
In un momento di acceso dibattito pubblico, il Collegio dei docenti del Liceo cantonale di Lugano 1 ha pubblicato una presa di posizione riguardo al conflitto israelo-palestinese e al ruolo della scuola pubblica. La dichiarazione arriva pochi giorni dopo la presentazione di un’interpellanza da parte dei Giovani UDC al Consiglio di Stato, in cui si denuncia un presunto «indottrinamento ideologico» all’interno delle scuole superiori ticinesi. "La scuola non è un centro sociale", si legge nel titolo dell’atto parlamentare, che solleva interrogativi sulla neutralità dell’insegnamento e sulla libertà d’espressione del corpo docente.
Il ruolo della scuola
Senza menzionare direttamente l’interpellanza, il Collegio docenti del Liceo 1 ribadisce la centralità della libertà di insegnamento, prevista dalla legge, e l’importanza per la scuola di offrire uno spazio di confronto critico e aperto. “Affrontare i temi di attualità in classe con rigore, rispetto e apertura permette agli studenti e alle studentesse di partecipare attivamente e consapevolmente alla vita democratica. La scuola deve pertanto restare un presidio di libertà e pluralismo”, si legge nella lettera indirizzata al presidente del Governo Norman Gobbi, alla direttrice del DECS Marina Carobbio, al presidente del Gran Consiglio Fabio Schnellmann e la presidente della Commissione Formazione e Cultura Maruska Ortelli.
La condanna
I docenti esprimono una condanna chiara sia per gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, sia per le operazioni militari israeliane che hanno provocato migliaia di vittime civili palestinesi. La presa di posizione si richiama anche al rapporto dell’ONU del settembre 2025 che accusa le autorità israeliane di atti di genocidio, e al recente riconoscimento dello Stato di Palestina da parte di oltre 150 Paesi. I docenti si riconoscono anche nell’appello lanciato dal Consiglio di Stato ticinese il 28 maggio 2025, che chiede al Consiglio federale di promuovere una pace duratura e l’accesso umanitario a Gaza
Non è politica
Il documento sottolinea che non si tratta di fare politica, ma di difendere i diritti umani fondamentali e la funzione educativa della scuola. "Difendere questi spazi di riflessione non significa politicizzare l’insegnamento, ma custodirne la dignità", concludono i docenti.