
“Una problematica tipica del riscaldamento in atto in alta montagna”. Potrebbe essere questa, secondo il glaciologo Giovanni Kappenberger, intervenuto ieri nel corso di Ticinonews, una delle chiavi di lettura per provare a spiegare la tragedia avvenuta domenica sulla Marmolada. “Ha avuto un ruolo anche il gran caldo di questi ultimi giorni. Il pezzo che si è staccato è un piccolo resto di ghiacciaio ad alta quota, probabilmente ghiaccio freddo di tipo permafrost, cioè al di sotto degli zero gradi, come si trova in alta montagna”. Nel blocco “è penetrata dell’acqua di fusione e questa, con il caldo, ha portato a un aumento della pressione. Si è quindi staccata una lingua di ghiaccio, 200-300mila metri cubi che si sono separati dal resto di questo ghiacciaio che si trovava quasi in cima alla Marmolada”.
“Bisogna attendersi degli imprevisti”
Quando capitano tragedie di questa portata, la prima domanda che ci si pone sempre è: ‘era possibile anticipare in qualche modo gli eventi?’ “Era molto difficile prevedere che sarebbe successo”, prosegue Kappenberger. “Con cambiamenti come quelli che vediamo adesso, con il riscaldamento in alta montagna, abbiamo un certo aumento del rischio, ma è molto complicato individuare dove esattamente sussiste il pericolo maggiore”. Sicuramente “avremo delle sorprese, ne abbiamo avute anche in Ticino un anno e mezzo fa con la formazione degli iceberg in val Bedretto. I rischi ci sono e, come detto, aumentano con il caldo”.
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