgente è superiore ai 500 milioni di franchi, un quarto dei membri di una Camera può chiedere la convocazione dell'Assemblea federale in sessione straordinaria entro una settimana. Tale sessione straordinaria deve tenersi nel corso della terza settimana che segue l'inoltro della richiesta di convocazione. Potrebbe quindi svolgersi dopo Pasqua. "Vi saranno certamente abbastanza parlamentari che la richiederanno", ha dichiarato la presidente della DelFin all'agenzia Keystone-ATS.

Lavoro in commissione

Non tutti i parlamentari sono però dello stesso avviso. Il presidente della "potente" Commissione dell'economia e dei tributi del Nazionale, Leo Müller (Centro/LU) sostiene piuttosto un lavoro in una cerchia ristretta, in seno alla commissione. Ad inizio aprile, questa commissione riceverà informazioni da parte del Consiglio federale, della Banca nazionale svizzera e dell'Autorità di vigilanza dei mercati (Finma). Soltanto la questione del credito di impegno urgente spinge per una sessione straordinaria, ha indicato Müller a Keystone-ATS. Per contro, il parlamentare del Centro non vuole una commissione parlamentare d'inchiesta (Cpi). Una tale commissione dovrebbe esaminare i comportamenti del Consiglio federale e dell'amministrazione. Ma, nel caso di Credit Suisse, la colpa è della banca stessa. La Cpi è uno strumento complesso da attuare. I due Consigli devono approvarla. La priorità è di esaminare i fatti e di cercare soluzioni concrete, non di lavorare sul passato perché tutti lo vedano", ha aggiunto.

un anno fa
Svizzera
Soci sauditi perdono 1,1 miliardi di franchi
Costa caro ai sauditi l'investimento nel Credit Suisse, di cui la Saudi National Bank (Snb) aveva rilevato alcuni mesi fa il 9,9% del capitale per 1,4 miliardi di franchi. La quota, sottoscritta a fine novembre nell'ambito dell'aumento di capitale da 4 miliardi dell'istituto elvetico, vale ora circa 300 milioni. La banca saudita in una nota ha detto che "i cambiamenti della valutazione dell'investimento di Snb nel Credit Suisse non hanno impatti sui piani di crescita di Snb e sulla guidance per il 2023".
un anno fa
Svizzera
Il dossier Credit Suisse approda all'Eurosummit
La crisi di Credit Suisse, ma anche gli effetti del fallimento dell'americana Silicon Valley Bank, "saranno sul tavolo dell'Eurosummit" ma non è ancora stato deciso se il punto sarà inserito nelle conclusioni. Lo spiega un alto funzionario europeo in vista del Consiglio europeo che si terrà giovedì e venerdì prossimo a Bruxelles. Oggi, alle 12, si terrà un pranzo di lavoro tra il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, la presidente della Bce, Christine Lagarde, e il presidente della Bei, Werner Hoyer per la preparazione dell'Eurosummit.
un anno fa
Svizzera
CS e UBS: "A rischio gli impieghi di entrambe"
Lo dichiara l'economista Stéphane Garelli, professore presso l'International Institute for Management Development (IMD).

L'acquisizione di Credit Suisse (CS) da parte di UBS metterà a rischio gli impieghi di entrambe le banche, non solamente quelli di CS. A dichiararlo è l'economista Stéphane Garelli, professore presso l'International Institute for Management Development (IMD). "Quando avviene una fusione tra due entità simili vi è una sovrapposizione di responsabilità e in questo caso non è detto che saranno assunte dai collaboratori di UBS", ha detto Stéphane Garelli ai microfoni di RTS questa mattina.

