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Ivan Tognini - Biasca: recuperiamo dalla consapevolezza dei nostri avi
Redazione
3 anni fa
Candidato PLR lista no. 3, Municipio no. 7, Consiglio comunale no. 29

Mio nonno una volta mi disse: “Guarda che è meglio che provi ad aggiustarla come si deve piuttosto che buttarla via e comprarne una nuova. Ti darà più soddisfazione e avrai anche risparmiato qualche bel soldino!” Consapevole che aveva ragione, nonostante la mia giovane età seguii il suo consiglio che mi spronò a fare una buona riparazione. Quando passo qualche giorno su nella cascina ai monti che da lui ho ereditato, il suono di quella radio mi accompagna ancora oggi e me lo fa tornare in mente, a più di 30 anni di distanza.

Biasca, un po’ come quegli anziani che ne hanno viste, è una borgata che trasuda storia, fatta di avvenimenti e di luoghi certo, ma anche e soprattutto di persone, anzi di personaggi che nel corso degli anni l’hanno vissuta, pensata e plasmata dandogli quell’identità unica ed inequivocabile che proviene da gente tenace e determinata comunque vada, anche a costo di uscire dagli schemi e sembrare magari anche un po’ rivoluzionaria: quante volte infatti conversando con persone venute da fuori mi son sentito dire: “...eh sì certo, ma voi di Biasca...” come dire che fossimo un caso a parte.

Oggigiorno, complice il naturale susseguirsi delle generazioni e per i cambiamenti intercorsi nella società sempre più uniformata e globalizzata, ci si accorge, con un pizzico di rammarico, che questa identità va lentamente scemando (per non parlare del nostro dialetto, che meriterebbe un capitolo a sé). Per questo trovo più che mai necessario, alla luce poi di ciò che da un anno a questa parte ci sta cambiando nel profondo, riprendere parzialmente il senso che si cela dietro a quel modo di confrontarsi con la vita, ricordandosi però di attualizzarlo al contesto di oggi. Ben venga allora ricercare, recuperare e valorizzare quello che i nostri avi hanno ideato e concepito nel corso degli anni facendo un uso esemplare della logica del buon senso, se non altro anche solamente come rispettoso segno di ringraziamento, ma soprattutto perché 9 volte su 10 ci vedevano giusto.

Non mi riferisco unicamente alle cose costruite, frutto oltretutto delle loro abilità manuali che oggigiorno si tenta, con fortune alterne, di simulare sempre di più con strumenti e macchinari e che di fatto così facendo vanno purtroppo perdendosi, ma soprattutto ai pensieri, alle idee e in un qualche modo a quella filosofia di vita che si cela dietro a certi riflessi mentali che hanno portato per esempio a concepire una determinata cosa in un determinato luogo per un determinato motivo e che oggi più che mai dovremmo cercare di rifare nostra, anche se forse, quei riflessi, andrebbero allenati di più evitando di limitarci a ragionare unicamente su dati, grafici e numeri impressi su di un foglio o su di uno schermo.

Erano maestri nell’arte di arrangiarsi con quel che si aveva a disposizione, tirandone fuori il meglio; sapevano apprezzare la semplicità che poi permetteva di accontentarsi più facilmente anche delle piccole cose e avevano una ricchezza, quel grande cuore e la solidarietà tra le genti seppur mascherata da quel carattere a volte burbero, tipico tratto vallerano.

In una situazione incerta come quella che stiamo purtroppo ancora vivendo e in una società che viaggia sempre a mille risultando incapace di rallentare nemmeno di fronte ad una pandemia, questi valori riaffiorano ancor più fragorosamente e devono spingerci a fare delle riflessioni che possano indurci anche solo per un attimo a fermarci e a voltarci indietro col pensiero per guardare verso quella umile e saggia semplicità del buon senso antico, tanto più che oggigiorno se ne possono trarre innumerevoli spunti con innumerevoli risvolti come per esempio nel modo di attuare una pianificazione sostenibile: partire da ciò che già c’è, recuperandone anche le motivazioni ed i suoi molteplici significati, andandolo a migliorare, completandolo laddove sia possibile e riuscendo magari nel contempo anche a risparmiare qualche bel soldone.

La Biasca di oggi ha intrapreso già da qualche anno la via del rinnovamento. Il mio auspicio è che alcuni progetti seguano maggiormente proprio questa filosofia del recupero. Per altri invece si è già deciso di passare da un rifacimento completo, partendo però comunque dal recupero di quel significato storico del “perché lì” e penso in particolar modo al nuovo comparto della Bosciorina che sin dalla metà degli anni ’50 accoglie generazioni di giovani scolari biaschesi. Le nuove scuole elementari e dell’infanzia verranno poi in un secondo momento affiancate nel segno dell’interazione tra generazioni dalla nuova casa anziani e magari in mezzo troverà posto, come a voler fare da trait d’union impreziosendo il tutto, la Bibliomedia. È di sicuro un grande investimento per il nostro Comune, ma speso bene, ne son convinto.

Per altri temi infine sembrava essere apparentemente calato il sipario ed invece grazie a questo periodo di campagna elettorale ecco che riaffiorano in superficie, a volte magari anche con troppa verve di chi vuole promettere tutto e subito per farsi più bello ed accaparrarsi così il favore degli altri. Da una parte i nostri vecchi avrebbero storpiato il naso ricordandoci: “un passo alla volta e non più lungo della gamba”, ma d’altra parte questo voler strafare lo si può anche un po’ scusare perché è il segno che nello spirito di chi si candida perché ha a cuore Biasca arde ancora quel “fuoco sacro” difficile da contenere che già non difettava ai tempi dei nostri avi e che in tanti ancora oggi ci invidiano. In fondo siamo fatti anche di questo: passioni!

Ivan Tognini, Biasca

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