
La pandemia è tornata a spaventare: il Consiglio federale ha così deciso di dettare la linea mettendo in consultazione presso i Cantoni alcune nuove misure, tra cui l’estensione dell’utilizzo del certificato Covid, la mascherina obbligatoria al chiuso e il cambiamento della durata dei tamponi. Ma sono misure poco incisive per chi è al fronte sanitario, come per esempio il dottor Marco Toderi, responsabile dell’ambulatorio delle visite urgenti alla Clinica Sant’Anna che in diretta a Ticinonews ha sottolineato: “Ci aspettavamo risposte più aggressive”. La pandemia – sottolinea il medico – è semplicemente tornata “a farci riflettere e a farci riprendere dall’entusiasmo di quest’estate, visto che avevamo sopravvalutato la copertura vaccinale”. Per Toderi “finalmente è stata presa qualche decisione”, anche se si tratta di “decisioni troppo edulcorate”.
Quali misure avrebbe voluto?
“Io avrei voluto vedere una vera spinta nella campagna di vaccinazione, soprattutto nel richiamo (booster, ndr.). È da quest’estate che Israele lancia dei messaggi chiarissimi, in Ticino non abbiamo ancora iniziato una campagna aggressiva per la dose di richiamo, dobbiamo anticipare il virus non corrergli dietro. I paesi attorno a noi non lo rincorrono e noi abbiamo sempre latenza nelle decisioni”.
La variante Omicron potrebbe aggirare le difese immunitarie, serve ancora fare la dose di richiamo?
“È un dubbio lecito. È una variante e ce ne sono a centinaia. Questa è stata riscontrata in Sudafrica ed è molto contagiosa come la Delta, ma oggi nessuno di noi conosce la pericolosità né tanto meno la resistenza ai vaccini. Siamo in una situazione in cui dobbiamo stare attenti alle varianti”.
Con la nuova stretta del Governo, riusciremo a invertire la tendenza?
“Dalle precedenti ondate, sappiamo che ogni misura ha bisogno di due settimane per produrre dei risultati, ma quelle che sono state prese oggi sono decisioni blande, quindi non mi aspetto grosse novità. In Ticino abbiamo un tasso più alto di vaccinati ma quello che succederà fra due settimane ancora non lo sappiamo. È però indispensabile agire, io confido nel fatto che la campagna vaccinale di richiamo venga potenziata”.
Che idea si è fatto della realtà negli ospedali?
“La totalità dei pazienti in cure intense è non vaccinata. In termini di ospedalizzazioni, ci sono circa 70 pazienti nonostante l’alto numero di contagi e questo vuol dire che i vaccini funzionano, ma io vorrei un’inversione di tendenza. Dire che i numeri rimangono stabili non vuol dire che la situazione vada bene così”.
Le regole di protezione non vengono rispettate, lo constata anche lei?
“Certo. Ho visto che in tanti posti non viene più utilizzato il disinfettante e ci sono luoghi dove il Covid pass non viene chiesto. Ma lo capisco: la popolazione è stanca e noi abbiamo abbassato la guardia, ma il virus no e viene da sé che la casistica peggiora. Queste limitazioni non sono così drastiche e dobbiamo intenderle come fattori che impediscono delle vere nuove misure, come per esempio le chiusure”.
Gettiamo uno sguardo al Natale: che festività vivremo?
“Mi auguro che queste misure funzionino. Mi auguro altrettanto che col vaccino di richiamo ci sarà un’accelerata. Il Natale è una festa di famiglia, la regola del certificato Covid con 10 persone è un’utopia perché non penso che verrà effettivamente concretizzata. Ora bisogna nuovamente demandare alla responsabilità individuale: il nemico è il virus, non il giornalista, il politico e il vicino di casa non vaccinato. La direzione è una e unica, abbiamo tante frecce al nostro arco, come il farmaco o il vaccino. Il virus passa da noi, non vola e non cammina e siamo noi col nostro comportamento che possiamo cambiare la direzione”.
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