I dipendenti del Credit Suisse apporteranno un contributo anche sui piani delle competenze e delle reti, ha aggiunto Garelli. "Questo significa che rischiamo di ritrovarci con molte persone che dispongono di competenze finanziarie sul mercato, che però saranno purtroppo senza lavoro". In relazione a "un gigante bancario che è molto più grande degli altri", l'esperto ritiene che questo non sia "molto salutare", soprattutto per la concorrenza. In futuro, sarà necessario garantire che non si verifichi un abuso di posizione dominante. Ci si chiede anche se una tale dimensione sia gestibile.

un anno fa
Svizzera
La Finma potrebbe imporre altre condizioni ai manager
La Finma sta analizzando le condizioni che riguardano i manager delle due banche.

"In un primo momento si è trattato di trovare una soluzione per la protezione dei risparmiatori e dell'immagine della piazza finanziaria svizzera", ha detto oggi un portavoce dell'Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (Finma) all'agenzia economica AWP. "In seconda battuta andranno chiarite altre questioni", ha dichiarato confermando informazioni rese noto dalla radio SRF. Con questa presa di posizione l'autorità reagisce a esternazioni fatte dalla consigliera federale Karin Keller-Sutter, che parlando dei manager ha citato l'esempio di un possibile divieto di dividenti o di misure riguardanti i salari. Il tutto, aveva sottolineato, è comunque di competenza della Finma.

Bonus assicurati ai dipendenti di Credit Suisse

Credit Suisse ha nel frattempo assicurato che i bonus e gli aumenti già promessi ai dipendenti verranno normalmente elargiti. I pagamenti dovrebbero avvenire il 24 marzo, secondo quanto comunicato da Bloomberg. Altro cantiere: andrà chiarito quali impieghi verranno tagliati in seguito alla fusione.

un anno fa
Svizzera
I Verdi: "La malagestione ricade ancora sui contribuenti"
Per I Verdi il caso di Credit Suisse è la conseguenza di anni di cattiva gestione, di cui ancora una volta devono rispondere i contribuenti e non i manager.

Quindici anni dopo UBS, scrivono i Verdi in una nota odierna, anche Credit Suisse ha dovuto essere salvata dai contribuenti. Vengono nuovamente concessi aiuti di Stato a società che sono in gran parte responsabili del riscaldamento globale, lamentano gli ecologisti. La Confederazione ha infatti messo sul piatto una garanzia di 9 miliardi di franchi per far fronte ai rischi dell'operazione. E questo, proseguono i Verdi, è stato fatto senza alcun requisito di sostenibilità ambientale, sociale ed economico. Il partito sta quindi valutando se convocare straordinariamente l'Assemblea federale, come è possibile dopo la concessione di prestiti urgenti da parte della Delegazione delle finanze, in quanto il Parlamento deve poter esprimersi su questioni di tale portata.

Glättli: "Non si può andare avanti così"

"La politica economica e finanziaria borghese ha quasi trascinato la Svizzera nel baratro per la seconda volta in quindici anni. Non si può più andare avanti così", ha affermato, durante una conferenza stampa, il presidente del partito e consigliere nazionale zurighese Balthasar Glättli. "Il Consiglio federale deve presentare immediatamente proposte che mettano fine alla cultura dell'irresponsabilità collettiva. Solo così sarà possibile ripristinare la competitività e l'affidabilità della piazza finanziaria svizzera", ha aggiunto il suo collega alla Camera del popolo Gerhard Andrey (FR). Stando ai Verdi, sono quindi necessarie nuove regole del gioco per tenere sotto controllo i rischi sistemici, culturali e di politica finanziaria della piazza elvetica. "Proporremo in commissione l'introduzione di un sistema bancario separato", ha detto la consigliera nazionale sangallese e vicepresidente del partito Franziska Ryser. Una decina di anni fa, una mozione del gruppo ecologista che chiedeva di dividere le attività bancarie tradizionali da quelle d'investimento era stata bocciata a causa della resistenza di PLR, dell'allora PPD e dei Verdi liberali. Gli eventi degli ultimi giorni, continuano i Verdi, hanno dimostrato che la regolamentazione svizzera "too big to fail" è carta straccia alla luce dei rischi economici e delle dipendenze derivanti dalle banche di importanza sistemica. E la fusione di UBS e Credit Suisse, sostenuta dallo Stato, non farà altro che aggravare questo problema in futuro.

