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Il direttore dell'USAM: "Con le tariffe Usa a rischio decine di migliaia di impieghi"
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3 giorni fa
Tutti gli aggiornamenti sui dazi doganali annunciati da Washington.

La Svizzera e gli Stati Uniti non hanno trovato un accordo riguardo ai dazi doganali imposti da Washington. A partire dal 7 agosto saliranno dunque al 39%. È quanto emerge da un elenco pubblicato ieri a Washington. L’aliquota è più alta di quella annunciata dal presidente americano Donald Trump in aprile: all’epoca si parlava del 31%. 

3 giorni fa
Questione dazi, Chiesa: "Immagino che il Governo si recherà a Washington”
Secondo il "senatore" ticinese, che presiede la Commissione politica estera degli Stati, nei prossimi giorni "assisteremo a un pressing da parte dell'Esecutivo". La missione del Consiglio federale appare tuttavia molto difficile.

Per la Svizzera il tempo stringe. Tra soli tre giorni entrerà in vigore un’imposizione doganale del 39% sulle esportazioni verso gli Stati Uniti. Oggi il Consiglio federale, al termine della sua seduta straordinaria virtuale, ha comunicato di voler presentare alle autorità Usa “un’offerta più interessante”. I dettagli verranno illustrati la prossima settimana alla Commissione politica estera del Consiglio degli Stati, presieduta dal democentrista Marco Chiesa. “Lunedì 11 agosto avremo una seduta a Berna e verremo informati sulle novità”, ha detto a Ticinonews il “senatore” ticinese. “Già sappiamo che c’è stata una videoconferenza tra l’Esecutivo e le varie aziende, perché si tratta di trovare una nuova negoziazione con gli Stati Uniti”. E secondo Chiesa, proprio le aziende giocheranno un ruolo importante.

"Assisteremo a un pressing da parte del Governo"

Tra i possibili punti di discussione, negli scorsi giorni il direttore del Dipartimento federale dell’economia, Guy Parmelin, aveva citato alla RTS la possibilità di acquistare dagli Usa gas liquefatto, o di effettuare ulteriori investimenti negli Usa. Il contenuto della proposta rimane tuttavia segreto, ha indicato a Keystone-ATS il "ministro" democentrista. E così rimarrà anche dopo l’incontro con la Commissione politica estera perché – ci ha spiegato Chiesa – “all’interno di una trattativa nessuno deve sapere in anticipo i passi che farà il nostro Paese”. Secondo il “senatore”, nei prossimi giorni “assisteremo a un pressing da parte del Governo e posso immaginare che si recheranno a Washington”. Stando a nostre informazioni, si starebbe già preparando il viaggio.

"Una partita che altri hanno giocato prima di noi"

Tuttavia, la missione del Consiglio federale appare molto difficile, dato che diverse fonti americane danno i nuovi dazi doganali come praticamente definitivi. “È una partita che altri Paesi hanno giocato prima di noi”, ha aggiunto ancora Chiesa. “Mi riferisco in particolare alla Gran Bretagna, la quale ha avuto un trattamento interessante, ovvero dazi al 10%, senza concedere molto. Credo invece che noi dovremo farlo, alla luce della telefonata della presidente della Confederazione e dell’attuale impasse”.

Mazzoleni: "La Svizzera incarna un modello antagonista"

Ma come si è giunti alla situazione attuale di stallo tra Svizzera e Stati Uniti? Secondo il politologo Oscar Mazzoleni, le ragioni sono molteplici. "Un elemento chiave è legato alle differenti modalità di governo presenti nei due Paesi", afferma Mazzoleni. "In America vediamo un accentramento personale dei poteri da parte di Trump, mentre dall’altra parte abbiamo un sistema di Governo collegiale, dove non esiste un vero e proprio presidente e dove tutto si negozia. Non è facile improvvisarsi in questo scambio. Si dà la colpa alla presidente della Confederazione, attribuendole un potere che non ha”. Un altro aspetto da considerare "è che per gli Usa la Svizzera è anzitutto Davos, ovvero un incontro internazionale di imprese e di ciò che molti ritengono le élite liberali globali, contro cui Trump si è scagliato in tutti i modi". La Svizzera "incarna questo modello della globalizzazione che il tycoon ritiene essere penalizzante per gli Stati Uniti".

"Si punta a una soluzione negoziale di compromesso"

Nella nota governativa si parla di “nuova fase”, con l’intenzione di presentare un’offerta “più interessante”. Non vi è il rischio di giungere a un compromesso che penda maggiormente a favore degli Usa? “Anzitutto, la Svizzera è da sola, in una posizione più debole rispetto, ad esempio, alla Gran Bretagna. È quindi difficile immaginare ritorsioni che potrebbero ulteriormente far arrabbiare Trump”. Per questo motivo, la Svizzera “punta a una soluzione negoziale di compromesso, ma anche di concessioni ulteriori, ritenendo di non poter competere contro la maggiore potenza economica e militare mondiale”, termina Mazzoleni.

 

 

 

3 giorni fa
Industria dell'acciaio e dell'alluminio: "I dazi ci colpiscono duramente"
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Secondo la presidente dell'associazione di categoria Metal.suisse, Diana Gutjahr, le aziende elvetiche sono con le spalle al muro. "Chi non reagisce ora rischia di perdere know how, posti di lavoro e sostanza industriale".

I dazi doganali americani del 39% colpiscono duramente l'industria svizzera dell'acciaio e dell'alluminio: rappresentano un enorme svantaggio competitivo per un comparto che già soffre per i prezzi elevati dell'energia e per le turbolenze del mercato globale, afferma l'associazione di categoria Metal.suisse. "Le nostre aziende sono con le spalle al muro: chi non reagisce ora rischia di perdere know how, posti di lavoro e sostanza industriale", afferma la presidente - e consigliera nazionale (UDC/TG) - Diana Gutjahr, citata in un comunicato. Le conseguenze delle barriere doganali sono di vasta portata; gli investimenti vengono frenati, le catene di approvvigionamento vacillano e i posti di lavoro sono a rischio.

Le richieste

L'organizzazione chiede che venga garantito e ampliato il libero scambio con altri Paesi, che siano rafforzate le relazioni con l'Ue, che vengano diminuite le pastoie burocratiche in Svizzera e che sia abbassato il prezzo dell'energia. Il lavoro ridotto dovrebbe inoltre essere esteso a 24 mesi per garantire gli impieghi nell'industria di esportazione.

3 giorni fa
Il direttore dell'USAM: "Con i dazi Usa a rischio decine di migliaia di impieghi"
Urs Furrer definisce "drammatiche" le conseguenze della decisione americana. Molte imprese svizzere, in particolare le piccole e medie imprese, perderebbero infatti l'accesso al mercato statunitense.

