Il processo
Dai colpi di pistola a scuola alla sbarra. L'autore del delitto di Aurigeno: “Non volevo uccidere”
©Chiara Zocchetti
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Robert Krcmar
16 ore fa
Tra ricordi sfumati e versioni discordanti, il 44enne conferma buona parte dei fatti ma smentisce di aver voluto uccidere il custode. “Volevo parlargli e fargli del male”.

“Non era mia intenzione ucciderlo. Gli volevo fare del male - so che già questo è sbagliato  - ma oggi non avrei neanche quel pensiero”. Sono state queste alcune delle parole espresse oggi, spesso con voce spezzata, confusione e titubanza, dal 44enne che lo scorso 11 maggio 2023 aprì un’altra pagina della cronaca nera del nostro cantone, uccidendo a colpi di pistola l’allora custode delle scuole ai Ronchini, di Aurigeno. Uomo per cui è oggi iniziato il processo alle assise criminali di Lugano presiedute dal giudice Amos Pagnamenta per rispondere principalmente di assassinio, ma anche di altri addebiti come, ad esempio, l’esposizione a pericolo della vita altrui. 

Un vortice di confusione

Il movente, è stato ricordato anche oggi in aula, è stato quello passionale. La moglie dell’imputato - con cui avevano anche dei figli - lo lasciò proprio per iniziare una relazione sentimentale con il custode dell’istituto. Qualcosa che, a detta del 44enne, lo ha portato in un vortice di confusione, rabbia e richieste d’aiuto. L’imputato ha poi ribadito più volte di aver sbagliato , ma anche di non ricordarsi alcuni aspetti o del perché li ha fatti, negando alcune accuse e ritrattando altre precedenti dichiarazioni. Motivo che ha portato il giudice a dire che, dopo le bugie dette in precedenza, avrebbe auspicato solo verità e trasparenza oggi dall’uomo. 

“Sono andato in tilt”

Il 44enne ha quindi parlato dell’episodio del delitto spiegando che quel giorno erano sorti diversi problemi tra malattie dei figli e assicurazione, e non ce la faceva più dopo 11 mesi di insulti, provocazioni, minacce da parte della moglie e del custode. “Sono andato in tilt”. Alla domanda del giudice se è andato da lui armato perché volesse uccidere, ha negato: “volevo parlargli e fargli del male”. 

Il sicario sul darkweb

Circa un mese prima dei fatti, peraltro, l’imputato aveva cercato sul dark web chi potesse uccidere “l’amante della moglie”. Al giudice ha ammesso il fatto, dicendo che era stato un “momento di rabbia” e che in quei momenti aveva emozioni ed espressioni diverse”, ma che il suo obbiettivo “non era quello di uccidere”. 

Le molotov? "Volevo darmi fuoco"

Sulla vicenda legata alle molotov che l’uomo ha lasciato nelle vicinanze delle scuole e della casa della vittima, ha invece dichiarato che l’ha fatto perché era “pieno”. “Non ce la facevo più. Gli chiedevo di smetterla di provocarmi. Anche io volevo finirla in quel periodo. Volevo darmi fuoco”. Sul perché non l’abbia fatto, non ha saputo rispondere. 

L'arma? "No comment"

Per quanto riguarda la provenienza dell’arma l’uomo non ha voluto esprimersi. È però emerso che aveva chiesto al figliastro se avrebbe saputo dove ottenerla. Poi non ha più coinvolto i figli ma altre persone. E proprio per questo non è l’unico imputato: con lui sono comparsi alla sbarra anche l’uomo che gli vendette l'arma e la donna che fece da tramite tra i due. Per entrambi il reato ipotizzato è quello di complicità in assassinio.