I prezzi al consumo sono aumentati su base mensile in febbraio, ma hanno segnato un rincaro annuo negativo. Il relativo indice calcolato dall’Ufficio federale di statistica (UST) si è attestato a 100,2 punti, segnando una progressione dello 0,2% rispetto a gennaio e una contrazione dello 0,5% sull’arco dei dodici mesi. Dai dati pubblicati oggi dall’UST emerge che febbraio è stato il 13esimo mese consecutivo con un indice negativo nel confronto annuo: in questo periodo le variazioni più marcate (-1,3%) sono state registrate in maggio e giugno 2020. L’aumento mensile va ricondotto a vari fattori, tra cui la crescita dei prezzi degli indumenti e delle calzature a causa della fine dei saldi stagionali; più cari sono diventati anche gli affitti delle abitazioni e i carburanti. È invece diminuito il costo del materiale sanitario.

Nel dettaglio, rispetto a gennaio i prezzi dei prodotti indigeni sono rimasti stabili, quelli dei prodotti importati sono saliti dello 0,6%. Su base annua i primi sono scesi dello 0,2%, i secondi dell’1,6%. Lo zoccolo dell’inflazione - che nella definizione dell’UST è il rincaro totale senza quello concernente prodotti freschi e stagionali, energia e carburanti - ha mostrato variazioni di +0,1 (mese) e -0,3% (anno). L’inflazione in Svizzera - come in vari altri paesi - è da anni bassa o addirittura negativa: è stata nulla nel 2014, del -1,1% nel 2015, del -0,4% nel 2016, del +0,5% nel 2017, del +0,9% nel 2018, del +0,4% nel 2019 e del -0,7% nel 2020.

Come noto l’efficacia dell’indice dei prezzi al consumo nell’illustrare il costo della vita percepito dai consumatori è peraltro spesso al centro di accese discussioni. In particolare perché, per motivi metodologici, non comprende i premi dell’assicurazione malattia di base. Il rincaro stabilito dall’UST ha una grande importanza in vari ambiti, non da ultimo nelle negoziazioni salariali.

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