
Il presidente della commissione politica estera del Consiglio degli Stati, Marco Chiesa, interviene nel dibattito attorno al futuro delle relazioni tra Svizzera e Unione europea. La scintilla è stata accesa dalle parole del vicepresidente del Bundestag, Omid Nouripour, che ha evocato la possibilità di una “adesione turbo” della Confederazione a Bruxelles come risposta alla guerra commerciale con gli Stati Uniti. Un’ipotesi che Chiesa respinge con decisione.
La Svizzera non un tassello da muovere sulla scacchiera geopolitica
"Caro Vicepresidente, no, no, no! Così Margaret Thatcher rispose a chi voleva cedere sovranità britannica a Bruxelles. È la stessa risposta che la Svizzera deve dare oggi alla “adesione turbo” evocata dal vicepresidente del Bundestag Omid Nouripour come reazione alla guerra commerciale scatenata dagli Stati Uniti, Paese che oggi convive con un debito pubblico record di 37.000 miliardi di dollari e un deficit annuale che supera i 1,6 trilioni di dollari", ricorda nella sua presa di posizione Chiesa. Secondo l’esponente UDC, la Svizzera non può essere trattata come "un tassello da muovere sulla scacchiera geopolitica al ritmo di dazi e contenziosi". La sua posizione è netta: "Né col turbo né al rallentatore: nessuna adesione all’Ue".
I principi di sovranità e democrazia diretta
Chiesa richiama i principi di indipendenza, sovranità e democrazia diretta, sottolineando come un’adesione significherebbe un allineamento automatico al diritto europeo e la supremazia della Corte di giustizia dell’Ue, con conseguente svuotamento di strumenti come referendum e iniziative popolari. "Non è un’ipotesi teorica – aggiunge – ma il nodo che ha portato al rifiuto dell’Accordo istituzionale nel 2021". Il consigliere agli Stati ricorda inoltre i precedenti storici: il no allo Spazio economico europeo nel 1992 e il massiccio rifiuto dell’iniziativa “Sì all’Europa!” nel 2001. "Un mandato democratico inequivocabile, che chi rispetta la Svizzera non può ignorare".
I costi della libera circolazione
Sul piano concreto, Chiesa sottolinea i costi della libera circolazione delle persone, parlando di dumping salariale, congestione infrastrutturale e difficoltà crescenti per trovare alloggi a prezzi accessibili. Anche la crescita demografica è "fuori controllo". Una crescita che, a suo dire, giustifica l’iniziativa UDC “No a una Svizzera da 10 milioni di abitanti”. La via bilaterale con l’Ue resta, per Chiesa, la strada da seguire: cooperazione pragmatica senza rinunciare all’autodeterminazione. "Chi oggi parla di adesione turbo dimentica che qui le decisioni non le prendono governi stranieri né le emergenze del momento, ma il popolo svizzero", conclude.