Hockey
Calvin Thürkauf: "NHL? Voglio vincere il titolo con il Lugano"
Redazione
3 mesi fa
Dopo la stagione su alti livelli che sta proponendo, il capitano dell'HC Lugano Calvin Thürkauf ha parlato ai microfoni di Ticinonews del suo passato, della sua stagione e del futuro.

L’HC Lugano è in piena corsa playoff facendo segnare 144 reti all’attivo (terzo miglior attacco in National League). Un grande apporto offensivo arriva dal suo capitano Calvin Thürkauf che in questa stagione ha collezionato 23 gol e 30 assist. In questa pausa per le nazionali abbiamo colto l’occasione per fare una chiacchierata con l’attaccante zughese dei bianconeri che, dopo delle prestazioni di questo livello, sente le sirene nordamericane.

Ultima pausa di questo campionato, mancano sei partite e siete al sesto posto. È una stagione soddisfacente?

"Sì, sicuro. Ora abbiamo molti infortunati, speriamo di recuperarli e finire la stagione nel miglior modo. Dobbiamo fare più punti possibili, perché vogliamo entrare nei playoff e ora come ora siamo in top-6. Se continuiamo a lavorare così riusciremo a centrare l’obiettivo".

Hai parlato di tanti infortuni. Hai mai vissuto una cosa simile in carriera?

"No, mai. Fa parte dell’hockey, ovviamente. Onestamente è incredibile aver avuto tutti questi infortuni a stagione in corso. Siamo stati sfortunati, ma è anche una grande opportunità per i giovani per migliorare e prendersi le loro responsabilità, per essere più stabilmente in rosa e per misurarsi con loro stessi per il futuro".

È stato difficile tenere alto il morale durante questi momenti?

"No, non penso. L’hockey è così: a volte ti va bene con gli infortuni, altre volte no. Noi siamo stati sfortunati, ma in ogni caso stiamo lavorando duro e stiamo facendo un buon lavoro come squadra. Non importa chi si infortuna: c’è sempre qualcuno che si prende le sue responsabilità".

Siete al sesto posto nonostante gli infortunati. Qual è il potenziale in post-season?

"Nell’hockey non sai mai cosa può succedere. I playoff sono una giungla: a volte sei fortunato e ci sono delle circostanze favorevoli. In ogni caso bisogna prendere partita per partita, ma prima di tutto dobbiamo entrarci nei playoff. Questo è il nostro obiettivo principale".

La vostra super linea ha contribuito a questa posizione in classifica. È così? Quali sono i segreti?

"Sì (ride), siamo una grande linea, ma i risultati non arrivano da un solo terzetto. Ogni giocatore in squadra sta facendo un buon lavoro e anche negli special teams, soprattutto nel penalty killing. Quali sono i segreti? È una domanda difficile. Abbiamo una buona alchimia. Sappiamo esattamente dove si posizionano gli altri giocatori, anche perché abbiamo uno stile di gioco molto nordamericano. In questo modo possiamo fare grandi cose. Con questa linea siamo anche molto solidi difensivamente. Anche se in qualche partita non andiamo a punti, diamo molta energia al gioco e forniamo un grande apporto alla squadra. Non importa chi segna, se la linea di Arcobello o quella di Kempe, è uno sport di squadra. Carr? Abbiamo una buona relazione. È due anni che giochiamo insieme e abbiamo una buona intesa sul ghiaccio. Ogni coppia ha alti e bassi, ma rimane una grande compagno di squadra".

Abbiamo parlato della tua linea, ma parliamo della tua stagione straordinaria. Ti aspettavi di raggiungere questo livello?

"È incredibile pensare a quello che sta succedendo. Però devo pensare alla mia linea e alla squadra, senza le quali non avrei potuto giocare una stagione così. Ho fatto un buon lavoro in estate per aggiustare il mio stile di gioco, e ho anche perso peso per essere più agile sul ghiaccio. Una volta che ti sblocchi non ti fermi più (ride). Penso comunque che si debba fare del proprio meglio ogni sera. Posso segnare, fare assist, fare punti per la mia linea, ma bisogna mantenere la mentalità per dare sempre il massimo".

Nella classifica marcatori sei in testa insieme a Sörensen. Ci pensi a finire al primo posto?

"Sì, è ovvio che un po’ ci penso, ma viene prima la squadra. Sono qui per l’HC Lugano e non per me stesso. Ovviamente se la squadra va bene, anche i giocatori performano. Ma non avrebbe senso essere in cima alla classifica topscorer e poi non andare ai playoff".  

