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Andrea Genola - Gli aiuti Covid salvano l’anima e non i commerci
Redazione
3 anni fa

Che le chiusure non sono una cura per COVID è un fatto perché, se così fosse, adesso il COVID sarebbe un ricordo. Invece si presuppone che servano a non oberare le strutture ospedaliere che non sono state adeguate in tempo utile alle pandemie, come consigliato nei vecchi e urgenti piani pandemia che segnalavano sia le carenze sanitarie che l’arrivo di pandemie disastrose per la società. È anche un fatto incontestabile e riconosciuto che il lockdown crea danni incalcolabili ma immaginabili. Infatti non a caso il CF e CdS stanno lavorando per contenerli. Danni presumibilmente più grandi della malattia stessa e comunque riconosciuti come i peggiori dal dopoguerra. Un esempio di misura valida di contenimento dei danni è stata la concessione del CF di prestiti alle aziende a tasso zero per 2 anni. Misura valida a breve termine ma non una soluzione, perché sposta il problema al momento della restituzione del credito. La nostra Costituzione garantisce al cittadino la libertà economica (Art.27). Lo Stato tutela anche gli interessi dell’economia nazionale e contribuisce con l’economia privata al benessere e alla sicurezza economica della popolazione (Art.94). La nostra Costituzione con l’Articolo 8 garantisce anche l’uguaglianza giuridica e proibisce la discriminazione. Ora che sia urgente aiutare chi è in difficoltà non è solo auspicabile e moralmente doveroso, ma è legalmente obbligatorio. Ma gli aiuti non coprono tutti i danni provocati dalla politica COVID, che ammesso e non concesso sia giusta o giustificabile, provoca un’inammissibile e illegale discriminazione per il diritto svizzero. Discriminazione facilmente identificabile, perché le misure imposte dal CF e CdS hanno impedito, per il presunto benessere di tutti, solo ad alcuni di guadagnare il 100% del loro normale reddito. Quindi aiutare questi ultimi non ristabilirebbe comunque la loro situazione antecedente alle serrate obbligatorie. In pratica gli aiuti spostano nel tempo ma non risolvono i problemi finanziari di chi si è visto decurtare il reddito. Insomma chi stava bene avrà maggiori difficoltà e chi era solo in difficoltà ora andrà comunque in fallimento, mentre chi non è stato toccato dalle misure COVID (non per merito) non pagherà nulla o pagherà “solo” il disastro socioeconomico che comunque pagheremo tutti e lasceremo in eredità ai nostri nipoti. Per questo l’equità nel sostenere la salute pubblica può essere raggiunta soltanto con la rifusione a tutti del 100% del mancato guadagno imposto dallo Stato, infatti solo così si può restituire a tutti la situazione finanziaria precedente alle chiusure forzate. Tra l’altro le perdite arrecate dallo Stato ai cittadini e alle aziende sono per lo Stato facilmente quantificabili, grazie agli strumenti e ai dati già esistenti e in suo possesso, come i certificati di salario, le dichiarazioni d’imposte e i rendiconti IVA. Insomma gli aiuti elargiti a chi strilla o piange di più, dati a fondo perso solo ad alcuni e a interesse zero ad altri servono solo a salvare la coscienza dei politici e a prolungare l’agonia del ceto medio e basso, dei ristoratori, degli artisti, degli artigiani, dei bottegai e dei loro dipendenti.

Andrea genola Astano 19.01.21

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