Ticino
Rissa a Bellinzona: “Il problema è l’autostima”
Redazione
4 anni fa
L’ex-campione del mondo di boxe Ruby Belge parla del perché della violenza giovanile, a cui spesso è confrontato anche nella sua palestra

Le immagini di ieri de La Regione che mostrano un gruppo di ragazzi picchiarsi violentemente in via Dogana raffigurano solo l’ultima rissa avvenuta nella Capitale ticinese negli ultimi tempi, dopo i fatti del bar Viale avvenuti solo un paio di mesi fa. Fatti che sembrano parlare di un disagio giovanile che a volte emerge in questi atti, con conseguenze anche nefaste. Su questo soggetto Teleticino ha intervistato Ruby Belge, ex-campione mondiale dei pesi welter IBC e titolare di una palestra, dove spesso è il primo a riconoscere e a tentare di correggere i segnali di una violenza che imputa, più di tutto il resto, a una profonda mancanza di autostima.

Gruppi, nervosismo e alcol
Secondo te, c’è una spiegazione dietro queste risse? “Le spiegazioni possono essere molteplici: mettere tante persone insieme, una buona componente di alcol, nervosismo, gruppi... alla fine quando si mischiano queste masse c’è sempre il rischio di una possibile rissa, lo si vede a carnevale o nei bar dove la gente è a stretto contatto. Se poi si formano gruppi, si beve e ci si mette qualche ragazza queste cose succedono sempre più spesso”.

“Chi filma avrebbe potuto fare di più scendendo in strada”
Si parla a volte di noia, di alcol, di droghe... ogni tanto però potrebbe finirci in mezzo qualcuno che non c’entra niente, con tutte le conseguenze del caso. “Sicuramente, abbiamo sentito di conseguenze gravi negli ultimi anni. Ritengo comunque che se qualcuno vuole evitare i problemi in un modo o nell’altro può capire quando qualcosa si sta accendendo e magari può iniziare ad allarmare le persone. Grazie magari anche a questi filmati fatti con i telefonini si può forse risalire agli autori, ma una persona che filma è sempre una persona in meno che può scendere in strada, allarmare, informare o fare un po’ di casino e urlare. Io penso che queste cose siano un po’ dei deterrenti per chi compie atti di violenza, che siamo tutti stufi di vedere”.

Mancanza di educazione? “No, di autostima”
Questi atti vengono spesso commessi da giovani, però dietro i giovani ci sono degli adulti. C’è una mancanza di educazione secondo te? “Non credo sia una mancanza di educazione. Credo che a scavare più a fondo ci sia un problema di autostima, di capire che persona si vuole essere. Il ragazzo va a cercare la sua autostima e vuole affermarsi nel gruppo e per affermarsi nel gruppo, siamo umani ma siamo anche animali, ci si deve scontrare con il membro dell’altro gruppo per dimostrare qualcosa a sé stesso o agli altri. Se uno ha un’autostima alta non ha bisogno di mettersi tutti i weekend in competizione con altre persone. Se penso a persone che vengono magari nella mia palestra ad allenarsi per combattere questo problema, si tratta di persone timide che magari si fanno schiacciare e insegniamo loro attraverso il pugilato a essere più sicuri di sé, sapendo che anche loro possono difendersi. Viceversa, fermiamo le persone un po’ troppo gasate.

Incanalare la rabbia
In un’intervista ai nostri studi avevi raccontato la tua storia: il tuo allenatore ti disse “o scegli la violenza o scegli la boxe”. Può essere che il problema sia l’incapacità di far confluire la rabbia? “Sicuramente io non ero capace di scaricarla e la scaricavo nel modo sbagliato. Potevano dirmelo in mille ma quella era l’unica maniera che io conoscevo per sfogare le mie frustrazioni. Grazie alla boxe e allo sport sono riuscito a creare il mio personaggio, ad avere un’autostima più alta e a capire che stavo commettendo dei grossi errori. Quindi è importante conoscere le persone giuste ma anche recarsi in palestra, che si tratti di boxe o un corso di musica. Più persone fanno attività fisica meno persone sono in giro a bere, fumare e fare altro. Per questo ritengo che lo sport, che per me è una forma di educazione, sia importante assieme ad altre ‘pedine’ come educatori e genitori”.

Il peso delle aspettative, anche sui social
Bisognerebbe quindi accendere più passioni o interessi? “Certamente, se pensiamo a quando eravamo ragazzini non avevamo tutti questi svaghi. O era trovarsi al campetto o era guardare l’hockey o il calcio. Adesso ci sono molte più attività e molta più frustrazione, molto più stress e molta più insicurezza. Si ambisce ad essere dei modelli ma sei hai pochi contatti o pochi amici sui social vieni etichettato come uno sfigato. Tutto questo porta delle frustrazioni e genera grossi problemi”.

Riconoscere il bullo e aiutare la vittima
C’è chi, tra i ragazzi che viene da te, riconosce il problema, ovvero dice ‘il problema sono io devo fare qualcosa’? Perché non è facile arrivare lì... “È difficile che riconoscano il problema, è più facile siano i genitori che si avvicinano... nel caso del bullo sta più a noi istruttori in palestra, che lo riconosciamo subito e ci pensiamo noi a calmarlo un po’, standogli vicino, portandolo al bar a bere un caffè e a farsi spiegare se ha altri problemi. Il bullo lo riconosci subito, è più difficile con quelli timidi che magari hanno anche subíto violenza, lì c’è un lavoro più lungo e complesso da fare perché devi alzare la loro autostima con le parole ma anche con i fatti”

Ecco l’intervista completa a TicinoNews di Teleticino

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