Decine di migliaia di posti di lavoro sono a rischio in Svizzera in seguito alla decisione del presidente statunitense Donald Trump di applicare dazi supplementari unilaterali del 39% alle importazioni elvetiche. Lo sostiene Urs Furrer, direttore dell'Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM), secondo cui il Consiglio federale deve utilizzare i pochi giorni rimasti prima della loro entrata in vigore per trovare una soluzione. In un'intervista concessa a Keystone-ATS, Furrer definisce "drammatiche" le conseguenze della decisione americana. Molte imprese svizzere, in particolare le piccole e medie imprese (PMI), perderebbero infatti l'accesso al mercato statunitense. "Se questi dazi entreranno effettivamente in vigore giovedì, allora non ci sarà solo un aumento del lavoro a tempo ridotto, ma in generale un incremento della disoccupazione", sottolinea. Ci saranno licenziamenti. Sul piano della politica interna, il Governo dovrà ora alleggerire il carico che grava sulle PMI dove possibile, ad esempio riducendo i costi burocratici.

Una possibile strategia

Inoltre, l'Esecutivo deve utilizzare la finestra temporale restante per fare tutto il possibile per trovare una soluzione soddisfacente. Proprio l'atteggiamento incoerente del presidente degli Stati Uniti potrebbe anche rappresentare un'opportunità in questo senso, afferma il direttore dell'USAM. Trump è, secondo Furrer, "un po' fissato sui dati del commercio estero". La Svizzera dovrebbe quindi cercare di spiegare questa situazione e dimostrare quanto siano importanti per gli Usa gli investimenti elvetici. Inoltre, bisognerà diversificare ulteriormente e modernizzare la rete di accordi di libero scambio, ove necessario. Se le PMI guardano con timore a giovedì, i grandi gruppi svizzeri si mostrano più fiduciosi, potendo contare ampiamente sulla produzione in loco.

3 giorni fa
I grandi gruppi svizzeri non temono l'impatto dei dazi Usa
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Sika, Lonza ed EMS-Chemie esprimono fiducia malgrado i "balzelli" annunciati da Donald Trump. Per molti la chiave è la produzione in loco.

Grandi gruppi svizzeri come Sika (materiali per la costruzione), Lonza (prodotti farmaceutici), Sonova (apparecchi acustici) ed EMS-Chemie (specialità chimiche) non temono l'impatto dei dazi del 39% annunciati dal presidente americano Donald Trump: per molti la chiave è la produzione in loco.

La situazione

"Poiché quasi il 100% dei prodotti e delle soluzioni venduti negli Stati Uniti sono fabbricati nel paese stesso, Sika è ben protetta dall'influenza diretta dei dazi doganali", assicura una portavoce contattata dall'agenzia Awp. "Grazie alla nostra forte presenza produttiva negli Usa in tutti i nostri settori di attività, a una solida rete globale e a una strategia di approvvigionamento statunitense che privilegia le fonti locali, restiamo fiduciosi di poter continuare a rispettare i nostri impegni", fa sapere Lonza. Sulla stessa lunghezza d'onda anche EMS-Chemie: quanto venduto negli Stati Uniti è "prodotto quasi esclusivamente in loco. Inoltre, alcune specialità importanti sono esenti dai balzelli doganali americani", spiega un addetto stampa. L'azienda grigionese si era inoltre già preparata in modo preventivo a possibili barriere commerciali internazionali e ha adeguato di conseguenza le catene di fornitura.

Il caso di Sonova 

In mattinata, in modo non diverso si erano espressi anche ABB (elettrotecnica) e Lindt&Sprüngli (cioccolato di alta gamma). Da parte sua Swatch (orologi) aveva invitato a mantenere la calma e a non diffondere negatività e speculazioni. Un po' diversa è la posizione di Sonova. "Sulla base delle informazioni pubblicate dal governo degli Stati Uniti e delle linee guida emanate dall'autorità doganale americana, Sonova può confermare che gli apparecchi acustici e gli impianti cocleari continuano ad essere esenti dai dazi doganali recentemente annunciati", indica una portavoce. Ciò vale anche per gli accessori, indipendentemente dal paese di origine.

3 giorni fa
Dazi Usa, la Confederazione vuole presentare un'offerta "più interessante"
© CdT/Archivio
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La Svizzera si impegna per ottenere un trattamento corretto rispetto ai suoi principali concorrenti, al fine di mantenere buone condizioni quadro per la sua economia.

Dopo la doccia fredda sui dazi americani (al 39%), il Consiglio federale non intende gettare la spugna: è pronta una nuova offerta per gli Stati Uniti con l'obiettivo di ottenere un trattamento equo per l'economia nazionale. Non ci sarà alcuna contromisura. Lo indica una nota odierna governativa, in cui si legge che la Svizzera si impegna per ottenere un trattamento corretto rispetto ai suoi principali concorrenti, al fine di mantenere buone condizioni quadro per la sua economia.

Un'offerta più interessante

L'Esecutivo vuole andare oltre la dichiarazione congiunta d'intenti esistente e, se necessario, negoziare anche dopo il 7 agosto prossimo, quando gli Usa hanno fissato l'entrata in vigore delle nuove tariffe doganali. Per migliorare la situazione dei dazi e tenendo conto delle preoccupazioni degli Stati Uniti, d'intesa con il mondo economico, la Confederazione intende presentare a Washington un'offerta più interessante, il cui contenuto rimane segreto per motivi tattici, come indicato a Keystone-ATS dal Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca (DEFR).

La situazione attuale

La Confederazione e gli Stati Uniti sono legati da un forte partenariato economico. Negli ultimi vent'anni il commercio bilaterale è quadruplicato. La Svizzera è il sesto investitore straniero negli Stati Uniti e il primo investitore in ricerca e sviluppo. Il Consiglio federale desidera mantenere queste relazioni economiche dinamiche. In base alla tariffa doganale annunciata da Trump il 31 luglio, quasi il 60 % delle merci elvetiche esportate negli Usa sarà soggetto a un dazio aggiuntivo del 39% a partire dal 7 agosto. Ciò comporterebbe per la Svizzera tariffe particolarmente elevate rispetto ad altri partner commerciali degli Stati Uniti con una struttura economica comparabile (Ue: 15%, Regno Unito: 10%, Giappone: 15%).

Nessuna slealtà

Il surplus commerciale della Svizzera nelle esportazioni di merci - calcolato fino a marzo 2025 - non è assolutamente il risultato di pratiche commerciali "sleali", viene sottolineato nel comunicato. Al contrario, la Svizzera ha abolito unilateralmente tutti i dazi doganali sui prodotti industriali a partire dal gennaio 2024, per cui oltre il 99% di tutte le merci provenienti dagli Stati Uniti può essere importato nel nostro paese in esenzione doganale. La Confederazione non fornisce alcun sussidio industriale che possa distorcere il mercato. Al momento il Consiglio federale non intende adottare contromisure. In linea con le strategie di politica estera e di economica esterna, il Governo continuerà a impegnarsi per diversificare le relazioni commerciali con tutti i suoi partner internazionali.