Il PS valuta CPI e sessione straordinaria

Anche il PS sta valutando se convocare straordinariamente l'Assemblea federale. Lo ha riferito durante una conferenza stampa online la capogruppo ecologista alle Camere Aline Trede (BE). Le due formazioni di sinistra sostengono anche l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta (CPI) sulla vicenda, già ventilata ieri dai socialisti. Secondo Trede, un'indagine di questo tipo offrirebbe la possibilità di un'analisi vera e propria su quanto successo.

un anno fa
Svizzera
"Svizzeri alla cassa per un management irresponsabile"
Marco Chiesa, presidente UDC, critica l'agire della dirigenza dell'istituto e l'azione precipitosa delle autorità elvetiche.

"Le difficoltà del Credit Suisse sono il risultato di decisioni manageriali sbagliate". A ribadirlo è il presidente dell'UDC Marco Chiesa, dopo che già ieri il partito aveva preso una dura presa di posizione nei confronti della banca, che ha perseguito "una strategia estera aggressiva". Strategia che però "è fallita" e ora si riversa su migliaia di posti di lavoro, mentre la dirigenza "ha incassato stipendi milionari senza doversi mai assumersi le proprie responsabilità".

Chiesa critica anche l'azione del Consiglio federale, giudicata precipitosa. "Solo pochi giorni fa, la BNS e l'Autorità di vigilanza per i Mercati Finanziari (Finma) confermavano che CS soddisfava i requisiti di capitale. Come è possibile che ora le regole del "too big to fail", create proprio per casi simili, non vengano applicate? Il Consiglio federale ha ceduto ancora una volta alle pressioni provenienti dall'estero? A quanto pare, le autorità di regolamentazione e di vigilanza straniere hanno fatto pressione per evitare che venissero applicate le regole svizzere del "too big to fail". Il Consiglio federale avrebbe dovuto tracciare una linea chiara in questo caso: È inaccettabile che gli svizzeri debbano pagare miliardi dai fondi nazionali per fallimenti normativi all'estero".

un anno fa
Estero
Credit Suisse: il commento dei media internazionali
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L'acquisizione della seconda banca elvetica è finita sulle prime pagine dei giornali internazionali.

L'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS occupa le prime pagine dei giornali internazionali. Ecco i principali commenti.

Lavorare di più sui rischi bancari

Secondo il Financial Times una cosa è chiara: il caso Credit Suisse mostra che bisogna lavorare di più nell'ambito dei rischi bancari. Anche se una dose di rischio è nota, il crollo di Credit Suisse è arrivato comunque a sorpresa. Alle autorità non è rimasta altra scelta se non favorire la fusione con UBS.

La banca più propensa al rischio

L'americano Wall Street Journal sottolinea come Credit Suisse fosse la banca elvetica più propensa al rischio. Le difficoltà hanno però portato ad un'amara fine dopo 167 anni. Le radici di questa sconfitta sono da ricercare nel modo in cui è stata gestita la crisi del 2008. Prima di allora la situazione era infatti rosea.

Una fine inimmaginabile

Per il francese Le Monde l'immagine della Svizzera è legata al consenso. Eppure anche nella Confederazione tutto può cambiare brutalmente in fretta. La fine di Credit Suisse era fino a poco fa inimmaginabile.

Un accordo storico

La fusione annunciata ieri è la più importante nell'Europa bancaria dalla crisi economica di 15 anni fa, ha sottolineato invece il tedesco Handelsblatt. Il salvataggio è dovuto avvenire assolutamente prima dell'apertura dei mercati asiatici oggi. Il mondo intero ha seguito un accordo definito storico.

un anno fa
Svizzera
CS-UBS, per la stampa "una domenica di vergogna" per la Svizzera
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Da "spreco sociale" a "schiaffo all'orgoglio", passando per "scandalo storico": sono decisamente critiche le voci che si levano dalla stampa svizzera dopo la notizia dell'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS.

