
La popolazione ticinese sarà probabilmente chiamata alle urne per esprimersi sul salario minimo sociale. L’iniziativa popolare che chiede di innalzare la soglia minima in Ticino è infatti praticamente riuscita. I promotori sono riusciti a raccogliere 13mila firme (di cui 9’000 già vidimate) su 10mila necessarie.
L’iniziativa, ricordiamo, è stata lanciata lo scorso ottobre da un ampio fronte progressista (Partito socialista, Verdi, Partito comunista, Partito operaio popolare e Giso) e chiede di aumentare la retribuzione minima ad almeno 21.50 all’ora, nonché stralciare dalla Costituzione la deroga del CCL, la cui problematicità era emersa con il caso TiSin. “Siamo felici di questo risultato, non era evidente con la pandemia e le festività raggiungere questo numero di firme, ben superiore a quello necessario”, commenta la co-presidente del partito socialista Laura Riget, raggiunta dai colleghi di Radio 3i. “Pensiamo che sia un indice di come il tema sia sentito nella popolazione, anche in relazione allo scandalo che c’è stato con il pseudo sindacato leghista TiSin”.
Le firme verranno consegnate lunedì 7 febbraio. L’iniziativa, ricorda Riget, persegue due obiettivi. “Da una parte si tratta di alzare la soglia minima del salario minimo, ad almeno 21.50, ciò che corrisponde alle prestazioni complementari AVS/AI. Dall’altra parte si vuole anche togliere l’eccezione a settori in cui vige un contratto collettivo di lavoro (CCL), quella clausola che viene sfruttata dal sindacato TiSin per continuare a pagare salari inferiori rispetto al salario minimo. Una mossa che per noi è vergognosa e indecente”.
Tutta la sinistra ha sostenuto l’iniziativa, tranne l’Mps, secondo cui l’iniziativa rischia di allungare i tempi. Secondo il movimento sarebbe il Gran Consiglio che dovrebbe porre i necessari correttivi. “Anche per noi era auspicabile trovare una soluzione in Gran Consiglio, che era quella più rapida”, replica Riget. “Purtroppo sembrano non esserci le maggioranze. Nel frattempo anche noi, così come l’Mps, abbiamo presentato atti in parlamento, che seguiranno il loro iter. Allo stesso tempo c’è la pressione dell’iniziativa popolare. Se in Gran Consiglio non si dovesse trovare una maggioranza, ci sarà quindi questa opzione”.
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