Lavoro ridotto

Per evitare licenziamenti in caso di perdita temporanea e inevitabile di posti di lavoro riconducibile ai nuovi dazi, sarà possibile ricorrere al collaudato strumento dell’indennità per lavoro ridotto. L'Esecutivo analizza costantemente gli sviluppi della situazione e il loro impatto sull'economia nazionale e fa in modo di poter intervenire rapidamente se necessario.

3 giorni fa
Dazi USA, conferenza telefonica della Seco con i rappresentanti delle imprese
© SECO
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La teleconferenza è stata condotta da Helen Budliger Artieda, segretaria di Stato, ma il contenuto delle discussioni resta confidenziale.

La Segreteria di Stato dell'economia (SECO) ha tenuto stamane una conferenza telefonica con rappresentati delle imprese in seguito ai dazi del 39% sulle importazioni svizzere annunciati dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump venerdì. Il contenuto delle discussioni è confidenziale. La teleconferenza è stata condotta dalla segretaria di Stato Helene Budliger Artieda, ha comunicato oggi la SECO a Keystone-ATS. Oltre ai consueti briefing, la SECO si impegna per informare i settori interessati sull'attuale stato delle cose. Dalla primavera, organizza regolarmente riunioni informative telefoniche con i rappresentanti dell'economia elvetica e delle associazioni di categoria.

Il Governo

Non è ancora chiaro come procederà il Consiglio federale. Secondo quanto riportato da vari media, il governo oggi intende incontrarsi per una riunione di crisi in videoconferenza. Per ora non vi sono conferme né da parte della Cancelleria federale né dai Dipartimenti federali.

Il Parlamento

Per quanto riguarda il parlamento, "è piuttosto complicato per noi riunirci rapidamente, soprattutto in piena estate", ha dichiarato ieri a Keystone-ATS il vicepresidente della Commissione della politica estera (CPE) del Consiglio degli Stati Carlo Sommaruga (PS/GE). Stando a quest'ultimo, la seduta della CPE prevista per l'11 e il 12 agosto è in agenda in tempi ragionevoli. "La CPE ha pochi strumenti a disposizione per agire rapidamente. Ora è necessario conoscere i dettagli dei negoziati", ha spiegato Sommaruga. Bisogna capire perché sono falliti, quali sono le opzioni future e quale posizione adotterà la Svizzera.

3 giorni fa
Dazi USA al 39%, corsa contro il tempo per evitare la stangata
©Gabriele Putzu
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Il Consiglio federale si riunirà questa mattina in una seduta straordinaria per affrontare la questione dei dazi. Anche la Seco al lavoro.

Il tempo stringe. La Svizzera ha tempo fino al 7 agosto per scongiurare un'imposizione doganale del 39% su tutte le esportazioni verso gli Stati Uniti. Nel pieno delle vacanze estive, il Consiglio federale si riunirà questa mattina alle 11.00 in una seduta straordinaria virtuale per elaborare una nuova strategia. Lo riportano diversi media d'Oltralpe. Già durante il weekend i telefoni sono stati bollenti, con i consiglieri federali che hanno utilizzato anche il sistema di chat sicuro del Governo per comunicare tra loro. L'obiettivo è trovare una risposta alla domanda cruciale: la Svizzera può e vuole offrire qualcosa di più alla delegazione americana? Secondo la Casa Bianca, alla base della misura ci sarebbe un deficit commerciale degli USA nei confronti della Svizzera di circa 40 miliardi di dollari.

Parmelin guida i negoziati

Il responsabile dei negoziati è il ministro dell’economia Guy Parmelin, che durante il fine settimana ha annunciato un’analisi approfondita: “Stiamo cercando di capire cosa non ha funzionato”, ha dichiarato sabato ai microfoni della radio romanda RTS. "Faremo tutto il possibile per dimostrare la nostra buona volontà e rielaborare la nostra offerta", ha sottolineato. Il suo dipartimento sta valutando quali concessioni abbiano funzionato per altri Paesi e quali insegnamenti la Svizzera possa trarne. Nel frattempo, il governo intende mantenere l’attuale squadra di negoziatori e fare affidamento sui contatti già stabiliti negli Stati Uniti. Secondo il Blick all’interno dell’amministrazione federale prevale la convinzione che la Svizzera abbia lavorato bene. Il problema principale sarebbe la posizione della Casa Bianca.

Le opzioni sul tavolo

La via scelta non sarà quella dello scontro diretto, ma di un’offerta mirata e realistica. Tra le opzioni sul tavolo, si valuta un possibile impegno in ambito energetico, sulla scia dell’accordo tra l’UE e Washington per l’acquisto di energia e armi americane. Il ministro dell’energia Albert Rösti non sembra voler ostacolare discussioni simili. Anche l'industria farmaceutica è sotto pressione: Trump ha inviato una lettera a Novartis chiedendo una riduzione dei prezzi dei medicinali entro 60 giorni. Intanto crescono le richieste di coinvolgere anche il settore sanitario elvetico in una proposta complessiva, mentre si ipotizza – per ora solo a livello parlamentare – di rimettere in discussione l’acquisto degli F-35. Il consigliere nazionale zurighese PLR Hans-Peter Portman ha chiesto di rivalutare l'acquisto dei caccia in una mozione presentata alla Commissione affari esteri del Consiglio nazionale. A suo dire i jet da combattimento sono tornati a essere una questione politica.

Riunione della Seco

Secondo quanto riportato dalla SonntagsZeitung anche la Segreteria di Stato dell'economia (SECO) si riunisce questa mattina con rappresentanti dell'economia per discutere dei dazi USA. La direttrice Helene Budliger Artieda, che vanta ottimi contatti oltre Atlantico, è incaricata di coordinarsi anche sul fronte interno con l’economia svizzera.

4 giorni fa
"Keller-Sutter avrebbe fatto meglio a incontrare Trump in Scozia"
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Secondo Thomas Borer, ex diplomatico di punta della Confederazione, "con Trump non funziona la diplomazia classica". A Berna abbiamo ottimi negoziatori ma "potrebbe essere più efficace una persona come Gianni Infantino". In ogni caso "è ormai troppo tardi per abbassare i dazi al 10%".

La presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter avrebbe fatto meglio a incontrare Donald Trump in Scozia: ma ora che sono arrivati i dazi americani del 39% si tratta di reagire, magari anche con metodi non convenzionali, per esempio passando attraverso il presidente della Fifa Gianni Infantino, nonché attivando finalmente anche il Consigliere federale Ignazio Cassis. È l'opinione di Thomas Borer, ex diplomatico di punta della Confederazione.

