Stefano Dias
Quando la politica rinuncia alla realtà
©Chiara Zocchetti
©Chiara Zocchetti
Redazione
3 giorni fa
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Ieri stavo controllando le mie email e tra le molte, mi imbatto in una del Movimento per il Socialismo Ticinese. Non mi sono mai iscritto alla loro newsletter, ma ormai si sa che di questi tempi anche un movimento socialista, segue le tattiche di marketing consumistiche aggiungendo al proprio database più contatti possibili (anche senza il conseso). Fa parte del gioco e lo capisco. Ma questa email mostrava il "manifesto del Movimento per il Socialismo (MPS)", il quale invita a costruire un fronte di opposizione “sociale e politica” in Ticino.

Questo è solo l’ultimo esempio di un fenomeno sempre più preoccupante: la politica che si chiude nella propria bolla ideologica, smette di proporre soluzioni concrete e si trasforma in una continua rappresentazione teatrale del conflitto. Leggere il documento dell’MPS è come aprire un libro di storia degli anni ’70 (mi piace la storia): linguaggio ideologico, riferimenti al “padronato”, alla “rottura con il capitale”, a un fronte di “resistenza sociale”, alla “logica del profitto” e perfino all’“internazionale neofascista”. Il mondo viene diviso in blocchi contrapposti: da una parte il bene (il popolo, il movimento operaio, i diritti sociali), dall’altra il male (la destra, la NATO, le multinazionali, gli Stati Uniti, il sistema democratico stesso). Ma una cosa balza subito all'occhio, non una proposta concreta, non un piano d’azione credibile, non una stima d’impatto o di copertura finanziaria. Tutto è ideologia e opposizione. E non è una mia interpretazione: è l’MPS stesso a rivendicare apertamente questo ruolo. Il documento lo dice chiaramente: si propone di costruire un “fronte di opposizione sociale e politica”, e lo fa gridandolo in ogni paragrafo, chiedendo una marcia contro tutto e tutti. 

Ma così facendo, non fai il bene del Cantone. Perché contrappone, irrigidisce, radicalizza. Amplifica uno scontro che rischia (o lo è già) di diventare sempre più duro e sterile, e lo fa senza offrire soluzioni concrete, ma solo cercando visibilità e affermazione ideologica. Purtroppo questa deriva non riguarda solo l’MPS. In molti contesti, anche fuori dalla Svizzera, la politica sta scivolando in una spirale fatta di slogan e bandiere ideologiche, in cui l’obiettivo non è più migliorare la vita delle persone, ma combattere l’odiato nemico di turno: la destra, i ricchi, l’Occidente, chiunque non si allinei alla narrativa. Negli Stati Uniti, una parte del dibattito progressista è ormai paralizzata da polarizzazioni interne e guerre culturali, mentre dall’altra parte l’estrema destra cavalca il disagio sociale offrendo risposte semplicistiche, ma almeno comprensibili. In Europa si moltiplicano movimenti che si definiscono “anticapitalisti” ma che, nei fatti, flirtano con regimi autoritari e giustificano aggressioni internazionali, purché rivolte contro il “nemico giusto”. Il risultato? Una politica che si chiude in sé stessa, perde contatto con i cittadini e si limita a parlarsi addosso.

È in questo contesto che dobbiamo avere il coraggio di difendere una visione diversa della politica. Non ci dobbiamo accontentare di quello che c'è. Serve riscoprire quei partiti – ma soprattutto quelle persone – che hanno nel loro DNA la capacità di conciliare, di mediare, di ascoltare davvero i bisogni degli altri. Esistono! Ci sono donne e uomini che sanno usare la testa e non sono accecati da manifesti ideologici. Persone che, indipendentemente dal partito di appartenenza, scelgono il buon senso, la responsabilità, l’equilibrio. E che non hanno paura di confrontarsi senza demonizzare, di costruire invece di demolire. È questa la visione che, come presidente, ho voluto dare ai Verdi Liberali Ticino: un partito che non grida per fare politica, che parla con tutti, che cerca soluzioni concrete ai problemi reali e non si chiude nella trincea dello scontro ideologico. Ma questo messaggio va ben oltre il nostro partito. Perché soprattutto nei momenti di difficoltà, ciò che serve non è dividere, ma unire: le persone, le competenze, le menti migliori. I grandi leader lo sanno: non si può governare imponendo “come la penso io”, ma solo mettendo insieme punti di vista diversi, facendo della diversità un punto di forza. I veri leader politici di questo Cantone devono essere autentici, capaci di trascinare tutte e tutti dietro di sé non con la rabbia, ma con la forza della visione, della competenza, della speranza. Devono saper indicare opportunità anche in mezzo alle difficoltà, costruendo ponti e non muri, soluzioni e non slogan.

Stefano Dias
Presidente Verdi Liberali Ticino

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