"L'acquisizione della vergogna", "scandalo storico", "giornata disastrosa": questa mattina la stampa non le ha mandate a dire riguardo all'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS. La fusione non sarà senza conseguenze per la piazza finanziaria elvetica che, dopo troppi errori, subisce un duro colpo al proprio orgoglio, stimano i giornali.

"Schiaffo all'orgoglio"

"È uno spreco sociale, economico e una vergogna politica per dei dirigenti troppo lenti ad agire", scrive nel suo editoriale il capo della rubrica economica di Tribune de Genève e 24 Heures, Pierre Veya. Le autorità ci hanno messo troppo, a suo dire, a capire che "gli squali del mondo anglosassone" avrebbero imposto soluzioni radicali. Troppi errori, tergiversazioni, mezze verità e goffaggine hanno avuto la meglio su un istituto leggendario, che ha perso la sola qualità non negoziabile per una banca: la fiducia, ha proseguito. Risultato: la Svizzera si ritrova oggi più piccola e torna a una sorta di normalità bancaria. "Non è la fine della storia, relativizziamo, ma uno schiaffo al suo orgoglio". Secondo Le Temps le autorità, ebbre di fiducia, non hanno dato seguito alle domande di estrazione della parte svizzera dell'attività, chiesta anche dagli azionisti. "L'attendismo" del quale hanno dato prova le autorità ha infine affossato Credit Suisse che "decisamente" non avrebbe dovuto cadere, deplora il quotidiano.

Attesi "effetti collaterali"

"La Svizzera ha dormito troppo a lungo mentre Credit Suisse scivolava verso la rovina", rincara la dose il Blick. Il quotidiano si sorprende che le autorità, ma anche le altre banche, non abbiano reagito prima, forzando i protagonisti di questa débâcle a inventarsi una soluzione d'emergenza. Per le testate di lingua tedesca del gruppo Tamedia si tratta semplicemente di uno "scandalo storico". Confederazione, Finma e BNS si sono fatti schiacciare i piedi da UBS. Quest'ultima raccoglie tutti i benefici mentre clienti e collaboratori pagano il prezzo, si legge. Le misure prese dalla Confederazione gravano poi con un rischio di 9 miliardi sulle spalle dei contribuenti. Bisogna attendersi "effetti collaterali", conferma la Neue Zürcher Zeitung (NZZ), che descrive un giorno nero per la piazza finanziaria elvetica e i suoi numerosi impiegati. "La Svizzera si è certamente sbarazzata di una banca zombie - prosegue il giornale - ma si risveglia oggi con una banca mostro". Mostro perché il bilancio totale di UBS è ormai quasi due volte più importante delle prestazioni economiche raggiunte in Svizzera.

"Un film già visto"

Fra i quotidiani ticinesi, il Corriere del Ticino sottolinea che ancora una volta, come in un sequel di un film già visto quindici anni fa, l'intervento decisivo è quello della mano pubblica. Nell'editoriale, firmato da Generoso Chiaradonna, Credit Suisse viene descritto come un "rottame radioattivo" che avrebbe potuto causare danni ancora peggiori se lasciato alle intemperie del mercato. Per il quotidiano La Regione quella appena trascorsa è stata "una domenica bestiale". Nel suo editoriale Franco Zantonelli rimarca come, dopo gli ultimi due esercizi in rosso della banca e la perdita di valore del titolo del 70% in un anno, "scopriamo che Credit Suisse si trovava sull'orlo del baratro da tempo, ma che c'è voluta un'incauta affermazione mercoledì scorso del principale azionista, il presidente di Saudi National Bank, perché chi doveva vigilare si allertasse. Lo stesso Consiglio federale ha dichiarato di aver iniziato a predisporre il salvataggio l'indomani. Fa specie sentire parlare di danno di fiducia, di terremoto sui mercati, quando i rimedi arrivano, quando arrivano, sempre sul filo di lana". 

un anno fa
Economia
Credit Suisse, il titolo scende del 62% in apertura
© CdT/Gabriele Putzu
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Il corso è inferiore all'equivalente di 76 centesimi proposto dal numero uno bancario elvetico UBS per l'acquisizione dello storico rivale, per un prezzo totale di 3 miliardi di franchi.