"Col senno di poi è sempre facile essere più intelligenti"

"Col senno di poi è sempre facile essere più intelligenti", afferma il 68enne in un'intervista pubblicata oggi dal portale Watson. "All'inizio di aprile la Svizzera era tra i paesi che più si battevano per raggiungere rapidamente un accordo con gli Stati Uniti. Credevamo di essere sulla buona strada. Sarebbe stato meglio essere tra i primi stati a raggiungere un'intesa con il presidente Trump: in questo modo avrebbe potuto vendere l'accordo con la Svizzera come una vittoria. Dopo l'accordo con l'Unione Europea e il Giappone, per il presidente americano siamo diventati un evento secondario, che difficilmente poteva essere sfruttato a livello mediatico".

"I negoziati con Trump sono diversi dal normale"

"Il Consiglio federale ha fatto affidamento sul fatto che negli Stati Uniti valgano le consuete prassi diplomatiche e che un accordo negoziato a livello ministeriale venga approvato dai vertici", spiega l'esperto molto noto per aver guidato fra il 1996 e il 1999 la task force "Svizzera - Seconda guerra mondiale" durante la crisi dei fondi ebraici. "Ma il presidente Trump non si considera un politico normale. Vuole sempre ottenere personalmente il meglio per il suo paese e rinegoziare. Ora dobbiamo convivere con questa realtà".

"Le videoconferenze sono delicate, meglio gli incontri di persona"

Trump - riferisce il giornalista di Watson - era evidentemente di cattivo umore al momento della telefonata con la presidente della Confederazione Keller-Sutter, perché i dati sul mercato del lavoro negli Usa erano molto peggiori di quanto si aspettasse, è stato sbagliato chiamarlo? "Quando non ci si conosce bene personalmente, le videoconferenze sono sempre delicate", risponde lo specialista. "Gli incontri di persona sono migliori perché consentono di percepire l'interlocutore. Sarebbe stato meglio se la nostra presidente fosse andata in Scozia alla fine di luglio, quando Trump, appassionato golfista, era di umore migliore".

"Si brancola nel buio"

"Un negoziatore esperto avrebbe chiesto durante la telefonata: 'Caro signor presidente, quali concessioni ritiene che il governo svizzero debba ancora fare?'", argomenta il consulente aziendale. "Si sarebbero potute discutere immediatamente le proposte, che ora potrebbero essere presentate al Consiglio federale. A quanto pare ciò non è avvenuto: si brancola nel buio".

"Trump può chiedere ancora di più in qualsiasi momento"

"La Svizzera deve fare ulteriori concessioni agli Stati Uniti, che si orientino a quelle dell'Unione Europea", prosegue l'ex ambasciatore elvetico a Berlino (1999-2002). "Ciò significa offerte miliardarie nel settore degli armamenti, acquisti di petrolio e gas e probabilmente anche concessioni in campo agricolo. Il problema ora è che il presidente Trump non ha ancora preso una decisione definitiva. La Svizzera non può dire: abbiamo soddisfatto le richieste che lei ha avanzato durante la conversazione telefonica. Trump può chiedere ancora di più in qualsiasi momento".

"A Berna c'era chi voleva presentare un'offerta più generosa"

"Secondo le mie informazioni, una parte della delegazione svizzera incaricata dei negoziati voleva sin dall'inizio presentare agli Stati Uniti un'offerta più generosa. Per il presidente Trump è importante includere i prodotti agricoli, poiché si sente in dovere nei confronti dei suoi elettori del Midwest. L'accordo tra gli Stati Uniti e il Giappone prevede l'esportazione di prodotti agricoli, il che può essere presentato da Trump come una vittoria.

"Ridurre i prezzi dei farmaci svizzeri negli States"

Anche l'industria farmaceutica elvetica è sotto i riflettori, Trump chiede una forte riduzione dei prezzi dei farmaci negli Stati Uniti: Novartis e Roche dovrebbero cedere su questo punto? "Secondo le mie informazioni, il presidente Trump imporrà questa misura in tutti i casi. Se ciò è nell'interesse della Svizzera nei negoziati in corso, il Consiglio federale dovrebbe prendere in considerazione questa ulteriore concessione".

"Il Governo avrebbe dovuto riunirsi già domenica"

L'ex alto funzionario federale esprime anche critiche al governo di Berna. "Non capisco perché voglia riunirsi solo lunedì: avrebbe dovuto farlo domenica. Sarebbe poi stato opportuno che la segretaria di stato Helene Budliger Artieda si fosse recata a Washington per presentare al governo americano la nuova offerta della Svizzera. Infine, la Confederazione dovrebbe insistere affinché si tenga un incontro tra il presidente Trump e la presidente Keller-Sutter o il vicepresidente Guy Parmelin". Sono insomma necessari contatti a entrambi i livelli: tra i team negoziali e tra i vertici politici.

"Cassis deve mettersi in contatto con Rubio"

"Ora bisogna tentare ogni possibilità", insiste il giurista con dottorato conseguito all'Università di Basilea. "La questione ha la massima priorità nella politica estera e nella politica economica estera della Svizzera: mi sembra opportuno che anche il ministro degli esteri Ignazio Cassis si metta finalmente in contatto con il suo omologo americano Marco Rubio".

"La Svizzera considera gli Stati Uniti come una sorella"

Che cosa dire in generale del rapporto fra i due stati? "La Svizzera considera gli Stati Uniti come una repubblica sorella, poiché nel XIX secolo erano le uniche democrazie esistenti. La storia delle relazioni bilaterali è però sempre stata caratterizzata dall'atteggiamento severo della sorella maggiore nei confronti della sorella minore".

"Abbiamo ottimi negoziatori nell'amministrazione a Berna"

"Nella maggior parte dei casi è così, poiché i rapporti di forza sono chiaramente a nostro sfavore: ciò non significa però che la Svizzera non difenda con le unghie e con i denti i propri interessi", chiosa il padre di tre figli. "Abbiamo ottimi negoziatori nell'amministrazione a Berna. Qualcuno ha anche proposto il presidente della Fifa Gianni Infantino: non mi sembra una cattiva idea. Con il cancelliere tedesco Friedrich Merz un simile intervento non servirebbe a nulla, ma Trump funziona in modo diverso, Infantino va d'accordo con lui. Se dicesse a Trump: 'Signor Presidente, mi dia 15 minuti' e poi portasse con sé la segretaria di stato Budliger, pronta a fare concessioni, allora 15 minuti diventerebbero rapidamente 30 o più e forse porterebbero a un risultato".

