Ticino
Abusi nella Chiesa, "sì" del Gran Consiglio all’obbligo di segnalazione. Ma il tema tornerà in aula
©Gabriele Putzu
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Redazione
6 ore fa
L'Esecutivo si riunirà con la commissione preposta e, in caso di accordo, ci sarà una seconda votazione in Parlamento. Sergi (Mps): "Sorpreso che dopo decenni nessuno abbia messo mano al corretto rapporto tra autorità ecclesiale e civili”.

Oggi il Gran Consiglio ha approvato all’unanimità il principio dell’obbligo di segnalazione dei reati all’interno della Chiesa. Restano da chiarire dei dettagli nel disegno di legge e per questo il Consiglio di Stato ha chiesto una seconda lettura; si riunirà con la commissione preposta e, in caso di accordo, ci sarà una seconda votazione in Parlamento. Ma il principio, come detto, c’è. La modifica di legge, lo ricordiamo, è nata grazie a un’iniziativa parlamentare dell’Mps dopo la vicenda di don Leo, condannato per atti sessuali con fanciulli. Si era infatti appreso che vi era stato un certo ritardo nella segnalazione di almeno un paio di mesi. L'obiettivo è che ciò non accada mai più.

L'intervento di Sergi

“Una proposta del genere non avrebbe dovuto formularla un movimento politico che vuole, diciamo così, 'scardinare l’ordine' liberale moderno. Bensì, coloro che difendono tale ordine, in particolare la separazione, o un corretto rapporto, tra Chiesa e Stato", ha dichiarato in aula il granconsigliere Mps Giuseppe Sergi. "Sono quindi un po’ sorpreso che dopo decenni e decenni nessuno abbia messo mano a questo corretto rapporto tra autorità ecclesiale e civili, di fronte a un problema che era presente da tempo”.

Filippini: "Un atto di chiarezza"

“La trasparenza rafforza la credibilità; riconoscere un ordine giuridico chiaro non significa diffidenza, bensì protezione", ha rilevato dal canto suo la deputata democentrista Lara Filippina. "Significa inoltre sostenere chi, dentro la Chiesa, desidera agire correttamente, potendo contare su una norma che lo sostiene e lo libera dall’ambiguità". Il Parlamento - ha aggiunto Filippini - "non interviene per giudicare la fede, ma per garantire la fiducia pubblica. Il nostro compito è impedire che istituzioni riconosciute possano muoversi in zone grigie". Il diritto alla libertà religiosa e il dovere di tutela dell’integrità delle persone "non sono in contraddizione: sono due facce della stessa responsabilità verso la collettività. Questa modifica non è un atto di contrapposizione, ma di chiarezza. Una norma che dice che cosa fare, quando farlo e a chi rivolgersi, così che nessuno possa più dire ‘non sapevo come comportarmi’”.