
È ripreso nel pomeriggio il processo militare a carico dell’ex comandante delle guardie di confine della Regione IV, Mauro Antonini e dell’ex capo dello Stato Maggiore fino al 2018. Dopo la mattinata dedicata agli aspetti formali dell’atto d’accusa, il processo è entrato nel vivo. La Corte del Tribunale militare 3 presieduta dal colonnello Mario Bazzi ha iniziato l’istruttoria chiedendo agli imputati i dettagli sulla famosa cassa nera, della quale entrambi hanno riconosciuto l’esistenza, il suo scopo e le spese coperte, raccolte in un bilancio manoscritto dall’ex capo dello Stato Maggiore. In questo fondo confluirono 5’000 dei 7’000 franchi ricevuti da quest’ultimo come premio e andarono a coprire spese di rappresentanza e necessità di servizio. Sul come si arrivò alla costituzione di questo fondo le versioni dei due però divergono.
“Vittima di mobbing”
In aula l’ex capo dello Stato Maggiore si è detto vittima di mobbing, definizione stemperata dalla Corte, e di non poter rifiutare la richiesta di Antonini di destinare 5’000 franchi alla cassa nera. “Da Berna ci era stato chiesto di essere cauti con le spese. Antonini mi chiese se non si potesse trovare il modo di avere una piccola somma da gestire autonomamente. Nacque da questa richiesta la proposta di gestire la cassa nera. Io non potevo dirgli di no, ho accettato di farlo e ho sbagliato. Si è trovata la soluzione di attribuirmi 7’000 franchi di gratifica con l’accordo che 5’000 sarebbero stati versati per costituire la cassa nera”.
La versione di Antonini
Antonini ha respinto subito l’accusa di mobbing: “non ho mai fatto differenze fra gli ufficiali, per me il personale era tutto uguale”. Sollecitato dalla Corte l’ex comandante ha spiegato le differenze fra le sue prime dichiarazioni ed un secondo verbale: “quando (il 31 agosto 2018, ndr) mi trovai la giustizia militare negli uffici e appresi che mi sarebbe stato tolto il comando e che sarei stato trasferito a Berna ero molto scosso. I fatti erano accaduti 9 anni prima, sul momento non era facile fare mente locale”.
Antonini ha proseguito con la sua versione sulla costituzione della cassa nera: “Nel 2009 ho voluto premiare il capitano per le effettive attività al di fuori della sua mansione. Era l’unico ufficiale a cui era destinato un premio. L’ex capo di stato maggiore ricevette 7’000 franchi. Quando rientrai dalle vacanze ritornai sulla decisione. Avevo dubbi non sulle prestazioni fornite, ma sull’ammontare dell’importo rispetto agli altri ufficiali che non avevano ricevuto niente. Ho parlato con lui ed è avvenuto in quel momento l’adattamento del premio: 2000 per lui, 5000 rimanevano lì e si è deciso di costituire questo fondo a disposizione del comando per spese di rappresentanza e necessità di servizio”.
Diametralmente diverse anche le versioni su ulteriore denaro utilizzato all’interno del corpo o confluito nella cassa nera: 3500 franchi in buoni (risultato di premi in natura non assegnati) e di circa 1500 franchi che erano rimasti nella cassa del Circolo culturale delle Guardie di confine e al cui scioglimento erano confluiti nella cassa nera. Antonini si è detto ignaro di questo denaro fino al momento dell’inchiesta. Dal canto suo l’ex capo dello Stato maggiore ha affermato che l’ex comandante era a conoscenza di questo denaro e nel caso dei buoni era stato proprio lui a dirgli di far sì che questa somma destinata a premi puntuali non venisse sprecata.
Nota di redazione: in una versione precendente dell’articolo è stato erroneamente confuso l’ex capo di Stato Maggiore oggi a processo, con l’allora capo del personale, completamente estraneo alla vicenda. Ci scusiamo col diretto interessato per l’errore.
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