
“Gli impegni finanziari e amministrativi sono diventati insostenibili e non riesco più a vedermi in questa posizione”. L'annuncio delle dimissioni di Valerio Lazzeri aveva sorpreso quasi tutti in Ticino. “Negli ultimi due anni - aveva spiegato Lazzeri in conferenza stampa - è andata crescendo dentro di me una fatica interiore che ha tolto lo slancio e la tranquillità richiesti per guidare la Chiesa qui a Lugano”. Era il 10 ottobre 2022, esattamente un anno fa. Accanto a lui, di fronte ai giornalisti, c'era Alain de Raemy, allora vescovo ausiliare di Losanna, Ginevra e Friburgo, che l'avrebbe sostituito lo stesso giorno in qualità di amministratore apostolico.
Il Papa affida all'amministratore apostolico il governo di una diocesi caratterizzata da sede vacante. Per definizione, quindi, il mandato è temporaneo, ma la sua durata non è chiaramente definita. E potrebbe anche protrarsi anche per alcuni anni. Ancora non si sa ufficialmente quanto a lungo de Raemy resterà alla testa della Diocesi, ma con colui che è di fatto il vescovo di Lugano abbiamo voluto gettare uno sguardo all'anno appena trascorso.
Monsignor de Raemy, è già passato un anno dal suo arrivo in Ticino. Come l'ha vissuto?
"Con passione. Mi piace scoprire nuove realtà e soprattutto la gente che le vive. Posso dire che per me questo è stato un anno di scoperte. Giovanni Battista disse: 'Io sono l'amico dello sposo, ma lo sposo è un altro'. Ecco, se quale vescovo ausiliare a Friburgo ero l'amico, qui a Lugano, come vescovo, sono proprio lo sposo, vestendo i panni di colui che si prende cura in maniera totale del popolo di Dio. Quella di un anno fa è stata comunque una doppia sorpresa: per i fedeli ticinesi le dimissioni del vescovo Lazzeri, per me l'arrivo in Ticino".
C'è qualcosa che l'ha sorpresa positivamente e negativamente nella Diocesi di Lugano?
"Solo positivamente! Certo, le difficoltà e i disaccordi ci sono dappertutto. Tuttavia, di positivo vedo soprattutto la grande potenzialità che c'è in Ticino, dove la presenza della Chiesa è molto percepita nella vita quotidiana: qui i parroci godono di una forte prossimità con la popolazione. E poi ci sono le associazioni e tante istituzioni come i patriziati e le confraternite, che hanno una grande tradizione".
Nel corso dell'anno appena trascorso ha mantenuto il contatto con Valerio Lazzeri?
"Sì, anche se lo vedo poco. Anzitutto, mi interessa sapere come sta. Lui è molto discreto e non vuole influenzarmi. Faccio un esempio: una volta gli ho chiesto il suo parere su una persona. Prima mi ha detto di conoscerla senza pregiudizi e poi di condividere con lui le mie impressioni".
Sempre a proposito di Valerio Lazzeri, lui aveva dato le dimissioni affermando di non avere più l'energia per andare avanti. Le ultime settimane sono state molto difficili per la Chiesa svizzera, Diocesi di Lugano inclusa, con l'emersione di più di 1'000 casi di abusi a opera di ecclesiastici dal 1950 a oggi. Lei sente di avere l'energia per continuare?
"Sento l'energia perché sento che non sono da solo. Non ho voluto mai essere un vescovo distaccato, uno che decide da solo alla scrivania, in maniera dittatoriale. Sono circondato da tante persone con cui sono in contatto permanente e questo mi fa sentire accompagnato".
In molti gliel'hanno già chiesto, ma ci proviamo anche noi... Fino a quando sarà a Lugano?
(ride, ndr) "Solo Dio lo sa".
Non sa nemmeno se sia questione di settimane, mesi o anni?
"Davvero non ne ho nessuna idea! Inoltre, la decisione non dipende da me".
