
Manca sempre meno al vertice sulla pace in Ucraina in programma questo fine settimana al Bürgenstock (NW). Un evento su cui la politica federale ha molto dibattuto E le dichiarazioni a inizio settimana del consigliere federale di Ignazio Cassis, secondo cui un invito alla Russia avrebbe portato a una rinuncia da parte dell’Ucraina, hanno generato ulteriori dibattito e polemiche. La domanda che in molti si pongono oggi è: ospitando questa conferenza, la Svizzera si dimostra davvero neutrale? Il vicedirettore del Corriere del Ticino Gianni Righinetti ha raccolto in proposito le voci di quattro parlamentari ticinesi a Berna.
Regazzi: “Come un matrimonio senza uno dei promessi sposi”
“Più che chiedersi se questa operazione sia in linea con la neutralità elvetica, bisogna interrogarsi sul suo senso", afferma il consigliere agli Stati Fabio Regazzi (Il Centro). "Francamente mi sembra una contraddizione nei termini. È bene che la Svizzera prenda un’iniziativa di pace, ma faccio fatica ad immaginare come si possa affrontare questo tema cruciale e fondamentale senza tutte le parti che sono attualmente impegnate nel conflitto, quindi Russia e Ucraina". Per Regazzi "è un po’ come un matrimonio senza i futuri sposi. Questo approccio mi sembra discutibile”.
Farinelli: “La Svizzera sta dando un grosso contributo”
Per il consigliere nazionale liberale Alex Farinelli, lo scopo del vertice del Bürgenstock non è quello di avere una conferenza di pace. "In questo momento le due parti non sono disponibili a sedersi allo stesso tavolo, ma questo non significa che non si possa fare nulla per cercare di promuovere un processo che ci porti a ritrovare un percorso per raggiungere una pace duratura sul territorio europeo", spiega Farinelli. In questo senso la Svizzera "sta dando un grosso contributo perché sta allargando il numero di Paesi che si interessano alla tematica. Saranno presenti 90 delegazioni di diversi Stati, tra cui anche India e Canada". Questo "aiuterà a lanciare un processo in cui si creerà pressione su questi due Stati (Ucraina e Russia) per far sì che ci sieda al tavolo e si incominci a negoziare la fine delle ostilità". Lo scopo "non è mettersi una medaglia ed essere i primi ad aver organizzato qualcosa. L'obiettivo della Svizzera è dare il suo contributo per far sì che questo processo possa progressivamente portarci alla situazione di pace che tutti auspichiamo”.
Chiesa: “Il nostro Paese si è piegato alle imposizioni di Zelensky”
“Il consigliere federale Ignazio Cassis ha confermato alla stampa che se la Svizzera avesse invitato la Russia alla conferenza sulla pace, l’Ucraina si sarebbe rifiutata di partecipare", ricorda il "senatore" Marco Chiesa (Udc). "È chiaro che il nostro Paese ha dovuto e voluto piegarsi alle imposizioni di Zelensky, rinunciando suo malgrado alla sua tradizionale politica dei buoni uffici". Questa iniziativa "ci obbliga nuovamente a sacrificare davanti agli occhi del mondo la nostra neutralità e il nostro ruolo di mediatore tra le parti". Secondo Chiesa, l’assenza di Paesi influenti come ad esempio Cina o Brasile, "limiterà fortemente l’impatto della conferenza nel processo di pace. Per aggiungere quello che tutti noi vogliamo bisogna essere in due al tavolo ed acquisire la fiducia delle parti in conflitto". Un esercizio non facile "per il quale in passato avevamo acquisito credibilità e apprezzamento. Siamo tutti coscienti che eventi internazionali unilaterali non ci avvicinano alla pace e ci allontanano da quel valore, ovvero la neutralità, che ci ha permesso di essere parte di una soluzione”.
Storni: “Ho dei dubbi che si arriverà a qualcosa di concreto”
Secondo il consigliere nazionale socialista Bruno Storni, non essendoci la Russia questa conferenza "non è un summit di pace. Secondo me una trattativa di questo tipo si fa un po’ dietro le quinte". Mancando la Russia, "sembrerebbe quasi essere un evento tra i sostenitori, anche militarmente, dell’Ucraina. Non è proprio molto equilibrata". La speranza "è che muova qualcosa, anche se ho dei dubbi sul fatto che si arriverà a un risultato concreto”.