La scorsa stagione hai fatto più fatica. Cos’è cambiato?

L’anno scorso è stata una stagione meno buona, poi nel post-season è andata meglio. In estate ho giocato i Mondiali e mi sono accorto che dovevo cambiare qualcosa. Mi sono allenato e mi sono concertato sulle cose che dovevo migliorare. Ho lavorato anche sulla costanza: l’anno scorso ho avuto molti alti e bassi e sapevo di dover migliorare. Ho cambiato la mia dieta e le mie abitudini e questo mi ha aiutato ad alzare il livello delle mie prestazioni".

Ti reputi un giocatore da playoff dal punto di vista mentale e fisico?

"Amo l’aspetto fisico di questo sport. Nei playoff è tutto più veloce e duro e io mi ci trovo alla grande. Quest’estate ho migliorato alcune caratteristiche per giocare tutta la stagione così".

Che ruolo ha Luca Gianinazzi nella tua crescita?

"Giana ha avuto un ruolo importante nel mio sviluppo, perché chiede tanto alla sua squadra e ad ogni giocatore. Lavoriamo tanto assieme e guardiamo spesso i video per capire cosa possiamo migliorare come singolo o come collettivo. L’anno scorso è stato un po’ difficile per tutti con il cambio allenatore a stagione in corso. Quando le acque si sono calmate e abbiamo preso il ritmo è andata bene. Giana è importante per noi e dobbiamo continuare a lavorare così".

L’anno scorso con il cambio allenatore si diceva che tu facessi fatica ad adattarti al gioco di Gianinazzi. È stato così?

"Sì e no. Era un momento un po’ strano per me. Erano due sistemi di gioco completamente diversi. Giana ha un gioco più strutturato rispetto a Chris. Penso di aver trovare il mio ruolo in squadra, anche l’anno scorso nonostante non segnassi. A volte se il puck non ti aiuta, devi lavorare in modo che le cose vadano meglio".

La scorsa estate è stata ricca di cambiamenti, uno di questi è stato il cambio di capitano, con la “C” che è passata sul tuo petto. Ti aspettavi questa decisione oppure ti ha sorpreso?

"Sì e no… Da un lato è stata una sorpresa, però succede che con l’arrivo di un nuovo allenatore si cerchino delle nuove dinamiche. Sicuramente è un grande onore poter essere il capitano di un club così storico, aggiunge ulteriore pressione nei miei confronti per spingermi a dare il meglio ogni partita. È un qualcosa che mi aiuta a restare ancor più concentrato per dare il mio totale supporto all’intera organizzazione: dalla squadra ai tifosi. Non succede ogni giorno che un giocatore di 26 anni ricopra questo ruolo. Voglio ripagare quanto mi ha dato questo club: mi hanno aiutato in determinate situazioni, nel momento in cui non ero perfettamente in chiaro su come stesse andando la mia vita dopo il mio infortunio alla gamba. Fortunatamente in questo senso le cose stanno andando bene e sto contribuendo anche così ad aiutare i miei compagni. Però alla fine importano davvero le performance della squadra, non le mie personali".

Nello spogliatoio che tipo di leader sei?

"Direi che lo siamo tutti insieme, non sono io l’unico. Siamo tutti adulti che hanno vissuto esperienze in varie squadre giocando in diversi ruoli nelle rispettive carriere. Quindi ci aiutiamo tutti vicendevolmente, anch’io se ho dei piccoli problemi legati a delle faccende da capitano so che posso contare su Arcobello. Non si tratta dunque di una leadership legata a un giocatore, bensì a una mentalità di squadra, siamo tutti uniti".

Durante l’estate di due anni orsono hai firmato un rinnovo fino al 2029, cos’è che ti ha spinto a legarti per così tanto tempo al Lugano?

"Volevo ripagare questa squadra per la fiducia che mi è stata data dopo il mio infortunio ai tempi dello Zugo. Adoro stare qui, c’è un’atmosfera straordinaria: i tifosi, il club, la città… è tutto davvero bellissimo. Mi sono innamorato del Ticino. Come ho detto, vedo come la squadra si sta sviluppando negli ultimi due anni e mi immagino un bel futuro davanti a noi e voglio farne parte".

In un’altra intervista avevi detto che con l’infortunio di Zugo temevi addirittura per la tua carriera, quanto sei stato vicino a smettere di giocare a hockey?