"È ormai troppo tardi per abbassare i dazi al 10%"

"I metodi diplomatici classici funzionano solo in misura limitata con Donald Trump: bisogna anche agire in modo non convenzionale, bisogna provare tutto", si dice convinto Borer. "Allora forse la Svizzera potrà abbassare i dazi al 15%". Non più quindi al 10% - chiede il cronista - come a quanto pare era previsto nella dichiarazione d'intenti congiunta? "Temo che ormai sia troppo tardi", conclude.

4 giorni fa
"Priorità assoluta alla cura dei pazienti, pronti ad affrontare eventuali dazi"
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Risponde così il colosso farmaceutico svizzero, all'aliquota del 39% imposta dal presidente USA Donald Trump sulle merci svizzere: "Con una maggiore capacità produttiva negli Stati Uniti e misure proattive, stiamo lavorando per garantire un accesso ininterrotto ai nostri prodotti".

"La cura dei pazienti resta la nostra priorità assoluta e siamo pronti ad affrontare eventuali dazi". Risponde così il colosso farmaceutico Roche, all'aliquota del 39% imposta dal presidente USA Donald Trump sulle merci svizzere. Lo riporta l'agenzia di stampa AWP.

"Garantire i farmaci ai nostri pazienti di tutto il mondo"

"Stiamo esaminando quanto annunciato dal presidente degli Stati Uniti", ha scritto la multinazionale renana a proposito dei dazi imposti alla Confederazione in una dichiarazione visionata dall'AWP. "La nostra massima priorità rimane quella di garantire ai nostri pazienti e ai nostri clienti in tutto il mondo l'accesso ai farmaci e alle soluzioni diagnostiche di cui hanno bisogno", viene precisato.

25mila impieghi solo negli USA

Nella sua presa di posizione Roche sottolinea che attualmente garantisce più di 25'000 impieghi solo negli Stati Uniti, coprendo l'intera catena del valore farmaceutica e diagnostica, compresi 15 siti di ricerca e sviluppo e 13 siti di produzione in entrambe le divisioni. Recentemente il gigante farmaceutico ha annunciato di voler investire 50 miliardi di dollari negli Stati Uniti, riaffermando così il proprio impegno nei confronti del sistema sanitario a stelle e strisce.

"I prodotti farmaceutici e diagnostici dovrebbero essere esenti da tariffe"

Secondo Roche "i prodotti farmaceutici e diagnostici dovrebbero comunque essere esenti da tariffe, così da tutelarne l'accesso dei pazienti e proteggere le catene di approvvigionamento e, in ultima analisi, per garantirne l'innovazione futura", continua Roche.

"Pronti ad affrontare eventuali dazi"

Tuttavia, l'azienda renana si è detta pronta ad affrontare eventuali dazi - qualora dovessero entrare in vigore il prossimo giovedì 7 agosto - ed è fiduciosa che possa essere gestito qualsiasi impatto essi avranno: "Con una maggiore capacità produttiva negli Stati Uniti e misure proattive come l'adeguamento delle scorte e il trasferimento di tecnologie, stiamo lavorando per garantire un accesso ininterrotto ai nostri prodotti", afferma Roche.

4 giorni fa
La telefonata che ha fatto saltare l'accordo: tensione tra Keller-Sutter e Trump prima dei dazi
Il colloquio tra la presidente svizzera e il leader statunitense si è rivelato teso e inconcludente. A poche ore dall'annuncio delle tariffe punitive, il dialogo si è chiuso bruscamente.

La telefonata tra Karin Keller-Sutter e Donald Trump si è svolta il 31 luglio, poche ore prima dell’annuncio dei dazi statunitensi. Secondo le ricostruzioni dei domenicali SonntagsZeitung e SonntagsBlick, il colloquio sarebbe cominciato con toni formali. Keller-Sutter avrebbe rivolto al presidente americano un saluto istituzionale, con un riferimento alla Festa nazionale svizzera del giorno successivo.

Trump critica l’accordo sul dazio al 10%

Ben presto, però, la conversazione avrebbe preso una piega più tesa. Trump avrebbe espresso forte disappunto per il disavanzo commerciale con la Svizzera e avrebbe considerato inadeguata la proposta di un dazio al 10%, frutto di un’intesa tecnica non ufficiale elaborata nei mesi precedenti tra le due amministrazioni.

Il disavanzo come punto critico

Secondo quanto riportato dalla SonntagsZeitung, Trump si sarebbe detto sconcertato dal fatto che un Paese “così piccolo” – con appena nove milioni di abitanti – potesse generare un disavanzo commerciale di 39 miliardi di dollari a sfavore degli Stati Uniti. La sua posizione si sarebbe irrigidita ulteriormente nel corso della conversazione.

Richieste di nuove concessioni

Il SonntagsBlick riferisce che Trump avrebbe chiesto alla Svizzera “concessioni significative” per poter concludere un accordo. A suo dire, un Paese “molto ricco” come la Svizzera non poteva aspettarsi condizioni favorevoli senza offrire qualcosa in cambio. Di fronte a queste pressioni, Keller-Sutter avrebbe ribadito gli elementi già discussi nei mesi precedenti, sottolineando i limiti del suo mandato.

Nessuno spazio per negoziare

La presidente svizzera non avrebbe avuto il margine per accettare nuove richieste in quel momento. Avrebbe tentato di spiegare le cause strutturali dello squilibrio commerciale e di difendere la posizione elvetica, ma, secondo i domenicali, Trump avrebbe trovato il suo tono “pedante” e si sarebbe mostrato sempre meno disposto ad ascoltare.

Una telefonata interrotta senza accordo

L’irritazione del presidente USA sarebbe stata tale che, durante la conversazione, un suo collaboratore avrebbe inviato un messaggio a Helene Budliger Artieda, direttrice della SECO, suggerendo che fosse meglio interrompere la chiamata. Pochi minuti dopo, il colloquio è terminato bruscamente, senza alcun risultato concreto.

L’annuncio dei dazi poche ore dopo

A distanza di due ore dalla fine della telefonata, è arrivata la conferma ufficiale da Washington: gli Stati Uniti introdurranno un dazio del 39% sulle merci provenienti dalla Svizzera. Keller-Sutter ha riconosciuto pubblicamente il fallimento del negoziato con un messaggio pubblicato sulla piattaforma X.

5 giorni fa
Dazi USA, un boccone amaro per il settore del cioccolato
All’indomani dell’annuncio dell’amministrazione Trump sui dazi al 39% per le merci d’importazione svizzera, la direttrice di Chocolat Stella Alessandra Alberti non nasconde la sua preoccupazione: “Se non si trova un accordo politico, per il settore sarà un problema”.

"Non ci aspettavamo una decisione del genere. Per una piccola-media impresa come la nostra, che produce in Ticino ma che ha una grossa fetta di mercato negli Stati Uniti, è veramente un duro colpo". Alessandra Alberti, direttrice di Chocolat Stella, non nasconde la sua preoccupazione all'indomani dell'annuncio dei dazi statunitensi al 39% per le merci importate dalla Svizzera. Come per molte realtà economiche nostrane, anche per la sua, la produzione di specialità di cioccolato, il colpo rischia di essere durissimo.

