
La decisione di rinnovare la Corte di Re Rabadan, annunciata ieri dal comitato all’insegna del rinnovamento generazionale, non è andata giù al sovrano uscente Renato Dotta, in carica dal 2014. "Abbiamo subìto una detronizzazione in piena regola", ha dichiarato ai giornali LaRegione e Corriere del Ticino. "Una decisione pesante e ingiusta, anche per il metodo usato dal presidente e da una parte del comitato". Dotta, che aspirava a restare sul trono fino al 2028 per il centenario della figura regale del Rabadan, ha parlato di un "allontanamento ingiustificato" che nasconde anche altro, pur senza entrare nei dettagli.
Il presidente del comitato, Giovanni Capoferri, respinge le accuse e difende la linea intrapresa: “Il futuro deve poter appartenere ai giovani e in questo senso abbiamo ritenuto opportuno lanciare un segnale forte e chiaro". Il desiderio di Dotta di restare fino al 2028, espresso pubblicamente mesi fa, aveva generato imbarazzo all’interno del comitato, dal momento che non aveva mai condiviso i suoi obiettivi, aggiunge Capoferri. "Non avevamo dato peso alla notizia perché, in quel momento, le energie di corte e comitato dovevano essere concentrate sulla 162ª edizione che sarebbe andata in scena da lì a poche settimane", ha chiarito. "È mancato un po’ di dialogo, sicuramente in buona fede da parte di Renato, che conosciamo tutti per essere un passionale. Dopo due incontri iniziali, però, non siamo più riusciti a vederlo: era assente e non disponibile fino ai primi di settembre".