"Sì, è stato senza dubbio un momento difficile della mia carriera. Mi sono rotto la gamba a metà stagione, quindi sono dovuto stare fermo per la restante parte dell’anno. È stata dura perché non sapevo che cosa avrebbe comportato per la mia carriera. Per me era diventata un’incognita il fatto di trovare un posto in un’altra squadra, in quel momento non potevo sapere se avrei poi ricevuto l’opportunità di giocare altrove. Nel momento in cui è arrivata l’offerta del Lugano ho pensato che non avessi niente da perdere. Ne ho parlato anche con i miei genitori che mi hanno detto che sarebbe stata un’occasione per me per dimostrare alla Svizzera quanto valessi. È stata una splendida decisione e sono grato dell’opportunità che mi è stata data. Questo è stato uno dei motivi che mi hanno spinto a ripagare la fiducia dell’HC Lugano".

Ti aspettavi di poterti integrare così bene qui, malgrado sia un altro Cantone, un altro ambiente e una cultura diversa?

"Sì e no… all’inizio di sicuro non è stato evidente con la barriera linguistica. Ma credo sia bello anche uscire dalla propria comfort zone: si può imparare una nuova lingua, conoscere altre persone e altre zone del Paese. È stata una delle cose che mi sono piaciute del Ticino, avere anche a che fare con persone che non parlano il tedesco, è stata una bella avventura finora".

Sbaglio se dico che tu hai capito subito come farti amare dai tifosi? Oltre ad aver imparato la lingua sembra che senti anche molto i derby, penso anche alla tua esultanza sotto la curva dell’Ambrì…

"Sì quello forse è stato un po’ sopra le righe… ma il derby è derby. È una partita sempre emozionale, mi piace senza dubbio giocare questi match in cui entrambe le squadre vogliono vincere a tutti i costi. Sono cose che capitano… faccio parte dell’HC Lugano, non dell’Ambrì, penso che anche ai nostri tifosi sia piaciuto".

I tifosi ti adorano ma hanno una grande paura, che tu possa andare in NHL…

"È difficile rispondere a questa domanda…  il mio focus è sul Lugano, non penso al futuro. La mia attenzione è pienamente rivolta al raggiungimento dei playoff e una volta arrivati lì si prova a vincere il campionato. Sai, è il sogno di ogni giocatore far parte della NHL, ma l’hockey è un business e non si sa mai cosa può accadere. Quindi vedremo cosa succederà in estate".

Hai già giocato tre partite in NHL con la maglia di Columbus, che ricordi hai?

"Ho degli ottimi ricordi. La prima partita fu a Nashville, la seconda in casa, mentre la terza a Minnesota. È stata una grande esperienza, giocare lì è stato il mio sogno sin da bambino e in quei frangenti sono riuscito ad esaudirlo. Ho imparato molto in quel periodo, malgrado la maggior parte del tempo giocassi nella AHL. Sono cresciuto sia come giocatore che come persona e ho potuto riportarlo in Svizzera".

In un’intervista passato hai rivelato che in Nordamerica ti trattano come un pezzo di carne, cosa intendevi?

"È un ambiente maggiormente legato al business, le squadre hanno i propri obiettivi e ci sono sempre in ballo tanti trasferimenti tra giocatori. “Trades” che in Svizzera non ci sono, per cui a dipendenza delle tue performance giochi oppure no. Ci sono 50-60 altri giocatori che vogliono giocare al posto tuo.  È un clima molto differente da qui, lì “o mangi, o vieni mangiato”.  Per questo ho fatto la metafora del pezzo di carne".

Quanto sei diverso rispetto a quella versione di Calvin Thürkauf?

"Ora mi ritengo un giocatore più completo: prima ero un centro two-ways più difensivo, adesso invece ho un’impostazione più offensiva. In questo momento, a 26 anni, sto entrando nella fase in cui un giocatore di hockey ha il proprio picco di prestazioni. Mi ritengo fortunato di far parte di questa squadra e di avere intorno a me compagni del genere".

In diversi hanno un po’ scherzato sul fatto che vivere in Ohio non sia il massimo… tu che sei stato diversi anni a Cleveland cosa ne pensi?

"La meteo non era di certo il massimo, di sicuro diverso da Lugano o dal Ticino in generale. Ma è un aspetto che fa parte della vita: si va a giocare dove si ottiene un contratto. Bisogna saperci convivere, ma ci sono delle belle cose che si possono fare e ho degli splendidi ricordi legati a questa avventura. È un capitolo che si è chiuso, ma da cui ho imparato diverse cose che ho riportato qui e da cui ho tratto vantaggio". 

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