Fabio Regazzi
Allevamento intensivo: un autentico autogol
©Gabriele Putzu
©Gabriele Putzu
Redazione
2 anni fa
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Ci risiamo: ancora una volta, siamo chiamati ad esprimerci su un’iniziativa dai toni ingannevoli e che, qualora dovesse trovare applicazione, comporterebbe conseguenze dannose per il settore agricolo ma soprattutto per i consumatori. Il prossimo 25 settembre voteremo infatti sull’iniziativa sull’allevamento intensivo. Questa proposta vuole sancire nella Costituzione la dignità degli animali nell’ambito della detenzione a scopo agricolo, introducendo requisiti minimi più severi che soddisfino almeno le direttive Bio Suisse 2018. Questi requisiti si applicherebbero anche all’importazione di animali e prodotti animali, nonché di derrate alimentari con ingredienti di origine animale.

Con le sensibilità alimentari e climatiche che si fanno sempre più strada, una proposta come questa sembra essere al passo con i tempi e in linea con le richieste attuali di consumatori e consumatrici. Tutto bene dunque? Purtroppo no, poiché al di là dei buoni propositi questa iniziativa è non solo inutile, ma addirittura controproducente. Ma vediamo perché.

L’allevamento animale in Svizzera è regolato dalla Legge sulla protezione degli animali, una tra le più severe del mondo, al punto da essere spesso definita come esemplare: non solo sancisce dei requisiti in materia di costruzione e spazio disponibile, ma regola anche la formazione degli allevatori e delle allevatrici, l'alimentazione e le condizioni di trasporto del bestiame. Già oggi sono in vigore e vengono applicati degli standard molto elevati, che sono ben noti ai consumatori e alle consumatrici. La Svizzera conosce inoltre da anni programmi di promozione del benessere degli animali e premia attraverso sussidi quelle aziende agricole – ad oggi, praticamente tutte – che li applicano. Un ulteriore segnale che dimostra come i nostri contadini abbiano a cuore il benessere i propri animali. L’allevamento animale in Svizzera è infatti composto perlopiù da piccole strutture gestite da famiglie contadine, cresciute con i valori del rispetto e della tutela del proprio bestiame. Famiglie che verrebbero poi particolarmente penalizzate anche da un punto di vista economico: l’accettazione dell’iniziativa comporterebbe maggiori costi di produzione, i quali si ripercuoterebbero su prezzi più alti per consumatori e consumatrici. Siccome non tutti avrebbero la possibilità o sarebbero disposti a pagare di più, verrebbe incentivato il turismo degli acquisti e salirebbero le importazioni di prodotti di origine animale da paesi non per forza rispettosi degli standard di benessere animale, a scapito delle produzioni regionali. Un vero proprio autogol!

Non lasciamoci dunque ingannare da questa ennesima proposta da parte di una politica idealista e sconnessa dalla realtà: oltre ad essere superflua, l’iniziativa sull’allevamento intensivo comporterà anche conseguenze gravose per tutta la categoria del mondo agricolo. E così, alla fine dei conti, a pagarne lo scotto sarà come sempre la popolazione.

Fabio Regazzi, Consigliere nazionale del Centro e Presidente usam

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