Niki Paltenghi
No all'accanimento intensivo
Redazione
2 anni fa
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Anche se ci rallegriamo della crescente sensibilità verso le condizioni degli animali (curiosamente variabile fra un pollo stabulato in spazi ridotti e una capra eviscerata viva dal grande predatore) invitiamo a bocciare l’iniziativa “contro l’allevamento intensivo”.

 

Questa rappresenta l’ennesimo attacco volto alle lavoratrici e i lavoratori del primario, senza includere le dinamiche di mercato che spingono un allevamento alla sua intensificazione: quasi come se un’agricoltrice/tore scegliesse, di sua spontanea volontà, di intensificare il suo allevamento, di inquinare le acque o di spargere pesticidi. 

Fintanto che una grande distribuzione (quella a cui la popolazione attinge quotidianamente per acquistare alimenti) non pagherà dei prezzi corretti e getterà la produzione locale in concorrenza con prezzi minori, rimarranno i presupposti per questi tipi di produzione.

 

Troppo facile denunciare gli effetti senza contemplare le cause, accollando le colpe solamente alla parte minore dell’intera filiera: la si smetta di bistrattare le agricoltrici e gli agricoltori, un’assoluta minoranza fra le poche che ancora operano per rispondere ai bisogni reali, biologici, della nostra società. Non chiediamo una convergenza di visioni strategiche, ma un civile e doveroso rispetto verso il faticoso lavoro di queste persone!

 

Premesso ciò – oltre alla destabilizzazione dell’approvvigionamento nazionale, il conseguente aumento dei prezzi delle derrate e l’ulteriore erosione del potere d’acquisto di consumatrici/tori – rimproveriamo la mancanza di una prospettiva globale e sistemica in cui queste iniziative dovrebbero iscriversi. 

Coloro che continuano a fomentare il divario (già troppo ampio) fra produttrici/tori e consumatrici/tori non favoriscono una transizione ecologica ma la mettono a repentaglio a discapito di un cammino condiviso in modo reciproco. Il solo capace di sortire un sistema d’approvvigionamento sostenibile e duraturo nel tempo.

 

Ricordiamo infatti – e lo facciamo con entusiasmo – che nel 2021 il popolo ticinese ha accettato l’introduzione della sovranità alimentare nella Costituzione Cantonale:

(Non ancora in vigore) Art. 14 cpv. 1 lett. n) 

1Il Cantone provvede affinché:

[...]

n) sia rispettato il principio della sovranità alimentare in quanto ad accessibilità agli alimenti per una dieta variata, alla destinazione d'uso sostenibile del territorio e al diritto dei cittadini di poter decidere del proprio sistema alimentare e produttivo. 

Numerose e creative iniziative stanno già prendendo piede in Ticino: distributori automatici spuntati come funghi durante la pandemia, piattaforme di vendita diretta, pionieristici gruppi di acquisto, progetti di CSA Community Supported Agriculture, piccoli ristori di attrazioni turistiche che distribuiscono prodotti limitrofi, ecc. Le condizioni degli animali, i diritti del lavoro, il potere d’acquisto, la correttezza dell’alimentazione e la salvaguardia dell’ambiente passino da questo canale unitario, non punitivo e decisamente più lungimirante!

 

Coerenti con le nostre radici di Partito Operaio e Contadino Ticinese e riguardosi verso le posizioni delle associazioni di settore come i Giovani Contadini Ticinesi, invitiamo dunque a bocciare l’iniziativa del 25 settembre.

di Niki Paltenghi, Gioventù Comunista

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