Libero scambio
Accordo con Mercosur, Albertoni: "In Ticino è un'opportunità per l'industria"
© Shutterstock - Ticinonews
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Redazione
un giorno fa
Un’intesa strategica in un periodo di incertezza. Parola del consigliere federale Guy Parmelin, rientrato in Svizzera dal Sudamerica, dove ha concluso un accordo di libero scambio con il Mercosur. I rischi per l’agricoltura svizzera sono ridotti, ha assicurato Parmelin. Ma all’orizzonte si staglia il referendum. Un accordo la cui entrata in vigore è tutt’altro che scontata. Ne abbiamo parlato con il direttore della Camera di commercio ticinese.

Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. Sono questi i quattro Paesi che compongono il mercato comune del Mercosur. 270 milioni di consumatori. Lo scorso anno il nostro export verso questi Stati ha contato per più di 4 miliardi, l’import per 760 milioni. Il Mercosur fa gola alla Svizzera e la ricca Svizzera fa gola a loro. Eppure i negoziati per un accordo di libero scambio sono stati difficili e sono durati otto anni, ha ricordato il consigliere federale Guy Parmelin. La conferenza stampa si è tenuta all’aeroporto di Zurigo, dove la delegazione svizzera è atterrata dopo avere discusso delle ultime questioni con i paesi del Mercosur in Brasile e Argentina. La Svizzera – lo ricordiamo – ha stretto l’accordo col Mercosur assieme a Norvegia, Islanda e Liechtenstein, gli altri paesi dell’Associazione europea di libero scambio (AELS). L’accordo prevede l’esenzione dagli elevati dazi del Mercosur per il 95% delle esportazioni svizzere. I risparmi doganali per la Svizzera ammonterebbero a 180 milioni di franchi all’anno. In cambio la Svizzera concede al Mercosur contingenti di merci agricole che saranno esenti da dazi. 

I timori

I contadini svizzeri temevano infatti un’invasione del mercato svizzero con prodotti agricoli sudamericani. Contadini in parte rassicurati anche dalla protezione di diversi marchi elvetici, come Gruyère e cioccolato, che non potranno essere imitati nel Mercosur. Altro punto controverso, la questione ambientale. “Le parti si assumono degli impegni vincolanti che riguardano questioni di sostenibilità legate all’attività commerciale. Si parla di cambiamento climatico, la gestione sostenibile di risorse forestali e marine, la biodiversità e la protezione dei lavoratori. Le due parti riconoscono pure che per un’agricoltura sostenibile è necessario rinunciare agli stimolanti ormonali della crescita nella produzione di carne”, ha spiegato Parmelin. Ma questo potrebbe non bastare per convincere i Verdi, che si sono già detti pronti a lanciare un referendum contro l’accordo. Bisognerà comunque passare dal parlamento.

L'intervista ad Albertoni

Un accordo la cui entrata in vigore è quindi tutt’altro che scontata. Di questo ne abbiamo voluto parlare con il direttore della Camera di commercio ticinese, Luca Albertoni.

Parmelin ha parlato di accordi di libero scambio particolarmente importanti in questo momento di incertezze internazionali, il pensiero va subito agli USA, è possibile ipotizzare di rimpiazzare il mercato americano con quello del Mercosur?
"No, le nazioni sono diverse. Questo accordo fa parte di una strategia anche della Confederazione ed è giusta, lo stesso Consiglio federale ha detto che la Svizzera è obbligata a lavorare un po' con tutti, citando in particolare Cina, USA e UE. Bisogna vedere questo nell'ottica di questa strategia generale, e non tanto come possibile misura di compensazione per eventuali difficoltà con gli Stati Uniti. Sarebbe infatti illusorio pensare di compensare un mercato come quello americano, almeno nel breve termine, con degli incrementi nell'ambito dei paesi del Mercosur.

Pensando alla realtà ticinese vede delle opportunità per il settore economico cantonale?
"Sicuramente, anche forse indirette. Questo accordo prevede delle facilitazioni importanti per molte esportazioni svizzere, penso soprattutto nell'ambito di macchinari, ecc. Ambiti in cui il Ticino lavora con altre aziende svizzere".

Fin dall'inizio delle trattative l'agricoltura svizzera si è sempre dichiarata preoccupata da questo accordo, un'invasione quindi del mercato svizzero. Sono timori che condivide?
"Questo genere di accordi genera sempre timore, perché non ci sono solo vantaggi ma anche potenziali svantaggi. Io capisco le riserve, anche se mi sembra che qua come sistema di quote previste - quindi con dei contingenti per le merci che dovessero arrivare dai paesi del Mercosur - c'è a mio avviso una garanzia sufficiente per evitare che ci sia una concorrenza sleale verso i prodotti agricoli svizzeri. Del resto lo stesso consigliere federale ha parlato ieri di un'incidenza soprattutto nella concorrenza fra prodotti esteri a livello di prezzo, non tanto verso quelli svizzeri".

Un accordo molto simile a questo doveva essere raggiunto da Unione europea e Mercosur. Eppure, l'accordo è bloccato di fatto da Francia, Polonia e in parte dall'Italia. Anche qui i timori riguardano l'agricoltura, quindi loro bloccano l'accordo mentre noi lo salutiamo come un successo? Come mai?
"Forse noi lo abbiamo negoziato meglio. Io non conosco i dettagli degli accordi su cui stanno discutendo questi Paesi, però da quello che constato ci sono molti ammortizzatori a favore della Svizzera".

Questo accordo forse andrà a referendum, se non dovesse ipoteticamente mai entrare in vigore quanto sarebbe grave il danno?
"Si parla di 180 milioni di risparmio in dazi, quindi si parla di un risparmio delle tariffe doganali. Si tratta soprattutto di Brasile e Argentina, di mercati grandi e dal potenziale di sviluppo ulteriore e che possono essere veramente importanti per la nostra industria, quindi ecco secondo me sarebbe un'occasione persa per motivi che sono, sempre secondo me, gestibili con gli accordi attuali, con tutti gli ammortizzatori che sono stati previsti. Se ci sarà il referendum si farà campagna contro, come è stato il caso per l'Indonesia dove erano state espresse delle riserve dal punto di vista ambientale per cui vedremo. Fa parte del gioco, e la cosa non mi sorprende".