Il giorno dopo la notizia dell'acquisizione da parte di UBS, Credit Suisse risulta in profondo rosso in apertura dei mercati: il calo è del 62% a 70 centesimi. UBS cede dal canto suo l'8,6% a 15,64 franchi. Il corso è inferiore all'equivalente di 76 centesimi proposto dal numero uno bancario elvetico UBS per l'acquisizione dello storico rivale, per un prezzo totale di 3 miliardi di franchi. 

L'impegno del contribuente

Ecco in estrema sintesi quale è l'impegno che il contribuente elvetico si è assunto ieri, nell'ambito dell'acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS. La Confederazione fornirà una garanzia di 9 miliardi di franchi a UBS per ridurre i rischi derivanti dall'acquisizione di alcune attività potenzialmente in perdita. La Banca nazionale svizzera fornirà "sostanziale sostegno di liquidità": le due banche possono ottenere un sostegno di liquidità sotto forma di prestito per un ammontare massimo complessivo di 100 miliardi di franchi; la BNS può fornire a Credit Suisse ulteriori 100 miliardi sotto forma di prestito coperto da garanzia federale; la Confederazione ha inoltre deciso di concedere alla BNS una garanzia contro il rischio di insolvenza in relazione ai prestiti di liquidità.

UBS e CS pagano 1,5% su prestito liquidità

UBS e Credit Suisse pagheranno l'1,5% di interesse sul denaro preso a prestito dalla Banca nazionale svizzera (BNS) nell'ambito della loro fusione. Lo ha detto Marlene Amstad, presidente del consiglio di amministrazione della Finma, l'autorità di vigilanza dei mercati finanziari, nel corso della conferenza stampa indetta ieri dal Consiglio federale. Concretamente le due banche possono ottenere un sostegno di liquidità sotto forma di prestito con privilegio nel fallimento per un ammontare massimo complessivo di 100 miliardi di franchi. Oltre a ciò, e sulla base dell'ordinanza del Consiglio federale, la Banca nazionale può concedere a Credit Suisse un sostegno di liquidità sotto forma di prestito assistito da garanzia della Confederazione contro il rischio di insolvenza per un ammontare massimo di 100 miliardi di franchi. Nel frattempo, il CS ha rassicurato il suo staff:  i bonus saranno pagati, così come i promessi aumenti dei salari. Lo riporta l'agenzia Bloomberg.

Il parere di Economiesuisse

Con il suo "drastico intervento", il Consiglio federale ha evitato oggi una destabilizzazione della piazza finanziaria svizzera dalle conseguenze imprevedibili: lo afferma la federazione delle aziende elvetiche. Alla luce degli eventi che si sono susseguiti nelle ultime ore e negli ultimi giorni, l'organizzazione dice di sostenere l'operazione orchestrata dal governo, "ma si rammarica fortemente che si sia arrivati a questo punto". L'acquisizione di Credit Suisse evita "un'escalation disastrosa": ora la piazza finanziaria ha bisogno soprattutto di calma e stabilità, conclude l'organismo.

un anno fa
Svizzera
UBS rileva Credit Suisse per 3 miliardi di franchi
La BNS garantirà liquidità per 200 miliardi di franchi. L'azione di Credit Suisse valorizzata a 0,76 franchi. Keller-Sutter chiede garanzie per i dipendenti.

Credit Suisse viene rilevata da UBS per 3 miliardi di franchi: l'operazione è orchestrata dal Consiglio federale e dalla Banca nazionale svizzera (BNS), con l'istituto d'emissione che garantirà alle due banche liquidità per 100 miliardi di franchi. Per ridurre i rischi di UBS la Confederazione fornisce inoltre una garanzia di 9 miliardi. L'annuncio della mega-fusione è stata annunciata durante una conferenza stampa del Consiglio federale alle 19.30, dopo che per giorni si erano rincorse voci di una possibile acquisizione. 

