Francesco Helbling
Ripetizioni di storia per Beat Jans
Redazione
18 ore fa
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Le recenti dichiarazioni del Consigliere federale Beat Jans (PSS), secondo cui il nuovo pacchetto di accordi tra Svizzera e Unione Europea sarebbe paragonabile al Patto del Grütli, sono non solo incoerenti, ma una vera e propria offesa all’intelligenza degli svizzeri. Di seguito verranno messe in evidenza le gravi contraddizioni di questa dichiarazione; non prima, però, di capire gli elementi citati da Jans. 

Il Patto del Grütli è storicamente e folcloristicamente considerato l’atto di nascita della Confederazione tra Uri, Svitto e Untervaldo. Un’alleanza difensiva stretta nel 1291 per resistere all’oppressione degli Asburgo e successivamente anche dei re francesi. Parliamo quindi di un patto militare tra piccole realtà alpine per tutelare la propria sovranità contro vicini potenti e bellicosi. 

Gli Accordi Bilaterali III con l’UE, al contrario, sono intese di natura economica di stampo liberista, che puntano a integrare ulteriormente l’economia svizzera con quella europea, in particolare nei settori strategici come quello dell’energia e quello dei trasporti pubblici, aprendo la strada a una progressiva privatizzazione. 

Solo questa premessa dovrebbe bastare per smontare il paragone: uno è un patto per difendere la sovranità, l’altro è una trappola economica per la Svizzera. Ma andiamo oltre; Jans prova a legittimare il suo paragone affermando che entrambi gli accordi sono stati firmati in tempi difficili. Vero: sia nel 1291 che oggi si vivevano situazioni complesse. Ma la natura delle difficoltà è radicalmente diversa. Nel XIII secolo i cantoni alpini erano minacciati dal dominio imperiale degli Asburgo. Il Patto del Grütli fu dunque una risposta per proteggere la libertà e l’autonomia di queste regioni. Oggi, la Svizzera affronta le pressioni neoliberiste dell’UE e quelle guerrafondaie NATO, che mirano a inglobarci nelle loro rispettive sfere d’influenza e trascinare il nostro Paese nelle loro tenzoni. Se volessimo davvero ispirarci ai confederati del Grütli, dovremmo fare di tutto per proteggere la nostra sovranità, non svenderla come purtroppo sta accadendo. 

Se il nostro Governo stesse effettivamente seguendo le orme dei confederati del Grütli difenderebbe la nostra sovranità con le unghie e con i denti se necessario pur di non finire sotto i diktat di Washington e Bruxelles. Il paragone di Jans avrebbe senso se nel 1291 i tre cantoni avessero firmato un accordo di sottomissione agli Asburgo, divenendone vassalli; per fortuna così non fu e nemmeno oggi noi dobbiamo chinare il capo davanti a queste entità che tanto spavaldamente tentano di piegarci. 

Un’altra evidente menzogna di Jans è che “l’esito dei negoziati promuove il commercio e dunque la nostra prosperità”. Eppure questo contraddice la folle politica estera del Consiglio federale, in particolare degli ultimi anni. 

Ma se davvero commercio significa prosperità, perché allora limitarsi all’UE? Perché non rafforzare i rapporti con i Paesi BRICS o altre economie in forte crescita? E ancora: se davvero il benessere economico è così centrale, perché partecipare passivamente alle guerre economiche di UE e Stati Uniti? Perché adottare sanzioni contro la Russia e compromettere le relazioni con altri attori economici globali (soprattutto per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico)? 

La coerenza sarebbe applicare sanzioni anche a Paesi “amici” quando violano i diritti umani o agiscono da aggressori inclusi UE, USA e Israele. Ma evidentemente, le regole e i parametri cambiano a seconda dai capricci di Washington e Bruxelles.  

Voler evitare di diventare vassalli economici dell’Unione Europea non è solo una questione di principio, ma anche di salvaguardia dei diritti del lavoro e della nostra democrazia. Cosa succede quando un piccolo Paese apre il proprio mercato a una potenza economica molto più grande? Possiamo chiederlo ai Paesi africani, del subcontinente indiano, del Sudamerica e del Sud-Est asiatico. Risposta facile: un disastro. Risposta un po’più articolata: un disastro dovuto alla comparsa di capitali e aziende estere titaniche rispetto alle controparti locali. E siccome il mercato è competitivo che succede? Succede che aziende e capitali locali vengono annientati e soppiantati da quelli esteri che ora venderanno i loro prodotti nel nuovo mercato ma i profitti adesso non rimarranno più nel disgraziato Paese; invece, finiranno nella pancia della potenza più grande arricchendola ulteriormente. E, ciliegina sulla torta, visto che ora nel Paese ci sono aziende estere e l’economia ne è dominata, il Paese non è altro che un mero vassallo, perché se quelle stesse aziende dovessero fare i capricci la popolazione non avrebbe i mezzi per sostentarsi. 

C’è un detto che recita “per prevedere il futuro cerca di conoscere il passato e comprendere il presente”. Viene dunque spontaneo porsi domande sulla validità delle previsioni di Jans in merito agli esiti degli accordi che sostiene. I suoi assurdi paragoni storici dimostrano un livello conoscenza della nostra storia ed una comprensione della realtà del Paese inaccettabili, soprattutto considerando la carica politica che ricopre. 

L’evidente smarrimento ideologico e politico dei vertici della socialdemocrazia nostrana costituisce un duro colpo ai danni della nostra classe lavoratrice, la quale rischia di venire privata dei suoi diritti dato che Jans e compagnia sono troppo occupati a seguire insulse mode europeiste, ignorando la classe lavoratrice e le minacce contro di lei. Il Partito Comunista non cederà di fronte a questi atteggiamenti e farà tutto ciò che è in suo potere per rimanere un punto di riferimento politico serio e coerente per i lavoratori e le lavoratrici svizzeri. 

Di Francesco Helbling, membro di Coordinamento della Gioventù Comunista   

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