
"Bisogna essere assolutamente tempestivi con la campagna vaccinale. Spero che gli allevatori siano consapevoli del rischio e che quindi vaccinino, altrimenti quest'ano prevedo una maggiore diffusione della malattia". È chiara la ricercatrice senior dell'Istituto di microbiologia della SUPSI, Eva Veronesi, in relazione alla diffusione della malattia della lingua blu (infezione virale che colpisce bovini e ovini con effetti gravi e in alcuni casi letali), che è tornata in modo preponderante in Svizzera e in Ticino l'autunno scorso. Questo è uno dei punti chiave emerso ieri mattina durante un evento informativo, organizzato proprio dall'istituto insieme alle autorità cantonali, rivolto ad attori del settore e interessati. E l'importanza di vaccinare è stata sottolineata anche dal veterinario cantonale Luca Bacciarini: "La situazione preoccupa. Abbiamo avuto questa prima fase epidemica nell'autunno 2024, abbiamo già dei casi di positività ora in primavera, e probabilmente avremo una seconda parte dell'epidemia a fine estate/inizio autunno. Quindi per questo è fondamentale proteggere gli animali e la protezione migliore è data dal vaccino".
Due vaccini contro due ceppi
I vaccini in questo senso sono due, quello contro il sierotipo 8 - già conosciuto e con un vaccino che impedisce l'infezione - e quello contro il sierotipo 3, un nuovo ceppo più grave che è arrivato al nord delle Alpi lo scorso autunno, ma che per ora non è stato localizzato in Ticino. "Sicuramente arriverà anche nel nostro Cantone nel corso dei prossimi mesi", sostiene Bacciarini. "È quindi importante vaccinarsi per entrambi i sierotipi. Nel caso del sierotipo 3 va però detto che gli animali sviluppano comunque dei sintomi, ma sono decisamente inferiori rispetto a quando l'animale non è vaccinato". Il virus rimane inoltre presente nel sangue. Quindi i culicoidi (piccoli moscerini) possono comunque aspirare il sangue e infettare altri animali. "Però è certo: il metodo più importante per prevenire e contenere il virus è la vaccinazione", conclude il veterinario cantonale.
Trasmessa da minuscoli moscerini di cui si sa poco
Durante l'evento non solo è stata quindi spiegata la malattia - non pericolosa per l'uomo ma problematica per i bovini, che accusano febbre e difficoltà respiratorie -, bensì anche le possibili azioni (come repellenti, barriere, rimozione della materia organica, ma soprattutto vaccini) per frenare il virus e i minuscoli moscerini che lo trasportano. "A differenza delle zanzare non si riproducono nell'acqua, quindi non possiamo eliminarli semplicemente togliendogliela. È molto difficile contenerli", ammette Eva Veronesi, aggiungendo che si tratta di un animale di cui non si sa molto. "Purtroppo non ci sono abbastanza studi per sapere quali siano i luoghi ideali per la loro riproduzione, e questo ci permetterebbe di agire con delle sostanze in questi luoghi". Servirà insomma aspettare ulteriori studi, e in Ticino in prima linea c’è proprio l’istituto della SUPSI, che è stato incaricato dalla Confederazione di analizzare se, anche durante i mesi invernali (dove si pensava i culicoidi non fossero attivi) in realtà possano infettare. "Lo studio è appena terminato, ora stiamo elaborando i dati".
Le testimonianze: "Abbiamo vaccinato, ora speriamo bene"
Tra gli attori del settore, non manca ovviamente la preoccupazione. Lo conferma chi ha preso parte all’evento per capire come tutelare i propri ovini o bovini, come due proprietari di bestiame nel Mendrisiotto. "Noi a Novazzano abbiamo una trentina di pecore. L'anno scorso abbiamo avuto tre casi, dove la più anziana è morta mentre le altre due siamo riuscite a salvarle. C'è quindi preoccupazione guardando al futuro, per ora abbiamo vaccinato. Speriamo bene". A farle eco un collega, che ha diverse pecore e capre a Mendrisio: "Io per ora non sono stato toccato, ma chiaramente siamo preoccupati. Anche noi abbiamo vaccinato tutti gli ovini con entrambi i vaccini, e adesso non resta che sperare".