"Gli Stati Uniti rappresentano il 20% della nostra produzione"

"Noi vendiamo il 25% in Svizzera e il resto in 40 paesi del mondo - precisa Alberti - Gli Stati Uniti rappresentano il 20% della nostra produzione, quindi è un mercato molto importante che è cresciuto negli anni. Abbiamo dei clienti molto preziosi, i quali sono anch'essi molto preoccupati. Già in aprile, quando era stata data una prima informazione sui possibili dazi, c'era stato uno shock. I clienti avevano bloccato gli ordini. In seguito, vedendo questa tregua di 90 giorni, avevano di nuovo confermato gli ordini. Immagino che lunedì mattina avremo di nuovo dei contatti molto stretti con i nostri clienti".

"Speriamo che il Consiglio federale possa ottenere risultati migliori"

L'incertezza quindi è molta. L'azienda, che occupa a Giubiasco 65 persone, ha davanti a sé giornate delicatissime in cui dovrà capire come reagire alla decisione del presidente Donald Trump. La speranza è che il Consiglio federale possa trovare un accordo entro il 7 agosto, data in cui le nuove tariffe entreranno in vigore. "Noi auspichiamo veramente che il Consiglio federale riesca ancora a negoziare questi dazi - sottolinea Alberti - che lo possa fare come ha fatto negli ultimi mesi, ma che possa ottenere dei risultati migliori. In caso contrario tutte le realtà che esportano dalla Svizzera, soprattutto le piccole-medie imprese come la nostra, avrebbero problemi gravi, anche perché negli ultimi anni abbiamo affrontato molte sfide".

"I tempi sono duri ma lavoreremo sodo"

"Il franco forte rallenta sicuramente l'esportazione e nel settore del cacao abbiamo avuto il prezzo della materia prima che in meno di un anno è più che triplicato. I tempi sono duri ma ci metteremo a lavorare sodo come abbiamo sempre fatto, e cercheremo con i nostri partner negli Stati Uniti e nel mondo intero di trovare le migliori soluzioni. Ma speriamo veramente che ci sia una negoziazione che possa ridurre questi dazi, altrimenti sarà effettivamente un problema", conclude Alberti.

5 giorni fa
Parmelin: "Prepareremo una nuova offerta per gli Stati Uniti"
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Il responsabile del Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca si è detto fiducioso che la decisione di Donald Trump possa essere ribaltata. Tra le carte ancora da giocare, l'acquisto di gas naturale liquefatto e ulteriori investimenti negli USA.

"Stiamo cercando di individuare ciò che è mancato", ha dichiarato oggi il consigliere federale Guy Parmelin alla radio RTS, all'indomani della "stangata" annunciata dal presidente USA Donald Trump e la sua volontà di imporre alle merci svizzere dazi del 39%. Il responsabile del Dipartimento federale dell'economia, della formazione e della ricerca (DEFR) si è comunque detto fiducioso che la decisione del tycoon possa essere ribaltata.

"Faremo di tutto per rielaborare la nostra offerta"

"Il Consiglio federale può riunirsi in qualsiasi momento, fisicamente o in teleconferenza, e molto presto scoprirà qual è stato il problema all'origine della decisione del presidente degli Stati Uniti", ha affermato il ministro ai microfoni del programma Forum dell'emittente romanda. "Faremo tutto il possibile per dimostrare la nostra buona volontà e rielaborare la nostra offerta", ha poi sottolineato aggiungendo che "il punto della situazione sarà fatto molto presto". Presumibilmente già lunedì. Dato che il tempo stringe.

Cosa è andato storto con Trump

Il Consiglio federale sperava in un esito favorevole dopo la bozza della dichiarazione d'intenti concordata tra le due parti e approvata dall'Esecutivo il 4 luglio. Questa dichiarazione, frutto di mesi di colloqui bilaterali, era stata "negoziata in buona fede", ha puntualizzato Parmelin. Per Trump, però, il deficit commerciale con la Svizzera è a suo dire troppo elevato. Già a partire dal 7 agosto gli Stati Uniti intendono applicare dazi supplementari unilaterali del 39% alle importazioni elvetiche a meno che non si giunga ad un altro accordo.

Le carte da giocare: l'acquisto di gas e nuovi investimenti negli USA

A tale proposito, il vodese rimane fiducioso, e afferma che "verrà preparata una futura offerta" da sottoporre a Washington e sostiene che sia lui che la presidente della Confederazione, Karin Keller-Sutter, sono pronti in qualsiasi momento a recarsi oltreoceano, "qualora lo sarà richiesto". Tra le carte ancora da giocare, il Consigliere federale ha citato l'acquisto di gas naturale liquefatto, che l'UE si è impegnata a importare in grandi quantità dagli Stati Uniti proprio in cambio di un'aliquota più "moderata" del 15%. Una possibilità, questa, che ora anche la Svizzera starebbe prendendo in considerazione. Parmelin ha ammesso che un'altra "concessione" potrebbe essere quella di effettuare ulteriori investimenti negli Stati Uniti, "ma prima dobbiamo capire esattamente cosa si aspetta Washington", ha indicato il democentrista.

Parmelin teme la perdita di competitività rispetto all'UE

Alla domanda se fosse stato troppo ottimista durante i negoziati, il capo del DEFR ha ammesso: "Forse, poiché tre Dipartimenti pensavano che il testo fosse sufficiente. Fino all'ultimo, non avevamo alcun idea che la questione si sarebbe conclusa con una simile punizione". In particolare, Parmelin teme che l'economia svizzera possa perdere la sua competitività rispetto all'UE o alla Gran Bretagna, e che questa situazione possa "avere ripercussioni estremamente gravi sulla crescita del Paese". Il Consiglio federale è inoltre "in continuo contatto con i rappresentanti del settore farmaceutico (a cui gli Stati Uniti chiedono un abbassamento dei prezzi). Colloqui che ora si intensificheranno nei prossimi giorni".

5 giorni fa
Trump difende i dazi: "Deficit di 40 miliardi con la Svizzera"
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Il presidente USA motiva l’imposizione del 39% sulle importazioni elvetiche citando il forte squilibrio commerciale e definendolo “enorme” dopo un colloquio con le autorità svizzere.

Il presidente americano Donald Trump giustifica la decisione di imporre dazi del 39% sulle importazioni dalla Svizzera. "Il problema con la Svizzera è che abbiamo un deficit di 40 miliardi di dollari", ha affermato il tycoon parlando ieri con i giornalisti prima di recarsi in New Jersey. "Ieri ho parlato con la Svizzera, ma abbiamo un deficit di 40 miliardi di dollari. È un deficit enorme", ha concluso.