L'azione di Credit Suisse valorizzata a 0,76 franchi

Per l'acquisizione di Credit Suisse UBS paga 3 miliardi di franchi in azioni della stessa UBS. Secondo i termini dell'intesa resi noti stasera, gli azionisti di Credit Suisse riceveranno 1 azione UBS ogni 22,48 azioni CS detenute. Il titolo della seconda banca svizzera viene quindi valorizzato a 0,76 franchi. Per un confronto: venerdì, alla chiusura della borsa di Zurigo, l'azione CS valeva 1,86 franchi, quello di UBS 17,11 franchi. Il rapporto era quindi allora di 1 a 9.

Berset: "La soluzione migliore per ripristinare la fiducia"

Per il presidente della Confederazione Alain Berset, il quale ha aperto la conferenza stampa indetta dal Consiglio Federale a Berna, l’acquisizione di Credit Suisse da parte di UBS è "la migliore soluzione per ristabilire la fiducia dei mercati finanziari".

Keller-Sutter: "Non un salvataggio, ma operazione commerciale"

"Non si tratta di un salvataggio, ma di un'operazione commerciale", ha dal canto suo sottolineato la consigliera federale Karin Keller-Sutter. La responsabile del Dipartimento federale delle finanze (DFF) ha anche difeso la strategia di non rendere noti ulteriori aiuti negli ultimi giorni dopo il primo prestito di 50 miliardi di franchi concesso dalla BNS mercoledì sera. Secondo la ministra ulteriori annunci avrebbero fatto pensare a una "tattica del salame" che avrebbe aumentato ulteriormente l'incertezza riguardo alla società. Il fallimento della seconda banca elvetica andava assolutamente evitato, ha sottolineato. Ora il rischio è "gestibile", ha detto la ministra, aggiungendo che lei stessa è cliente di Credit Suisse, con un conto e un'ipoteca, e che ha anche un conto presso UBS.

Chieste garanzie per i dipendenti

La ministra delle finanze Karin Keller-Sutter ha anche chiesto garanzie per i dipendenti di Credit Suisse dopo l'acquisizione. Il Consiglio federale si aspetta che i datori di lavoro diano a queste persone certezze sul loro impiego il più rapidamente possibile. Molte migliaia di dipendenti sono interessati dall'acquisizione, ha aggiunto Keller-Sutter, dicendosi rammaricata che Credit Suisse non sia stato in grado di superare da solo la difficile situazione. "Sarebbe stata la soluzione migliore". 

I rischi per la Confederazione

L'operazione annunciata questa sera comporta anche dei rischi per la Confederazione e per la piazza economica, ma sono nettamente inferiori rispetto a qualsiasi altro scenario, ha proseguito la ministra. Un fallimento di Credit Suisse avrebbe portato a gravi distorsioni economiche a livello mondiale. La Svizzera ha dovuto assumersi le proprie responsabilità al di là dei confini nazionali.

Il presidente del CdA di Credit Suisse: "Un giorno storico e triste"

"Date le recenti circostanze straordinarie e inaspettate, la fusione annunciata con UBS rappresenta il miglior risultato possibile", ha affermato Axel Lehmann, presidente del consiglio di amministrazione di Credit Suisse, pure presente alla conferenza stampa indetta dal governo. "È un giorno storico e triste", ha aggiunto.

UBS: "Un salvataggio di emergenza"

Il suo collega di UBS Colm Kelleher, seduto non lontano, non ha invece avuto paura di parlare di salvataggio. "Questa acquisizione è interessante per gli azionisti di UBS ma, diciamolo chiaramente, per quanto riguarda Credit Suisse, si tratta di un salvataggio di emergenza". Il presidente del consiglio di amministrazione di UBS ha anche precisato che è ancora troppo presto per dire se l'acquisizione di Credit Suisse comporterà un taglio di posti posti di lavoro.