Svizzera
Più di 1000 abusi sessuali da parte di esponenti della Chiesa dal 1950
©Chiara Zocchetti
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È quanto emerge da un'analisi condotta da storici dell'Università di Zurigo. "Quanto scoperto non è che la punta dell'iceberg", commentano gli esperti. Nel 74% dei casi le vittime erano minorenni.

Più di mille abusi sessuali sono stati perpetrati da chierici cattolici e appartenenti all'Ordine dal 1950 in Svizzera. A rilevarlo è un'analisi condotta da storici dell'Università di Zurigo (UZH). "Quanto scoperto non è che la punta dell'iceberg", si legge nel comunicato odierno dell'UZH. I 1002 casi di abuso emersi dallo studio degli archivi segreti delle istituzioni ecclesiastiche sono comunque più numerosi di quelli denunciati dalla Chiesa finora. La miriade di episodi rilevata riguarda 510 aggressori e 921 vittime, che nel 74% dei casi erano minorenni. Salvo rare eccezioni, i reati sono stati commessi da uomini ai danni di persone di sesso maschile (54% delle vittime).
Fino agli anni 2000, la maggior parte delle violenze era stata ignorata, occultata o sminuita dai responsabili della Chiesa, come emerge dalla nota. Le reazioni dell'istituzione religiosa sono iniziate a cambiare con l'inizio del secolo corrente.

I casi di abusi sessuali

 Il team del progetto di ricerca ha potuto documentare un grande numero di casi di abuso e di violenza sessuale. La casistica varia da sconfinamenti problematici della sfera privata fino ad arrivare ad abusi gravi e sistematici che si sono protratti per anni. In totale sono stati identificati 1002 casi, che coinvolgono 510 persone accusate e 921 vittime. Nel 39 % dei casi, la vittima era di sesso femminile, in quasi il 56 % di sesso maschile. Nel 5 % dei casi le fonti non hanno permesso di determinare il sesso della vittima. Con poche eccezioni, le persone accusate erano tutti uomini. I dossier consultati durante il progetto pilota hanno permesso di stabilire che il 74 % delle vittime abusate erano minorenni, il 14 % persone adulte, mentre nel 12 % dei casi non è stato possibile determinare chiaramente l’età della vittima. 

"È solo la punta dell'iceberg"

"I casi identificati sono senza dubbio solo la punta dell’iceberg", spiegano Monika Dommann e Marietta Meier, citate nel comunicato. Non è stato infatti ancora possibile consultare tutti gli archivi in cui, con ogni probabilità, sono conservati documenti relativi ad ulteriori casi di abuso, come ad esempio gli archivi delle congregazioni religiose, i documenti degli organismi diocesani e gli archivi di scuole, collegi e delle case di accoglienza cattoliche, nonché gli Archivi di Stato. Solo presso due diocesi è stato possibile dimostrare che i documenti relativi ai casi di abuso sono stati distrutti. Inoltre, la ricerca ha consentito di determinare come non tutte le segnalazioni siano state sistematicamente documentate e archiviate. "Alla luce dei risultati della ricerca sul campo, riteniamo che solo una piccola parte dei casi sia stata segnalata", affermano le ricercatrici.

Oltre il 50% dei casi commessi nell'ambito della cura pastorale

Il progetto "ha documentato casi di abuso e di violenza sessuale in tutta la Svizzera e per l’intero arco di tempo oggetto dell’indagine". Lo studio identifica "tre ambiti sociali caratterizzati da particolari costellazioni di potere in cui si sono verificati gli abusi sessuali: oltre il 50 % dei casi, ossia il maggior numero degli abusi, è stato commesso nel contesto della cura pastorale, come ad esempio in occasione delle confessioni o delle consulenze, durante la funzione di ministrante o ancora durante le lezioni di educazione religiosa. Senza dimenticare gli abusi avvenuti nell’ambito delle attività di associazioni rivolte a bambini e giovani. Il secondo settore toccato dagli abusi sessuali, con circa il 30 % dei casi, è costituito dalle attività svolte dai membri della Chiesa cattolica nel settore educativo e assistenziale. Tali abusi avvennero, in particolare, durante la prima metà del XX secolo, quando la Chiesa ricopriva un ruolo centrale nella società. Queste violenze si sono verificate in case di accoglienza, scuole, collegi e istituzioni cattoliche. Da ultimo, circa il 2 % dei casi è stato scoperto anche nell’ambito delle attività svolte dagli altri ordini e dalle comunità religiose, nonché da nuove comunità e da movimenti spirituali. In questo settore, tuttavia, la ricerca delle fonti è stata particolarmente difficile".