6 giorni fa
Dazi, Regazzi: “Ora si riducano burocrazia e carico fiscale”
Il presidente americano Donald Trump non ha escluso di poter trovare nuovi accordi commerciali per poter ridurre i dazi, un’opportunità che va sfruttata secondo Fabio Regazzi, Consigliere agli Stati e presidente dell'Unione Svizzera Arti e Mestieri.

Il mancato accordo fra Berna e Washington ha portato all'annuncio stamattina di dazi ancora più alti rispetto a quanto già si temeva: il 39% a partire dal 7 di agosto. Dure le reazioni dal mondo economico e politico elvetico. Ticinonews ha raccolto quella di Fabio Regazzi, Consigliere agli Stati e presidente dell'Unione Svizzera Arti e Mestieri, secondo cui potrebbe rimanere ancora del tempo per discutere nuovi accordi commerciali con il presidente degli Stati Uniti.

"Sfruttare il tempo che ci rimane per trovare un rimedio ai dazi"

"Il modo di negoziare di Trump adesso lo conosciamo - precisa Regazzi - è abituato a dare prima una mazzata e poi lasciare aperta una finestra per il dialogo e per trovare una soluzione. Adesso bisognerà sfruttare questo tempo che ci rimane, che non è tantissimo, per trovare un rimedio a questi dazi al 39%, che sarebbero un colpo estremamente duro per la nostra economia e anche per le piccole e medie imprese che rappresento".

"La riduzione della burocrazia, carico fiscale e oneri è nelle nostre mani"

"Non sappiamo bene ancora quali saranno le conseguenze e l'impatto effettivo per la nostra economia. E' chiaro che ci saranno degli effetti collaterali importanti, però io credo adesso dobbiamo anche concentrarci su quello che possiamo fare noi all'interno del nostro paese. Sui dazi dipendiamo dagli Stati Uniti, ma per quel che riguarda la riduzione della burocrazia, del carico fiscale e degli oneri che vanno a colpire le nostre aziende, le piccole e medie aziende, quello è nelle nostre mani".

"Separare dazi USA e Bilaterali III con l'UE"

Noi non siamo membri dell'Unione Europea e quindi questi dazi noi li dobbiamo negoziare in modo separato. È chiaro che avere dei buoni rapporti economici con l'Europa aiuta ed è innegabile che bisognerà cercare di trovare una soluzione, ma non metterei in diretta relazione gli accordi Bilaterali III, come vengono chiamati, e questa discussione attorno ai dazi. La pressione per trovare delle soluzioni con l'Europa rimane, ma la scinderei un po' da questa discussione.

6 giorni fa
La Casa Bianca rimprovera l'inflessibilità della Svizzera nei negoziati
Secondo un funzionario governativo americano la Confederazione si è rifiutata di fare concessioni significative con gli Stati Uniti, i quali non tollerano relazioni commerciali unilaterali.

La Casa Bianca accusa la Svizzera di inflessibilità nei negoziati commerciali con gli Stati Uniti. È quanto afferma un anonimo funzionario governativo americano, secondo quanto riporta l'agenzia di stampa Reuters.

La Svizzera si è rifiutata di fare concessioni significative

La Svizzera rischia dazi del 39% perché si è rifiutata di fare concessioni significative sotto forma di riduzione delle barriere commerciali con gli Stati Uniti, ha detto il funzionario governativo statunitense, secondo una notizia pubblicata dal servizio in lingua inglese della Reuters. In Svizzera, è stata la tv pubblica di lingua tedesca SRF a riportare per prima la notizia sul suo sito web.

Relazioni commerciali unilaterali

La Svizzera, uno dei Paesi più ricchi e a più alto reddito del mondo, non può aspettarsi che gli Stati Uniti tollerino relazioni commerciali unilaterali, ha dichiarato il funzionario alla Reuters.

6 giorni fa
Keller-Sutter: "Trump è convinto che la Svizzera gli rubi 40 miliardi"
Il Consiglio federale respinge questa posizione "assurda" e vuole rilanciare i negoziati. Secondo la Presidente della Confederazione, l'importo contrattato con i membri del governo statunitense era molto più basso.

Donald Trump è convinto che la Svizzera "rubi" 40 miliardi di franchi agli Stati Uniti ogni anno a causa del suo deficit commerciale, ha dichiarato oggi Karin Keller-Sutter. Il Consiglio federale respinge questa posizione "assurda" e vuole rilanciare i negoziati.

L'importo negoziato con gli USA era molto più basso

I dazi doganali del 39% imposti alla Svizzera sono "una sorpresa" e una "delusione", perché l'importo negoziato con i membri del governo statunitense era molto più basso, ha dichiarato la Presidente della Confederazione, intervistata dai giornalisti a margine delle celebrazioni del Primo agosto sul praticello del Grütli (UR). La responsabile del Dipartimento federale delle finanze (DFF) ha inoltre sottolineato che questo punto dei negoziati, sul quale era stato mantenuto il massimo riserbo, era stato accettato dai rappresentanti dei ministeri del Commercio e delle Finanze a stelle e strisce.

La bilancia commerciale tra i due Paesi è equilibrata

Il Consiglio federale respinge l'analisi del capo della Casa Bianca. Tenendo conto dei servizi, la bilancia commerciale tra i due Paesi è in realtà equilibrata, ha sottolineato Keller-Sutter. La politica sangallese ha inoltre osservato che finora il presidente Trump non si era concentrato solo sulla bilancia commerciale, ma anche sulla creazione di posti di lavoro negli Stati Uniti. Il fatto che ora conti solo il primo argomento è "nuovo", secondo la consigliera federale.

"La Svizzera riprenderà i negoziati"

La Svizzera riprenderà i negoziati con gli Stati Uniti, ha aggiunto la 61enne. Keller-Sutter riconosce che la decisione degli Stati Uniti danneggia l'economia svizzera. E commentando le richieste degli ambienti economici, sottolinea che "la sua porta è sempre aperta" per discutere di come ridurre la burocrazia o migliorare le condizioni quadro.

6 giorni fa
L'Unione sindacale esorta il Consiglio federale a trattare
I dazi USA preoccupano l'USS per quanto riguarda l'industria delle esportazioni e l'occupazione in Svizzera: "Pronti al dialogo su eventuali misure interne".

Il presidente dell'Unione sindacale svizzera (USS), Pierre-Yves Maillard, si dice preoccupato per l'annuncio dei dazi da parte degli Stati Uniti e invita il Consiglio federale a fare tutto il possibile per trovare una soluzione migliore.

