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Caso Facebook, “Questa volta accuse documentate”
Marco Jäggli
4 anni fa
Il social network è accusato di aver reso disponibili appositamente i contenuti di odio per aumentare i propri guadagni. L’esperto Paolo Attivissimo: “Sarebbe come se un’azienda sapesse che i suoi prodotti inquinano ma decidesse di nascondere le prove”

“Sono qui perché credo che Facebook danneggi i bambini, alimenti divisioni e indebolisca la democrazia”: così ha dichiarato Frances Haugen, ex dipendente di Facebook, davanti alla Commissione del commercio del Senato statunitense. Secondo la “super teste”, che si avvale di molti documenti sottratti all’azienda durante il periodo in cui vi lavorava, il social network avrebbe infatti favorito la fruizione di contenuti di odio da parte degli utenti per spingerli a passare più tempo sul social e, di conseguenza, ottenere profitti maggiori.

Il meccanismo
Ticinonews, per capirne di più, ha interpellato l’esperto giornalista informatico Paolo Attivissimo: “Un social network come Facebook può selezionare i contenuti che vengono proposti dagli utenti”, spiega Attivissimo, “una cosa che probabilmente molti hanno notato, per esempio quando pubblicano fotografie di un certo animale o un certo tipo di prodotto, poi vengono proposti automaticamente altri contenuti di persone che hanno gli stessi interessi. I social network quindi filtrano la massa dei contenuti disponibili e propongono a ciascuno di noi quello che potenzialmente è più interessante”.

L’accusa
Il problema sollevato è però che “nel caso specifico di Facebook, secondo Frances Haugen, il social sceglie intenzionalmente di proporre contenuti che alimentano l’odio”, dunque “se una persona di qualsiasi ideologia se la prende con qualcun altro, Facebook sceglie di inviargli contenuti che massimizzano la sua indignazione, in modo da fargli passare più tempo possibile sul social e ottenere un profitto”.

“Per la prima volta materiale interno all’azienda”
Non è comunque la prima volta che escono accuse simili nei confronti di Facebook, qual è la reale portata della situazione al Senato americano? “È vero, non è la prima volta che escono queste accuse ma questa volta sono documentate anche da materiale prodotto dall’azienda stessa”, risponde Attivissimo, “è un po’ come scoprire che un’azienda petrolifera da anni sa che i suoi prodotti causano inquinamento, ha fatto degli studi in proposito ma ha deciso di insabbiarli. Quindi adesso abbiamo un tassello importante in più”.

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