
“Mi sono reso conto che quei massaggi non dovevo farli”. Parla così don Rolando Leo, quando gli si chiede conto degli atti che oggi lo hanno portato a processo a Lugano per ripetuta coazione sessuale. È accusato di aver massaggiato in modo improprio nove giovani, alcuni dei quali al momento dei fatti erano anche minori di sedici anni. Pur chiedendo di fare qualche precisazione, il religioso non ha contestato i contenuti dell’atto d’accusa della procuratrice pubblica Valentina Tuoni. Il suo racconto avviene in un processo a porte chiuse, ma la sala è gremita dalla stampa, proveniente anche da Oltre Gottardo.
“Non era il mio compito”
L’accusa gli contesta di aver approfittato dei legami sociali ed emotivi e della sua posizione di insegnante e religioso, per avere dei contatti impropri, in particolare massaggiando i giovani con il pretesto di aiutarli con la loro ansia. “Credevo di farlo per ampliare il loro plesso solare, ma mi sono reso conto che mi raccontavo questa spiegazione, non era il mio compito. Non ero un massaggiatore, non ero un allenatore”. E ha aggiunto: “Credo che massaggiando il torace di questi ragazzi cercavo un massaggio per me”.
“Una coscienza e una responsabilità deboli”
Oggi il prete, che si trova in carcere dove sta già espiando anticipatamente la pena, sta seguendo una terapia. “Così ho appreso un alfabeto per spiegare ciò che è successo, credo che siano sopraggiunte delle distorsioni cognitive che hanno avuto il sopravvento su una coscienza e una responsabilità deboli, ma è stato scellerato”, ha spiegato il 56enne, difeso dall’avvocato Marco Masoni.
“Ho raggirato, ho tradito la fiducia”
La corte, presieduta dal giudice Amos Pagnamenta, ha iniziato a ripercorrere gli atti contestati, avvenuti presso case parrocchiali ticinesi, così come in altre strutture religiose del Cantone, ma alcuni episodi sono capitati anche fuori dal Ticino. Quelli contestati sono avvenuti tra il 2016 e il 2023. La corte ha interrogato il religioso per capire fino a che punto si siano spinti i massaggi. In numerose occasioni, ha spiegato, vi sono stati contatti con i genitali dei giovani, anche se quasi tutti vengono descritti come fugaci. “Ho raggirato, ho tradito la fiducia, ho ascoltato me stesso, non ho saputo fermarmi”.
Le scuse diaboliche
Parlando di uno dei casi più gravi, il religioso ha ripercorso le giustificazioni inventate di fronte a una delle sue vittime dopo l’accaduto. “Non ho mai ammesso che ero totalmente cosciente in quel momento, ho parlato di qualcosa di diabolico, dicendo che il male aveva preso il sopravvento. Non ho mai ammesso che ero cosciente, ma in realtà lo ero signor giudice”, ha detto.
Dopo il carcere
Rolando Leo ha spiegato di aver capito, grazie al lavoro su sé stesso e alla terapia, le proprie fragilità. Debolezze che all’epoca vedeva invece in altro modo: “In quel periodo mi sentivo invincibile, pensavo di curare i mali di tutti anche con dei massaggi assurdi”. In futuro, invece, sarà il religioso ad aver bisogno di un accompagnamento: “Dopo il carcere sarò collocato presso una struttura in Brianza, un centro di accoglienza per preti che hanno avuto difficoltà o fragilità. Per avere una sorta di riappropriazione delle proprie risorse. Sono pronto a sottopormi a un trattamento, non solo per capire cosa ho fatto, ma per evitare che possa accadere di nuovo".
Chiesti cinque anni e mezzo
Non gli crede, però, la procuratrice pubblica Valentina Tuoni, che ha appena concluso la sua arringa, al termine della quale ha chiesto una condanna di cinque anni e sei mesi, più un trattamento ambulatoriale e il divieto di prendere parte a qualsiasi attività a contatto con i minorenni. "Oggi don Leo, con le sue mezze verità, ha mancato l'occasione di riconoscere i suoi sbagli", ha detto Tuoni.