Ticino
L'autunno a Ferragosto, ecco cosa succede ai nostri boschi
Redazione
2 anni fa
L'intervista allo specialista dell’Istituto federale di ricerca per la foresta Marco Conedera: "Si tratta di un fenomeno causato dalla siccità. Se è grave, lo potremo dire negli anni a venire, scoprendo quante di queste piante hanno subito danni irreversibili”. Il servizio forestare ha già messo in atto delle misure.

A chi piace passeggiare per i boschi ticinesi avrà magari già notato come alcuni di questi abbiano già assunto una colorazione gialla. Sicuramente se n’è accorto il deputato socialista Danilo Forini che ha presentato un’interrogazione al Consiglio di Stato per approfondire lo stato dei boschi ticinesi. Ticinonews ha sottoposto la questione allo specialista dell’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio WSL, Marco Conedera.

Anche lei ha già notato i colori autunnali di alcuni nostri boschi? 

“Sì, ormai sono abbastanza diffusi sia a sud che a nord”. 

A cosa è dovuto questo fenomeno? È la stagione giusta oppure è troppo presto?

“Non è una novità che alcune specie si ingialliscano prima dell’autunno. Alcune lo fanno in maniera sistematica, come il ciliegio, perché hanno una vegetazione molto corta. In caso di siccità e di stress idrico, anche le betulle e le roverelle adottano spesso questa strategia di abbandonare le foglie per non traspirare e non andare in deficit di energia, in quanto le foglie respirano e se non possono fare fotosintesi in maniera redditizia, le piante perdono sostanze. È quindi una strategia di sopravvivenza di piante in stress”. 

Quindi è normale quello che sta accadendo o è preoccupante?

“Il meccanismo è conosciuto. Quando abbiamo delle siccità ‘torride’ – quando manca una riserva idrica associata a delle temperature alte -, come abbiamo avuto quest’estate, la traspirazione diventa notevole. C’è sempre maggior bisogno di acqua e ciò può mandare l’albero in corto circuito, soprattutto su dei terreni poco profondi. Secondo me sta avvenendo questo. Se è grave, lo sapremo dire negli anni a venire, scoprendo quante di queste piante hanno subito danni irreversibili”.

Eppure, quest’anno c’è stata una siccità inferiore a quella dell’anno passato; è stata decisamente più marcata e per lunghi periodi. Quest’ultima ha influito?

“Sicuramente c’è un deficit idrico pregresso che abbiamo accumulato e i rovesci temporaleschi che abbiamo avuto quest’estate, soprattutto su situazioni di roccia e boschi poco profondi non vanno ad alimentare la riserva idrica, perché il suolo è troppo superficiale e quindi non riesce a ritenere grandi quantità di acqua che invece vengono richieste dalle alte temperature e dalla traspirazione che queste comportano. Potremmo definirlo un possibile effetto dei cambiamenti climatici se queste siccità torride si ripetono negli anni. Avremo sempre più situazioni di vegetazioni in stress soprattutto nei posti più superficiali”.

L’anno scorso ad essere colpito è stato soprattutto il Mendrisiotto. Un anno dopo come stanno quelle piante che avevano subito questo grosso colpo di siccità?

“Dipende molto dalle singole specie. Abbiamo notato che alcune specie, come l’orniello, non hanno praticamente subito danni e si sono rivelati molto resistenti. Altre specie hanno abbandonato la parte aerea e hanno ricacciato dal ceppo, come il castagno, e altri ancora stanno subendo danni alle chiome. La fogliazione di quest’anno è molto diffusa – come visto nelle querce e nel carpinello – che hanno dei segni di sofferenza i quali probabilmente si prolungheranno negli anni”.

Nell’interrogazione si chiede al Consiglio di Stato cosa intende fare per tutelare il patrimonio boschivo ticinese. Ma c’è una soluzione per cui anche noi possiamo fare qualcosa? 

“È ciò di cui si discute sempre. La conseguenza dei cambiamenti climatici è che alcune specie non saranno più ‘a casa’ da noi perché il clima non riuscirà più a garantire delle condizioni ambientali per loro. Ciò significa che alcuni alberi moriranno e saranno sostituiti da nuovi alberi. Ciò che si può fare è essere proattivi nel rinnovare il bosco e nel sostituire, dove vi è la possibilità, le specie attuali con specie che potrebbero resistere meglio ad eventuali stress idrici futuri. Questo il servizio forestale lo sta già facendo e lo sta già pensando a livello concettuale”.