
La decisione del Consiglio federale di introdurre dal 2030 una tassa sui veicoli elettrici ha suscitato reazioni divergenti. Critici i Verdi liberali (PVL), l’associazione degli importatori auto-schweiz/auto-suisse e l’Associazione traffico e ambiente (ATA), mentre il Touring Club Svizzero (TCS) si mostra più aperto.
“Direzione sbagliata” per i Verdi liberali
Per i Verdi liberali il governo “sceglie la direzione sbagliata per la mobilità del futuro”. Pur riconoscendo che anche gli elettrici debbano contribuire alle infrastrutture, il partito teme che la nuova imposta scoraggi l’acquisto di queste auto e vada introdotta solo se la situazione finanziaria lo richiedesse. La consigliera nazionale Barbara Schaffner critica un sistema che finirebbe per favorire indirettamente benzina e diesel e chiede piuttosto un’accelerazione delle infrastrutture di ricarica.
Obiettivi climatici a rischio secondo gli importatori
Gli importatori riuniti in auto-schweiz/auto-suisse parlano di rischio per gli obiettivi climatici e ricordano che gli automobilisti già oggi versano più di quanto costino le infrastrutture. Ritengono controproducente applicare una tassa simile a quella sui carburanti entro cinque anni, vista la stagnazione delle vendite di auto elettriche.
ATA e TCS
Per l’ATA l’elettrificazione è “indispensabile” e il finanziamento deve seguire il principio “chi inquina paga”. I veicoli elettrici devono contribuire, ma con un sistema progressivo che non ostacoli la transizione e possibilmente collegato alla legge sul CO₂, così da restare coerente con gli accordi di Parigi. Il TCS condivide il principio di equità fra motorizzazioni, ma chiede garanzie: la tassa deve compensare solo le minori entrate dell’imposta sugli oli minerali, senza creare nuovi introiti, e deve essere introdotta gradualmente per consentire a utenti e operatori di adeguarsi. Inoltre non dovrà modificare la ripartizione dei fondi FOSTRA destinati alle strade nazionali e al traffico d’agglomerato.