
"Non c'è la volontà di andare a farsi male per forza. Noi chiediamo ai governi: è possibile dire ad Israele "guardate che se attaccherete quelle barche in acque internazionali noi vi daremo delle sanzioni?" Possiamo ragionare sulla possibilità che l'Italia metta un embargo sulle armi o rinunci ad alcuni accordi commerciali. Non c'è una chiusura cieca. Siamo assolutamente aperti a trattative concrete". Lo afferma in un'intervista al Corriere della Sera, Maria Elena Delia, portavoce della delegazione italiana di Global Movement to Gaza.
A Roma per parlare con le istituzioni
"Il direttivo - aggiunge - ha deciso di mandarmi a Roma per portare avanti di persona il dialogo con le istituzioni. Sono in questo progetto dall'inizio ma il nostro è un lavoro collettivo. Ognuno di noi deve essere al posto giusto al momento giusto. La parte più visibile del movimento è sulle barche ma ora dobbiamo evitare che qualcuno si faccia male, questa è una fase delicata, si sta rischiando moltissimo, a Creta eravamo lontanissimi da Gaza e ci hanno attaccato".
Le motivazioni del "no" a Mattarella
Perché avete detto no all'appello del presidente italiano Sergio Mattarella? "Abbiamo apprezzato le parole del capo dello Stato - prosegue Delia - e ne abbiamo colto l'emotività. Ma ci è sembrato che accettare spostasse l'attenzione dal punto centrale. Noi siamo dispostissimi a trovare un corridoio umanitario, che vorremmo fosse permanente, però questo non può essere un'alternativa a poter percorrere liberamente delle acque internazionali. Stiamo cercando di mettere in evidenza una stortura". Per esempio? "Israele - va avanti la portavoce della delegazione italiana di Global Movement to Gaza - potrebbe garantire che una volta al mese si apra un corridoio navale affinché le navi dell'Onu, non quelle della Flotilla, possano portare via mare degli aiuti. Ci sono tante possibilità ma bisogna fare qualcosa in più rispetto a chiedere a noi di non andare a Gaza".
Il Governo italiano "dovrebbe ascoltarci di più"
Cosa chiedete al Governo italiano? "Vorremo che ci ascoltassero un po' di più, magari così capirebbero che non siamo dei provocatori ma stiamo cercando di puntare un faro sul genocidio che è in atto da due anni a questa parte. Noi nasciamo da questo". Israele sostiene che la Flotilla è finanziata da Hamas anche se molti di voi non ne sono consapevoli. "Siamo al di sopra di ogni sospetto, i nostri finanziamenti sono tutti arrivati attraverso raccolte di fondi tracciate" conclude Delia.