"La Chiesa ha insabbiato sistematicamente i casi segnalati"

La ricerca, spiegano gli esperti, "ha inoltre evidenziato come la Chiesa abbia sistematicamente insabbiato, nascosto o banalizzato gli abusi sessuali per un lungo periodo di tempo. Nonostante l’abuso sessuale su minori fosse un grave reato penale nel diritto canonico, spesso questo non è stato applicato". Nei casi consultati, secondo la ricerca, "il diritto canonico non è stato quasi applicato per lungo tempo nel periodo considerato dall’indagine. Molti casi furono invece messi sotto silenzio, soffocati o banalizzati". Le autorità ecclesiastiche, specifica la nota, "spostarono sistematicamente i colpevoli, i clerici vennero trasferiti anche all’estero per sfuggire alla giustizia dell’autorità laica, e poter ancora usufruire dell’attività di tali clerici. In tal modo venne sacrificato il benessere e la protezione dei parrocchiani in favore degli interessi della Chiesa e dei suoi rappresentanti. Un cambiamento radicale in questo modo di operare è stato osservato solo nel XXI secolo, quando i casi di abuso sessuale hanno iniziato a causare scandali sempre più diffusi all’interno della Chiesa cattolica. A partire da questo momento, la Conferenza dei vescovi svizzeri ha introdotto linee guida per la gestione e la prevenzione degli abusi sessuali, istituendo commissioni diocesane d’esperti per gestire i casi segnalati. Tuttavia, le modalità di lavoro di queste commissioni differiscono l’una dall’altra, analogamente al loro grado di professionalizzazione".

Lo studio pilota

Per la prima volta, viene spiegato dall'Università di Zurigo, "un gruppo di ricerca indipendente ha avuto accesso agli atti conservati negli archivi ecclesiastici che si riferiscono agli abusi sessuali perpetrati da sacerdoti, dipendenti o da rappresentanti di altri ordini religiosi della Chiesa cattolica. Le storiche e gli storici dell’Università di Zurigo hanno potuto così documentare 1002 casi di abusi sessuali commessi in Svizzera a partire dalla metà del XX secolo. Il team di ricerca ha inoltre analizzato il modo in cui i dignitari cattolici hanno affrontato i casi di abuso sessuale, nonché la disponibilità e la validità delle fonti consultate. Queste ricerche gettano le basi per ulteriori approfondimenti. La Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS), la Conferenza delle Unioni degli Ordini religiosi e delle altre Comunità di Vita Consacrata in Svizzera (KOVOS), nonché la Conferenza centrale cattolica romana della Svizzera (RKZ) hanno commissionato al Dipartimento di Storia dell’Università di Zurigo una ricerca sugli abusi sessuali nell’ambito della Chiesa cattolica romana a partire dalla metà del XX secolo, i cui risultati sono stati presentati oggi.

Chi ha partecipato alla ricerca

Lo studio pilota, della durata di un anno, ha coinvolto un team di quattro ricercatori e ricercatrici ed è stato guidato dalla Prof. Dr. Monika Dommann e dalla Prof. Dr. Marietta Meier. Nello studio sono state incluse le diocesi di tutte le regioni linguistiche della Svizzera, le strutture di diritto pubblico ecclesiastico e gli ordini religiosi, così da considerare la Chiesa cattolica in Svizzera nel suo complesso. Con poche eccezioni, il team del progetto di ricerca ha ottenuto l’accesso agli archivi senza grossi ostacoli. Sono state così consultate decine di migliaia di pagine di dossier riservati, creati dai responsabili della Chiesa cattolica a partire dalla metà del XX secolo. Inoltre, sono state condotte numerose interviste con le persone vittime di abusi sessuali e con persone terze.

"Necessarie ulteriori ricerche"

Il progetto pilota, viene spiegato nel comunicato stampa, "rappresenta il primo passo per documentare sistematicamente la portata e l’ampiezza degli abusi sessuali all’interno della Chiesa cattolica in Svizzera. Grazie alle indagini è stato possibile chiarire le questioni legate all’accesso agli archivi, lo stato della ricerca e della documentazione, nonché gli sforzi fatti finora per affrontare e prevenire gli abusi. Questo progetto ha creato una solida base per ulteriori ricerche. Secondo il team di ricerca, i futuri progetti dovranno includere l’analisi di altri archivi e ampliare la banca dati per ottenere una comprensione più dettagliata della portata dell’abuso sessuale, nonché della sua estensione temporale e geografica. In futuro, dovrà essere prestata maggiore attenzione all’analisi della corresponsabilità dello Stato, specialmente in ambito assistenziale ed educativo, poiché spesso, soprattutto nelle regioni cattoliche, queste mansioni erano delegate alla Chiesa. Inoltre, si dovranno approfondire le peculiarità della Chiesa cattolica che potrebbero aver contribuito alle violenze sessuali avvenute all’interno della Chiesa, come ad esempio la morale sessuale, il celibato, le rappresentazioni di genere e il suo complesso rapporto con l’omosessualità". Le ricercatrici Dommann e Meier spiegano inoltre che "bisognerà anche studiare l'ambiente cattolico, che ha spesso tacitamente sostenuto l'insabbiamento e la negazione di questi casi. Daremo quindi particolare importanza alle testimonianze delle persone coinvolte e dei testimoni, le quali dovrebbero essere confrontate con i documenti d'archivio della Chiesa".