Preoccupazioni per le esportazioni e l'occupazione in Svizzera

"Questo annuncio è preoccupante per l'industria delle esportazioni e per l'occupazione in Svizzera", ha dichiarato oggi Maillard interpellato dall'agenzia Keystone-ATS. Il Consiglio federale è ora chiamato a fare tutto il possibile nei prossimi giorni per trovare una soluzione migliore per la Svizzera e deve informare le parti sociali delle sue intenzioni in modo rapido e prioritario, ha aggiunto.

L'USS pronta al dialogo su eventuali misure interne

L'USS si dice pronta a un dialogo tra le parti sociali e con il Consiglio federale su eventuali misure interne. "Ad esempio, si potrebbe prendere in considerazione un'ulteriore estensione del diritto all'indennità per orario ridotto a 24 mesi, in conformità con l'attuale iniziativa parlamentare lanciata dalle parti sociali dell'industria", ha dichiarato Maillard. In nessun caso, tuttavia, dovrebbero essere adottate misure unilaterali a scapito dei dipendenti.

6 giorni fa
Dazi, la stampa svizzera auspica un avvicinamento all'Ue
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Le prime reazioni delle principali testate svizzere ai dazi doganali del 39% imposti alla Svizzera dagli Stati Uniti.

Nei commenti al "martello tariffario" del presidente americano Donald Trump, la maggior parte della stampa svizzera vede una soluzione in un maggiore avvicinamento all'Unione Europea. Le testate di Tamedia affermano che le relazioni speciali con gli USA appartengono ormai al passato. Il Blick invita la destra e la sinistra a fare fronte comune.

Tamedia: orientarsi verso partner affidabili come Bruxelles

Il commentatore di Tamedia parla di fiasco. È giunto il momento di dire addio all'idea di una relazione speciale con gli Stati Uniti. Al contrario, il presidente americano Donald Trump vuole mettere la Svizzera sotto pressione e trarne profitto. La Svizzera, messa in scena come un caso speciale, è piuttosto sola. Quando una superpotenza fa del caos il suo principio, un piccolo Stato non ha molto spazio di manovra. Nel bene e nel male, la Svizzera dovrebbe fare i conti con la "macchina arbitraria di Washington". E orientarsi maggiormente verso partner affidabili, soprattutto Bruxelles.

Watson: la Svizzera rischia di cadere nel dimenticatoio

La piattaforma online Watson rileva una crescente pressione sulla Svizzera. Il mondo di Trump sta mettendo a dura prova il modello di successo svizzero. Un modello che cerca di venire a patti con tutti e che in qualche modo funziona ancora. La Svizzera rischia però di cadere nel dimenticatoio.

Luzerner Zeitung: la diplomazia ha bluffato a sufficienza?

La Luzerner Zeitung si chiede se la diplomazia non abbia bluffato a sufficienza. Dopo il primo colloquio della presidente Karin Keller-Sutter con Trump, si era creata l'impressione che la Svizzera fosse "piccola ma influente". Ora Trump sta dimostrando alla Svizzera quanto sia importante un mondo con regole per la risoluzione dei conflitti, come quelle negoziate dal Consiglio federale con l'UE.

Il Blick invita la destra e la sinistra a fare fronte comune

L'edizione online del Blick ha titolato il commento con "la più grande sconfitta dopo Marignano". Servono unità politica e partner affidabili. Occorre serrare i ranghi, altrimenti gli anni delle vacche grasse sono destinati a finire. La destra deve fare i conti con il riavvicinamento all'UE, la sinistra deve rinunciare alla lotta contro gli accordi di libero scambio.

Le Temps: non essere preparati al peggio sarebbe un grave errore

L'edizione online del quotidiano romando Le Temps ha osservato da parte sua che una lunga serie di argomenti economici avrebbe potuto funzionare per un altro presidente degli Stati Uniti, ma non per Trump. Dopo tutto, la Svizzera è il sesto investitore negli Stati Uniti. La politica e l'economia si sono affrettate a esprimere fiducia in una soluzione. Tuttavia, la relazione speciale si è rivelata una chimera. Non essere preparati al peggio oggi sarebbe un grave errore.

6 giorni fa
Guy Parmelin: "Svizzera penalizzata, dobbiamo serrare i ranghi"
Il ministro dell'economia ha sottolineato l'elevato livello delle tariffe imposte sui prodotti svizzeri, ma anche la perdita di competitività rispetto ai principali partner, ovvero l'Unione europea e il Regno Unito, che se la cavano molto meglio. Il vodese ha tuttavia precisato che la Svizzera ha sempre superato le crisi.

La Svizzera è stata "particolarmente penalizzata" nella questione dei dazi doganali, deplora venerdì il consigliere federale Guy Parmelin. Il ministro dell'economia promette che il governo tornerà molto rapidamente sul tema per capire cosa non ha funzionato e cosa vogliono esattamente gli Stati Uniti nonché il loro presidente Donald Trump, per capire se c'è un margine di manovra.

L'Unione europea e il Regno Unito se la cavano molto meglio

Intervistato dalla RTS a margine dei festeggiamenti del primo d'agosto il 65enne ha riconosciuto che la situazione è "estremamente difficile". Ha sottolineato l'elevato livello delle tariffe imposte sui prodotti svizzeri, ma anche la perdita di competitività rispetto ai principali partner, ovvero l'Unione europea e il Regno Unito, che se la cavano molto meglio.

La Svizzera ha sempre superato le crisi

Il vodese ha tuttavia sottolineato che la Svizzera ha già attraversato numerose crisi e le ha sempre superate. "Le autorità e la popolazione hanno sempre trovato soluzioni, insieme", ha detto, aggiungendo che è giunto il momento di "serrare i ranghi".

6 giorni fa
Nonostante i dazi, secondo Pfister non dobbiamo rinunciare agli F-35
© Canton Zugo
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Il consigliere federale commenta da Lütisburg la decisione di Washington sui dazi al 39%, respingendo la proposta dei Verdi di annullare l’acquisto degli F-35, ritenuti essenziali per la difesa aerea svizzera.

Il consigliere federale Martin Pfister, a margine di una celebrazione del primo agosto a Lütisburg (SG), ha affermato che il governo svizzero è molto deluso dalla decisione degli Stati Uniti in materia di dazi e che il risultato deve ora essere analizzato in dettaglio. Berna e Washington rimarranno in contatto. "Stiamo ancora lavorando per trovare una soluzione migliore, affinché non si arrivi al 39%" di imposizione doganale, ha spiegato Pfister a Keystone-Ats. Il ministro della difesa ha anche respinto la richiesta, avanzata dai Verdi, di annullare subito l'acquisto del caccia-bombardiere F-35, di fabbricazione americana. Se il progetto venisse cancellato al più tardi nel 2032 la Svizzera si troverebbe a non avere più jet da combattimento, ha argomentato il colonnello. A suo avviso il paese ha invece bisogno di difesa aerea, soprattutto di questi tempi. Mantenere il progetto è quindi importante, ha concluso.

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